Home Attualità Coronavirus. Nuove misure di Governo ma Chiese ancora chiuse. È polemica

Coronavirus. Nuove misure di Governo ma Chiese ancora chiuse. È polemica

Al termine dell'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, un comunicato della Conferenza Episcopale Italiana che esprime il disappunto per la mancata apertura delle Chiese. Conte: sì ai funerali con 15 persone presenti e allo studio misure rigide per la celebrazione degli altri sacramenti

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Grazia Biasi – Ieri sera in tv, l’intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte per illustrare le nuove misure che a partire dal 4 maggio modificheranno, in parte, l’assetto della vita degli italiani.
Cosa si potrà fare e cosa no… O quale lento ritorno alle attività ordinarie…
Un obbligo su tutti: non abbassare la guardia e continuare a temere i rischi del coronavirus, perciò ancora distanziamento sociale e incontri ridotti al minimo, mentre guradualmente riprenderanno le attività produttive secondo severissime misure di controllo dei contatti.
Un passaggio riservato alla Chiesa, alle celebrazioni dei funerali consentite per gruppi fino a 15 familiari, e la riconoscenza per quanto la Conferenza dei Vescovi italiani sta facendo:  Conte non ha citato esplicitamente ma la cronaca degli ultimi due mesi testimonia di rispetto delle regole, sostegno spirituale, donazioni di presidi sanitari e di fondi in denaro, azioni di carità attraverso viveri, mense, sostegno economico alle famiglie. Insomma, quella voce silente che affianca la vita degli italiani senza sconti, senza riserve… (In campo Caritas Italiana leggi qui o sulle donazioni dall’8xmille leggi qui).
Tuttavia la rigidità ancora imposta dalle nuove misure, impedisce la celebrazione delle Messe suscitando la reazione dei Vescovi italiani.
“Comprendo perfettamente la sofferenza che tutto questo sta procurando, però per ulteriori eventuali aperture ad altre cerimonie religiose dobbiamo continuare ad interloquire col Comitato tecnico-scientifico. Confido di poter confezionare con loro un rigoroso pacchetto di prescrizioni che nelle prossime settimane ci permetterà di allargare anche la riapertura ad altre cerimonie religiose”, così Conte.
(La premura è per regole che siano rispettate anche nei luoghi di culto… e che la partecipazione garantita alla comunità non sia per pochi ingressi… Del resto una Chiesa non è un supermarket in cui entrare, acquistare, e via, e avanti il prossimo… La dimensione della comunità ha ben altro valore…).

La risposta della Conferenza Episcopale Italiana è arrivata a distanza di pochi minuti dal termine dell’intervento del Presidente del Conisiglio dei Ministri esprimendo la delusione per una decisione in controtendenza rispetto ai dialoghi tra Chiesa e Governo intercorsi nelle settimane precedenti.

Il Comunicato della CEI (scarica il pdf)
“Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.

Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.

Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.

Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.

I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.

 

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