Papa Francesco in piazza San Pietro vuota, Pasqua 2020

Grazia Biasi – È già Pasqua. Quella festa che abbiamo creduto di perdere nella sua consuetudine di riti e preghiere per un’epidemia che ha sconvolto e disorientato i programmi, si è compiuta già ieri nella deserta Piazza San Pietro…
È già Pasqua perché Papa Francesco ci ha confermato una certezza, che negli ultimi giorni ci ha fatto vacillare nella convinzione di essere soli: la morte non ha l’ultima parola.
E la conferma sono state le sue parole e la sua presenza, segno dell’umanità in ginocchio per dolore e per preghiera, che hanno squarciato la tensione e il colore piombo di San Pietro.

Il colonnato che abbraccia e accoglie, che si protrae verso la Città e il Mondo, ieri sera ha alimentato e poi sprigionato la forza di Francesco, il successore
Stupore. Incredulità. Profondità. La soffocante realtà che sta togliendo respiro all’animo ormai da settimane (mentre il virus lo toglie ai corpi) è stata vinta; anticipo di quella immagine di “mors et vita duello” che al mattino di Pasqua canta la Chiesa per la gioia di averlo visto risorto…vivo e vero.
Cogliendo la drammaticità dei fatti e del limite umano, leggendo la paura degli uomini nella tempesta, Papa Francesco ha saputo consolare e rasserenare senza aggiungere nulla di nuovo, ma trovando il coraggio di rinnovare un messaggio e farlo risuonare con voce e fede pacate e ferme.

Ci ha  ricordato una storia già scritta, già detta, già vissuta: sulla barca del mondo in tempesta c’è l’uomo Gesù che placherà il mare, e vincerà la morte. La Resurrezione non è racconto, ma verità per gli uomini e le donne che quotidianamente si affacciano alla vita donando se stessi, scegliendo come orizzonte un altro da sé…

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Papa Francesco ieri sera ha posto un traguardo davanti alla corsa sfrenata dell’umanità e al suo dirigersi incerto di questi giorni, e quel traguardo è Cristo, presenza eucaristica davanti alla quale il mondo ha pregato dalle proprie case provando a fare spazio nel cuore alla provocazione lanciata qualche minuto prima da Francesco: Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te; un indiretto invito agli uomini a disarmarsi da individualismo, protagonismo cieco, menefreghismo, quell’idea di potere per vincere a tutti i costi, per accaparrarsi il primato…anche di un farmaco che possa aiutarci a star meglio, di un vaccino che ci salverà.

C’era la vita in Piazza San Pietro, la Salus Populi Romani, l’antica icona di Maria, la Madre in cui la vita di Dio si incarna; e accanto il Crocifisso quello che nel 1522 la Città invocò contro la peste,  irrigato di pioggia. Era vita quell’acqua piovuta dal cielo, immagine del bene mandato da Dio all’umanità, per irrigare le aridità del cuore, intenerire i solchi della vita e generare frutti prima di ritornare a lui…
Era vita quell’acqua che scorreva, che fluiva ripetutamente rispetto alla fissità del sangue dipinto sul legno del Cristo crocifisso. Era ancora la conferma che da quel sangue versato viene ancora vita, senza sosta, senza interruzione…senza previsione.

Il Signore ci ha anticipato la sua Pasqua: non ha atteso che facessimo file annoiate ai confessionali per prepararci al Triduo e alla festa; è venuto a perdonarci prima che fossimo noi a chiederlo e lo ha fatto entrando nelle nostre case, concedendoci la comodità di restare al riparo, di restare sul divano: il dono dell’indulgenza plenaria voluto da Francesco ci ha nuovamente sorpresi, come i discepoli sulla barca confusi dalla paura di un dopo: c’è Lui ad anticiparci, a rasserenarci, a leggere prima di noi come andrà a finire… A Lui importa, prima che a noi stessi (e per il bene di noi stessi), che nulla vada perduto.

 

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