Studenti e docenti insieme per parlare di “cittadinanza“, nelle sue specifiche declinazioni del rapporto tra cittadini e legge, tra individui e Stato, una riflessione che muove dal testo dell’ex magistrato Gherardo Colombo, Sulle regole. È accaduto mercoledì 19 febbraio presso l’Auditorium del Liceo “Galileo Galilei” di Piedimonte Matese, dove un’attenta platea, composta da alunni delle classi quinte, insegnanti, autorità civili e militari del territorio e rappresentanti di associazioni, si è confrontata con un parterre di ospiti di alto prestigio sociale e culturale: il dottor Gherardo Colombo, ex magistrato distintosi nell’inchiesta “Mani Pulite”; mons. Orazio Francesco Piazza, amministratore apostolico della diocesi di Alife-Caiazzo; il giornalista Angelo Cerullo, direttore di Ansa Campania, moderatore del dibattito; Tommaso De Simone, presidente CCIAA Caserta; Gennarino Masiello, vicepresidente nazionale di Coldiretti; Emanuele De Santis, comandante del 10° Reggimento Carabinieri “Campania”.
Video a cura di Fernando Occhibove
GLI INTERVENTI
“È una tappa importante di un percorso formativo iniziato anni or sono nella nostra Scuola sulla maturazione delle competenze di cittadinanza degli studenti, non tanto nei termini di una questione puramente teorica, bensì sul piano della concretizzazione di atteggiamenti consapevoli e buone pratiche legate alla responsabilità in un contesto epocale che alcune volte dimentica l’orizzonte comune della partecipazione democratica”. La dirigente scolastica, Bernarda De Girolamo, traduce in questi termini il significato dell’iniziativa, nel dare il benvenuto alle personalità intervenute. Dunque, non un evento fine a sé stesso, ma orientato allo scopo di “promuovere una cultura della legalità che recuperi dignità ed uguaglianza, nella maturazione di coscienze nuove e sensibili, nell’essere soggetti di una scelta consapevole e libera nel rapportarsi alle leggi”. (Scarica il discorso completo della dirigente Bernarda De Girolamo)
Non si può discutere di “legalità“, “diritto“, “Costituzione“, “obbligo morale“, ecc., senza intraprendere un percorso a ritroso, che affonda le radici nel Pensiero antico, nel quale sono rivelate le origini storiche, filosofiche e sociologiche di tali concetti. Già Platone, in uno dei suoi dialoghi di maggiore risonanza, il Critone, tratteggia la nozione di “legge”, e lo fa attraverso la figura del maestro Socrate. Partendo da quest’opera platonica, sono alcuni studenti della classe quinta dell’Indirizzo Classico a inaugurare il dibattito con le loro domande. “Abbiamo diritto alla felicità?“: da questa domanda, che ogni individuo dovrebbe porsi, prende avvio l’intervento del dottor Colombo, domanda che è la diretta conseguenza di una lettura attenta dei principi comunicati dalla Costituzione italiana. Ma, come intendere la ‘felicità’? Essa è solo effetto del benessere o richiede qualcosa di più? Per fare della propria un’esistenza felice “c’è bisogno della relazione tra persone, c’è bisogno di dignità“. Conclusione netta quella del giurista, che dischiude dinanzi a sé l’universo complesso e per nulla scontato della “libertà“. Citando Kierkegaard, filosofo danese dell’800, Colombo si sofferma sul significato autentico del concetto di libertà, da rintracciare nella nostra volontà di scegliere, significato corroborato dall’etimologia indoeuropea della parola, in base a cui essere liberi significa appartenere. “Libertà è uguale a scelta, rinuncia, non onnipotenza; così democrazia è partecipazione, come cantava Gaber”. Ebbene, la Costituzione italiana pone il proprio fondamento sulla “libertà del cittadino, ma prima ancora della persona”.
Al concetto di persona si riaggancia mons. Piazza, richiamando l’attenzione sulla certezza che “nella vita non esiste paradigma senza riferimento” e da qui l’essenzialità della relazione. Tuttavia, cosa spinge la persona all’osservanza della Legge? Nel rispetto dei principi l’uomo è mosso dall'”epicheia“, principio teorizzato da Aristotele, e leit motiv della Teoria generale del Diritto e del Diritto Canonico. “I principi passano attraverso le persone concrete, le esperienze, e la Costituzione si focalizza sulla persona“. Parole incisive quelle del Vescovo, il quale prosegue, “se non cresce l’epicheia, un ordinamento non farà presa. Le regole contano zero, se non c’è l’epicheia!”. Solo attraverso l’epicheia, che esprime la “valenza creativa dell’individuo”, la sensibilità il senso di responsabilità, si può giungere alla “valenza applicativa”, grazie a cui “costruiamo delle leggi per tutelare la qualità della vita e della persona”. Nella prospettiva della persona non può mancare l’altro, come suggerisce Paul Ricoeur, filosofo francese del’900: “agire nella consapevolezza di sé con e per gli altri in istituzioni giuste” è il comportamento che abilita successivamente i concetti di “sussidiarietà e responsabilità sociale”.
Uno sguardo sull’applicazione concreta delle regole e sull’effettivo rispetto di esse viene dal comandante Emanuele De Santis, il quale sposta l’accento del discorso sulla necessità di osservare gli ordinamenti giuridici, “se si vuole usufruire dei servizi presenti all’interno della comunità”. De Santis attribuisce alla legalità questo rivolto pratico, ribadendo che “senza regole non ci sarebbe neppure il presupposto alla condizione di libertà, né la possibilità di sapere quali scelte fare”.
È Gennarino Masiello a chiudere la serie di interventi, insistendo sul valore delle regole in ambito agricolo. “A distanza di 20 anni, la percezione dell’agricoltore è decisamente mutata”. Quelli che prima venivano considerati “persone che inquinavano l’ambiente con i loro prodotti”, oggi sono cittadini e, prima ancora, persone tenute “al rispetto e all’applicazione delle regole“, rimanendo fedeli all’impostazione voluta da Coldiretti: “Col tempo, Coldiretti ha dovuto cambiare azione, cercando di divenire un esempio per il Paese”, combattendo fenomeni diffusi in zone particolarmente difficili, come il caporalato.
Cosa manca alla Giustizia italiana per crescere in efficienza? Probabilmente, “se l’Amministrazione fosse dotata degli strumenti necessari, si registrerebbero meno crimini”: è questa provocazione del dottor Colombo a chiosare l’incontro. Una provocazione che intende porsi come invito alle istituzioni scolastiche a proseguire nella sensibilizzazione dei giovani verso la conoscenza di ciò che il Bene Comune indica, non soltanto un concetto astratto da contemplare, ma qualcosa di concreto per il quale operare, parafrasando il giurista Vittorio Bachelet.