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San Giovanni Battista, presentato il restauro dell’opera lignea conservata in Santa Maria Maggiore

Tra 'umano' e 'divino', l'esperienza essenziale del "precursore", "Colui che ci educa all'incontro con l'Altro, con Cristo presente in ogni fratello, in ogni situazione di emergenza...", nell'omelia di Mons. Orazio Francesco Piazza una riflessione sulla scelta dei credenti di fare spazio alla parola di Dio, alla venuta del suo Figlio nel mondo

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La Basilica di Santa Maria Maggiore aggiunge al suo cospicuo patrimonio artistico un nuovo pregiato manufatto, appena restaurato: il San Giovanni Battista, fino a poco fa custodito nell’omonima chiesa sita sulla sommità del più antico quartiere di Piedimonte, noto appunto come San Giovanni.

Restaurato dalla ditta Nova Ars s.n.c. di Cesinali (AV) a cura della restauratrice Maria Paola Bellifiori, la statua cinqucentesca, mercoledì sera nella festa del Santo, è stata presentata alla comunità durante la messa presieduta da Mons. Orazio Francesco Piazza, amministratore apostolico della Diocesi di Alife-Caiazzo.

Esperienza di comunità
L’evento è solo l’ultima tappa di un percorso che la comunità parrocchiale ha vissuto nel segno della responsabilità collettiva, dapprima con la partecipazione attiva alla spesa del restauro (centinaia sono state le offerte di singoli e famiglie, come del Comitato festa di San Marcellino e in particolare della Corale parrocchiale così come il contributo della Parrocchia), poi con la presenza alla Celebrazione in cui la riflessione del Vescovo, durante l’omelia e la presentazione dell’opera al termine della celebrazione, hanno focalizzato la preghiera e l’attenzione sulla figura del precursore.
Prendere parte all’intero evento, in tutto il suo divenire, come la famiglia che ha cura del suo passato, del presente, e del suo futuro, di una storia che ha generato – anche attraverso l’arte -esperienze di fede personali o comunitarie: è questo il contesto della parrocchia di Santa Maria Maggiore in cui l’esperienza popolare ha giocato il delicato e fondamentale ruolo di “custode” di un nucleo di valori che oggi si traducono in vivaci iniziative culturali e pastorali.

L’Omelia
Nell’omelia Mons. Piazza ha mostrato Giovanni come modello di estrema vicinanza  e concretezza, come colui che nato da donna, quindi tanto vicino all’esperienza umana, supera il limite del deserto, quale luogo fisico e dimensione interiore di ciò che egli sceglie come misura della sua esistenza e mette alla prova il suo equilibrio interiore di uomo. In questa situazione estrema Giovanni fa spazio a ciò che conta per preparare la via al Signore, per “preparare al Signore un popolo ben disposto”. Il richiamo alla Colletta di questa solennità è motivo di riflessione per Mons. Piazza sulla disposizione di ciascun credente “a dissodare il terreno, a tracciare sentieri di speranza. Una buona disposizione interiore è la condizione che il Signore chiede a ciascuno – e Giovanni la incarna in pieno – affinchè Egli venga”.
Sul modello del Battista, che ha impegnato la vita per facilitare l’incontro di Gesù con gli uomini, il Vescovo chiede questa azione di facilitazione tra il Vangelo e il mondo come vera e propria “traccia di vita, come impegno secondo la  propria sensibilità e la propria vocazione” da realizzare “in quei contesti di vita in cui ognuno di noi è chiamato a tracciare sentieri  perché questa speranza possa radicarsi  e possa diventare lievito di Resurrezione”.
Il deserto di Giovanni è simbolo di totale affidamento a Dio, è simbolo “di una scelta fondata sull’essenziale e sulla totale disponibilità alla sua venuta (…)”. È il suo predisporre il cuore a Dio che ci aiuta a capire che ogni uomo può consentire al Signore di avere lo spazio adeguato per poter operare in modo fecondo nella vita di ognuno”.
La povertà di Giovanni, il suo vivere solo dell’essenziale, il suo rimanere concentrato sulla missione che gli è affidata, alimenta in lui “il desiderio dell’incontro con Cristo che realizza il senso della vita. Egli non desidera la sua realizzazione ma realizzare ciò per cui è nato… essere il precursore, il facilitatore, il preparatore di un incontro decisivo nella vita di Israele, nella vita di ogni uomo”.

Giovanni vive per un Altro. “Come è bello vivere per l’altro!” Mons Piazza ha posto Giovanni Battista come colui che “ci educa a quello di cui tutti abbiamo bisogno: l’incontro con l’Altro che è Cristo Signore che si manifesta in ogni uomo, in ogni persona, in ogni situazione soprattutto in quelle circostanze di marginalità  e di fragilità, lì dove sperimentiamo l’umano che arriva al suo limite”.

Il restauro
Al termine della celebrazione eucaristica, un breve momento riservato alla presentazione del progetto di restauro a cura di Luigi Arrigo, direttore della Biblioteca e dell’archivio della Diocesi di Alife-Caiazzo che ha ripercorso l’itinerario del restauro, da un’idea embrionale al coinvolgimento della comunità per la raccolta di contributi economici e poi la proficua collaborazione con la ditta Nova Ars che di tutte le opere custodite nella basilica di Santa Maria Maggiore ha redatto una scheda tecnica sulle condizioni e i necessari interventi: un lavoro che consente oggi di avviare nuovi restauri partecipati e recuperare a poco a poco il ricco patrimonio della parrocchia.

La restauratrice Bellifiori, ha illustrato le condizioni in cui versava il San Giovanni e le fasi di lavoro che hanno portato al risultato finale indicando tecniche, scelte stilistiche e metodologiche discusse e affrontate con la Soprintendenza per i Beni Culturali delle province di Benevento e Caserta.

La parola a don Antonio Sasso, direttore dell’Ufficio Beni culturali ecclesiastici ed Edilizia di culto diocesano che ha ripercorso la storia dell’iconografia di San Giovanni Battista, indicando le novità tutte umane che caratterizzano l’opera matesina che si discosta da una visione più pacata e rasserenante del volto che l’arte consegna alla visione fino a Donatello: la produzione successiva, in cui si inscrive il filone di opere del ‘500 napoletano del nostro Battista risente della visione più sofferta e contrita dell’’uomo Giovanni’ che rimane però fedele alla sua chiamata: indicare l’Altro da lui, indicare Cristo, l’agnello di Dio.

L’intervento del parroco don Domenico La Cerra ha chiuso la serata. Il ‘grazie’ a quanti hanno collaborato, a Luigi Arrigo e al gruppo di promotori del progetto, alla restauratrice. Un intervento di carattere pastorale il suo che, richiamando le antiche opere trasferite dalla chiesa di San Giovanni alla Basilica – la Madonna, il nuovo San Giovanni Battista e il Crocifisso che campeggia sull’altare maggiore,  (“patrimonio non comune insieme a quanto conserva la parrocchia, da saper conoscere e promuovere”) – ha voluto focalizzare per qualche minuto l’attenzione dei presenti sul mistero dell’incarnazione, quale fondamento della storia della salvezza e della centralità del mistero pasquale: il cammino di fede realizzato attraverso tali opere d’arte da sacerdoti che nei secoli si sono alternati alla guida della chiesa locale, testimonia l’impegno a rendere il Vangelo esperienza da vedere, raccontare, e da vivere. Don Domenico ha annunciato la nuova collocazione del San Giovanni all’ingresso della bella chiesa, accanto al Battistero e che diventerà motivo di riflessione e approfondimento catechetico sul tema del battesimo.

L’ultima parola al Vescovo Mons. Piazza, di gratitudine per la dimensione “collettiva” di questa esperienza che riporta alla dimensione popolare del patrimonio di fede e valori custodito nelle piccole comunità, lì dove una statua non è solo arte e committenza, ma preghiera, affidamento, suppliche, speranza, dialogo con il divino… A questa azione di restituzione – di arte e di fede – il Pastore si è augurato ne possano corrispondere altrettante grazie al recupero di nuove opere.

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