Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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XIII domenica del Tempo ordinario
2Re 4,8-11.14-16a; Sal 88; Rm 6,3-4.8-11; Mt 10, 37-42
L’accoppiamento del testo del Secondo Libro dei Re in cui la donna di Sunem accoglie Eliseo nella sua casa con quello dell’Evangelo di Matteo, mi pare che voglia portare la nostra riflessione su un dato, a mio avviso, molto secondario della pericope di questa domenica e cioè sull’ospitalità nei riguardi dei “profeti” … ben altro spessore ha il testo di Matteo e ben altre e più alte esigenze ci pone dinanzi agli occhi ed al cuore … forse l’accento andrebbe più spostato sull’accoglienza intesa in modo ampio; l’accoglienza di un profeta, infatti, presuppone l’aver accolto il messaggio che porta come profeta, presuppone l’accoglienza di chi ha inviato il profeta … in tal senso potremmo trovare un nesso meno moralistico con la prima lettura. In ogni modo il testo di Matteo è uno di quei testi da cui bisogna lasciarsi provocare nel profondo e molto seriamente, è uno dei testi più scandalosi e graffianti del Nuovo Testamento e ci riporta una di quelle parole di Gesù che ci mettono spalle al muro dinanzi alla nostra identità di discepoli. Questo è ciò che va colto e letto in profondità.
Gesù qui si presenta con una pretesa unica in tutte le religioni, una pretesa tanto scandalosa che ci autorizza a dire con Chesterton e Tolkien (che avevano a lungo meditato su questo tema) che Gesù o è il Figlio di Dio o è un megalomane psicopatico; Gesù chiede di essere amato prima di tutto! Prima degli affetti più sacri: padre, madre, figlio, figlia! Incredibile! Il testo di oggi è netto ed inequivocabile. La si finisca di dire che Gesù è solo un grande e buon maestro, un saggio come Confucio o Budda o Socrate … No! La pretesa di Gesù lo pone in quella realissima alternativa: o è il Figlio di Dio o un pazzo pericoloso. Altro che saggio maestro! Nessun fondatore di religione ha mai avuto una pretesa del genere; Mosè non l’ha chiesto, Budda non l’ha chiesto, Maometto non l’ha chiesto … e neanche noi possiamo chiederlo! Gesù sì! Gesù sa che l’amare Lui prima di tutto è una necessità ed è una necessità liberante … libera tutti gli altri amori che si pongono dopo, li fa liberi e liberanti; senza quell’amore per Lui “in primis” si rischia di entrare nelle pastoie degli infiniti sentieri dell’egoismo e dell’egolatria, sentieri che tentano sempre sottilmente di travestirsi con i panni allettanti dell’amore. Messo l’amore per il Signore Gesù, che con la sua croce ci indica una via precisa per l’amore, i nostri amori divengono il meraviglioso luogo storico della nostra umanizzazione. L’amore per il Figlio divenuto uomo sottomette i nostri amori a Lui e alla sua umanità e li rende davvero tali!
L’amore per Lui rende possibile il portare la croce che è un paradossale appropriarsi della propria vita; quel detto incredibile di Gesù risuona questa domenica con tutta la sua forza e la sua domanda di verità sulla nostra identità di discepoli: Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Si perde la vita se si prende la croce ma la croce non è la passiva accettazione delle nostre piccole o grandi sventure, difficoltà, drammi; la croce non è altro che accettare di far morire quell’uomo vecchio malato di “philautia”, di quell’amore malato di sé che è un salvare di continuo se stessi a qualunque costo, che è mettere sé ed i propri bisogni ed esigenze sempre al di sopra di tutti; prende la croce chi, seguendo Gesù perché lo ama prima di tutto, imbocca la sua stessa strada che è perdere la vita per amore; chi fa questo, chi perde la propria vita per amore crocifiggendo l’uomo vecchio, trova davvero la vita! In fondo Gesù ci sta dicendo che la vita di chi vuole sempre salvare se stesso non è vera vita; la vita la trova chi, è paradossale ma è così, la offre, chi la perde per amore.
La vita cristiana vuole passione! Senza passione per il Regno, che è passione per Gesù Cristo e per la sua Chiesa, non si va da nessuna parte! La passione è radicata in quell’incontro vivo con il Gesù vivo, di cui tante volte abbiamo detto e che è davvero l’unum necessarium nella missione della Comunità cristiana. La Chiesa di oggi (ma lo si può dire della Chiesa di sempre!) ha bisogno di uomini di passione che portino gli uomini ad appassionarsi di Cristo, ad amarlo prima di tutto.
Credo che troppa tiepidezza, quando non freddezza e calcolo, sia il gran male che affligge le comunità cristiane ed i loro pastori; troppe pretese di comodità, troppi diritti accampati di continuo, e all’interno della Chiesa e nel rapporto tra Chiesa e società civile; cose tutte queste che mostrano poca passione e poca coscienza di essere discepoli del Crocefisso! Pastori non appassionati generano comunità non appassionate che non si capisce perché si siano costituite e perché continuino ad essere; comunità non appassionate generano cristiani senza slanci, senza sogni, incapaci di rinunzie per l’Evangelo, incapaci di fare scelte controcorrente rispetto alle mentalità mondane; comunità così non edificano il Regno e non mostrano la possibilità “appassionante” e non moralistica di un’umanità diversa, libera, capace di accoglienza e di dialogo, capace di mostrare ciò che davvero vale e ciò per cui vale la pena vivere e anche morire. Tutto questo, lo capiamo bene e l’Evangelo di questa domenica ce lo ripete con graffiante energia, può derivare solo da una conoscenza vera ed amorosa del Signore Gesù!
Fratelli, è necessario interrogarsi sull’amore per Lui e sul primato dell’amore per Lui su tutto! Così saremo discepoli!
La sequela a cui siamo chiamati è, in primo luogo, un sì, un sì all’amore, un sì che divenga passione.
Certo, poi questo sì esigerà dei no, dei no alla mondanità, dei no netti e chiari a quelle vie di buon-senso che il mondo sempre ci presenterà allettanti, vie che tendono a salvare noi stessi e la nostra vita ma che alla fine si rivelano vie ingannevoli e traditrici perché ci si ritrova solo con una vita perduta! Quanti uomini fanno di tutto per salvare se stessi e poi si ritrovano perduti ed annegati nel non-senso e nel vuoto!
La passione per Cristo Gesù sia via concretissima per dare volto autentico e libero, volto bello, alla nostra vita! Senza passione tutto si trasforma in routine “religiosa” e non c’è nulla di più imprigionante! Nulla di più distante da quello che Gesù aveva in cuore, insomma nulla di più distante dall’Evangelo!