Matese tra moderno e contemporaneo
La Storia, specchio in cui ritrovare risposte o conferme, un continuo ritorno di sogni e aspettative…
Era così la scuola primaria a Piedimonte e dintorni agli inizi del 1900: la festa degli alberi, eventi commemorativi sul libro “Cuore”, e l’obbligo di un grammofono in ogni aula…
Su tutto il volto severo e materno di maetri e maestre quali abili e coraggiosi educatori…
La scuola primaria a Piedimonte d’Alife e nel Matese durante il primo decennio del XX secolo
di Armando Pepe
Di un clima positivistico, con venature patriottiche e toni compiaciuti, è ridondante un opuscolo dato alle stampe più di un secolo fa da Alfonso Napolitano, regio ispettore scolastico nella provincia di Terra di Lavoro, che ha per titolo «Relazione su la circoscrizione scolastica di Piedimonte d’Alife per il biennio 1910- 1911. Studio sociale, pedagogico e didattico».
È un documento di primaria importanza e di notevole utilità per delineare un quadro, sia pure minimale, delle condizioni materiali e morali in cui gli insegnanti dell’epoca si dedicavano all’istruzione dei fanciulli. La prima pagina affronta il non facile retaggio cui l’ispettore Napolitano cerca di porre rimedio, dato che osserva lucidamente: «in questa mia circoscrizione rimangono purtroppo ancora tracce profonde dell’opera nefasta dei vecchi governi che incepparono nell’Italia meridionale ogni progresso sociale e tennero le moltitudini in istato di povertà, d’ignoranza e d’avvilimento. (p.5)».
Non c’erano fermenti sociali e civili che potessero capovolgere un’inarrestabile fase di stanca, tanto che: «nonostante la fertilità del suolo, la svegliatezza e sobrietà degli abitanti, le condizioni generali di queste popolazioni sono poco floride. Si trovano qui contrade quasi deserte per mancanza di braccia che lavorino i campi: solo ora si stanno costruendo la rotabile Piedimonte-Campobasso per Castello e San Gregorio sul Matese, e la ferrovia a scartamento ridotto che da Napoli arriverà a Piedimonte. (p. 6)».
Fornito di una forza di volontà travolgente e ideologicamente orientato da quella filosofia che credeva fermamente nel cammino della civiltà, l’ispettore Napolitano correva lungo la via del progresso della Patria, cui aveva dato vigore l’Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro, tenutasi a Torino dal 29 aprile al 19 novembre 1911.
Poche pagine appresso si ricordavano eventi celebrativi che avvenivano in un contesto segnato da novità e da improcrastinabili ricorrenze da celebrare: la festa degli alberi, il corso magistrale di bachicoltura, la conferenza dantesca.
Per l’operoso e solerte funzionario «Dante infatti sarà sempre maestro sapiente e benefico educatore d’ogni tempo; le sue idee contengono in germe la Religione dell’Avvenire. Molti esaltano il nome di Dante, pochi lo leggono, pochi lo sentono, pochi ne fanno una loro alta guida morale ed intellettuale: spetta agli educatori delle moltitudini infondere nel popolo il suo culto operoso. (p. 9)».
Si faceva cenno inoltre alla commemorazione – tenutasi al circolo di cultura di Piedimonte – per l’anniversario della scomparsa dello scrittore Edmondo De Amicis, l’autore del libro «Cuore», particolarmente gradito a chi aveva speso i migliori anni della propria vita all’interno delle istituzioni scolastiche, e ricordata l’opera come: «la voce paterna, mossa dall’amore, a volta a volta tenera ed austera, che parlerà nei secoli alle crescenti generazioni. (p. 10)».
Si scandivano, uno dopo l’altro, i vari appuntamenti solenni che avevano visto la presenza dell’autorità, forse in chiave un po’ retorica ma per niente vuota, per infondere quel senso dello Stato che da lì a pochi anni si sarebbe plasticamente forgiato nelle trincee della Prima Guerra Mondiale.
C’era anche tanta concretezza nelle piccole e solide cose di quegli anni, come la realizzazione del «mutuo soccorso intellettuale, da esplicarsi con l’istituzione di bibliotechine scolastiche. (p. 15)», che dava buona prova nella circoscrizione piedimontese, tant’è vero che si erano raggiunti traguardi ragguardevoli: a) a Sant’Angelo d’Alife 300 «volumetti»; b) Caiazzo 160; c) San Potito Sannitico 150; d) Ailano 100; e) Gioia Sannitica 80.
La Società Dante Alighieri – presente e molto attiva anche a Piedimonte – che fungeva da propugnacolo tra patriottardo e irredentistico, volutamente sostenuto dal governo, a Roma, in funzione non solo culturale ma «per destare nella cittadinanza e nei giovanetti il sentimento di nazionalità (p. 16)» promosse una festa, in occasione dell’apertura del comitato zonale, in cui gli alunni del corso superiore cantarono un inno, che parlava di Dante e dei fratelli irredenti. Alla fine della festa, «il maestro Vincenzo Ceraso, di Alvignano, con voce commossa m’incaricava d’inviare al Consiglio Centrale 150 Lire, iscrivendosi socio perpetuo alla Società. (p. 16)».
Pur essendo ferventemente monarchico, l’ispettore Napolitano riportava nelle proprie riflessioni frasi tratte delle opere di Giuseppe Mazzini, «grande apostolo dell’italianità», e prendendo a prestito dal libro «Nei doveri dell’uomo»- sosteneva che «Senza educazione nazionale non esiste moralmente nazione; la coscienza nazionale non può uscire che da quella (p. 17 )».
Si doveva tendere alla formazione del cosmopolitismo umano e dell’umanità nuova, discutendo, nelle scuole serali e festive per i lavoratori, intorno al compito della Croce Rossa, sulla conferenza pacifista dell’Aja e l’arbitrato permanente per la risoluzione di tutti, o quasi tutti, i conflitti fra le nazioni.
Nel 1911 si inaugurò a Roma l’Altare della Patria, per i cinquant’anni del Regno d’Italia, e un clima festoso si percepiva anche nelle più remote scuole d’Italia, dove si provvedeva, con una piccola somma per ciascuno, ad acquistare la bandiera tricolore, perché «mi parve opportuno che su ogni scuola pubblica e privata sventolasse, nei giorni di feste civili, la bandiera della nazione, che tanto fascino esercita sui giovanetti. (p. 19)».
Per incrementare la cultura musicale nell’insegnamento primario in ogni scuola avrebbe dovuto esserci almeno un grammofono (p. 21).
Tuttavia c’erano dei punti dolenti, che è opportuno sottolineare: «insufficienza e imperfezione delle aule scolastiche e dell’arredamento; l’obbligo scolastico è una vera ironia, potendosi applicare solo limitatamente per la povertà dei Comuni; la frequenza a scuola è qui un po’ scarsa nei mesi estivi per i lavori agricoli, ma ordinariamente buona negli altri mesi con una percentuale media sugli iscritti del 75 e dell’80 %. (pp. 37- 38)».
Verso la conclusione si plaudiva ai benefeci effetti che si sarebbero avuti con la promulgazione della Legge n° 487, del 4 giugno 1911, comunemente conosciuta come Legge Daneo-Credaro (dai nomi del deputato Edoardo Daneo e del ministro della pubblica Istruzione, il pedagogista Luigi Credaro), la quale «profondamente innovatrice, indica chiaramente che lo Stato comincia a considerare la scuola primaria come un indice di vita morale, civile, politica ed economica del Paese; con essa ci si avvia all’amministrazione statale diretta delle scuole per le moltitudini. È da augurarsi che con la nuova legge cominci davvero un’era nuova per la scuola; è da augurarsi che, anche qui, terminino le locali clientele mortificatrici delle scuole, le lunghe, dolorose persecuzioni ai maestri, per questo o quel fine personale o di partito, e che i maestri, garantiti dall’influenza di malefici arbitri, trovino nella nuova posizione giuridica del loro merito riconosciuto stimoli ed incoraggiamenti per dedicarsi con entusiasmo alla propria missione. (p. 40)».
Si riportava in appendice l’elenco delle conferenze magistrali mandamentali, un promemoria per l’insegnamento dell’igiene e lo schema per la relazione statistica riassuntiva, in previsione del censimento del 1911.
Fonte:
Alfonso Napolitano, Relazione su la circoscrizione scolastica di Piedimonte d’Alife per il biennio 1910-1911: studio sociale, pedagogico e didattico, S. Maria Capua Vetere, Francesco Cavotta 1911.