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Contagiati di speranza / 3. Cari giovani, impariamo a scrivere una storia diversa

Oggi è un giovane sacerdote, don Antonio Di Lorenzo che svolge il suo ministero pastorale a Caiazzo, a raccontarsi e a metterci a disposizione la sua riflessione. Sono parole rivolte ai giovani della sua comunità parrocchiale, ma che ben toccano le corde lde cuore di ciascuno di noi: "Come San Giuseppe, proviamo anche noi a cambiare corso alla Storia"

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Antonio Di Lorenzo* – In un momento dei più duri per la storia dell’umanità, dove la vita è minacciata, dove l’uomo che ha costruito grattacieli, ha conquistato l’universo, quando si sentiva intoccabile e per certi versi “onnipotente” per la sua posizione economica, un virus invisibile l’ha messo in ginocchio, si è riscoperto creatura fragile e indifesa, ha saporito l’impotenza umana.

Il Vangelo di Gesù, come il venerdì santo ci insegna, ci fa cogliere il bene nel male, un bene che è la riscoperta dell’altro; il senso di sentirci tutti uguali nonostante le differenze sociali, economiche e geografiche, ma soprattutto ci aiuta a riscoprirci bisognosi si relazioni autentiche, di abbracci carichi d’affetto.

In questo momento chi soffre di più, paradossalmente, sono i più giovani, che, vivendo in un periodo di “benessere” lontano da guerre hanno visto la loro vita minacciata e mutata in un modo drastico e un po’ più difficile da immaginare dopo…
Per questo che il mio pensiero oggi va a loro.

Cari ragazzi, in questo periodo voglio farvi sentite la mia vicinanza. Una vicinanza concreta e carica di affetto per ciascuno di voi.
So bene, perché anch’io sto vivendo i vostri sentimenti, che stare “chiusi” lontano dagli affetti, dal divertimento, dalle amicizie e dagli incontri è pesante, spesso sembra quasi di non vivere più…
Ma, come sempre, dal buio dobbiamo sforzarci di cercare la luce: questo tempo sia un’opportunità per riscoprire voi stessi, per trovare nuove passioni e nuovi intrattenimenti che saprete rendere speciali con la vostra creatività, un tempo per guardarci dentro e far fiorire il deserto che c’è in noi. Basta riflettere sull’uomo, che fino a poco tempo fa si sentiva onnipotente e intoccabile, dove il suo primo bisogno era accumulare ricchezze… Ora invece siamo qui impauriti da un microbo invisibile che ci ha fatto capire lai nostra fragilità e la nostra pochezza.
Vi scrivo nel giorno di San Giuseppe, giovane come noi che ha rifiutato la “mondanità” per scrivere una storia diversa.
Questo periodo sia per tutti noi il tempo del ritorno all’essenziale. Vi abbraccio e prego per ciascuno di voi.
Con affetto, don Antonio

*Maria SS. Assunta-Concattedrale, Caiazzo

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