Sono tante le chiese dedicate all’Annunziata, al Sud molto più che al Nord d’Italia: nei confini del Regno di Napoli se ne contavano ben 173 e 14 solo nella Diocesi di Alife-Caiazzo.
Come si spiegano tali numeri? Quale funzione svolgevano queste chiese?
Ci accompagna in questa ricerca Tommaso Tartaglione di Alvignano, giovane cultore di storia locale, già autore di diverse pubblicazioni su storia e tradizioni religiosi del territorio e animatrore di iniziative culturali.
Tommaso Tartaglione – Il culto dell’Annunziata ebbe inizio e diffusione nel Regno di Napoli a partire dalla dominazione angioina nel XIII secolo, grazie soprattutto al sostegno di re Carlo I (1226-1285) che adottò la convenzione dell’Annunciazione per l’inizio dell’anno civile, con il capodanno, quindi, fissato al 25 marzo. Inoltre coniò il carlino prima moneta napoletana a rappresentare sul verso la scena dell’Annunciazione (foto in basso).
Una devozione tipicamente dell’Italia meridionale se si considera che nel resto della penisola esistono soltanto 74 chiese con questa denominazione. Entro quelli che furono i confini dell’antico Regno di Napoli, invece, si contano ben 173 chiese di cui 61 nella sola provincia storica di Terra di Lavoro e 35 nell’attuale provincia di Caserta.
Nella diocesi di Alife-Caiazzo, poi, sono esistite 14 chiese dell’Annunziata: Alvignano (1448), Piedimonte Matese, Caiazzo, Ailano, Valle Agricola, Raviscanina, Sant’Angelo d’Alife, Dragoni (1323), Maiorano di Monte (1608), Baia (ante 1590 ma non più esistente), Latina (inizio ‘500), Liberi (nella frazione di Villa), Castel Campagnano (cappella), Alvignanello, Pontelatone. Fuori dalla diocesi, ma pur sempre vicina, vi è la chiesa di AGP a Limatola.
Le altre diocesi della provincia di Caserta che hanno chiese dedicate all’Annunziata sono: Sessa Aurunca 2, Teano-Calvi 10, Capua 4, Caserta 3, Aversa 5 (di cui 3 nella provincia di Napoli: Sant’Antimo, Frattamaggiore e Caivano). Si può affermare, perciò, che, nell’intera provincia, la nostra è stata la diocesi che maggiormente ha espresso nel tempo questo particolare culto mariano.
I templi dedicati alla devozione dell’Annunziata, o anche identificati con l’acronimo A.G.P. – Ave Gratia Plena –, in realtà, furono fondati essenzialmente per espletare una funzione sociale eminentemente assistenziale attraverso istituti quali ospedali, destinati sia ai residenti sia ai pellegrini o viandanti, antesignani dei moderni nosocomi; brefotrofi per l’accoglienza e l’assistenza dei neonati, quasi sempre illegittimi, abbandonati o in pericolo di abbandono, di cui tipica è la ruota degli esposti; orfanatrofi e infine conservatori per le fanciulle povere.
Perché si chiamavano “Annunziata”?
Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, perché proprio il titolo di Annunziata, e non altri, fu associato alle opere di beneficenza e carità cristiana?
In realtà, fu esattamente la Casa Santa dell’Annunziata di Napoli, fondata ad inizio ‘300 dai fratelli Scondito, nobili napoletani, a costituire l’archetipo per tutte le altre.
Altra essenziale peculiarità delle Annunziate fu la loro fondazione laica ad opera delle Università, così come erano chiamati fino a tutto il Settecento gli odierni Comuni, ancora proprietari di queste chiese.
L’Università doveva, infatti, garantire l’amministrazione di tutto il complesso – chiesa ed ospedale – generalmente attraverso probi viri laici «timorati di Dio» per la difesa del suo patrimonio e per la ricezione di elemosine, offerte e legati. Questi amministratori venivano designati con l’appellativo di Governatori o Economi, la cui carica aveva durata annuale, ed erano scelti quasi esclusivamente tra le famiglie del ceto civile, così come era chiamata la borghesia fino agli inizi dell’800.
La funzione assistenziale dell’A.G.P. fu espletata nel tempo con l’istituzione delle Opere Pie, trasformate dopo l’Unità d’Italia in Congregazione di Carità, evoluta poi durante il Fascismo in E.C.A, Ente Comunale di Assistenza.
In quasi tutti i nostri centri le chiese delle Annunziate rappresentano gli edifici di culto più
importanti per le notevoli dimensioni e per la presenza di espressioni artistiche tra le più pregiate. Infatti nei secoli hanno raccolto opere di pittori e scultori di grande fama come Francesco de Mura a Caiazzo o il pittore settecentesco Nicola Maria Rossi e il pittore toscano Giovanni Balducci, vissuto a cavallo tra ‘500 e ‘600, a Piedimonte Matese.
La fede cattolica perciò ha prodotto arte, una cultura e quindi una civiltà.
Anche nella nostra diocesi l’alleanza tra potere religioso e potere laico ha permesso ai nostri antenati di esprimere la propria fede attraverso la costruzione di queste belle chiese, simbolo delle nostre comunità, e con l’istituzione di opere di beneficenza che tanto hanno giovato a generazioni di nostri antenati. Ecco come una sana distinzione, ma mai separazione, tra potere spirituale e potere temporale sia capace di produrre opere degne di grande
ammirazione.