Grazia Biasi – Alcuni giorni fa, è giunto inaspettato alla nostra Redazione un prezioso regalo: la raccolta de Il corriere del Matese, pubblicato tra gli anni 1963-1965 dal fondatore e direttore, ing. Pietrangelo Gregorio. Non un nome qualunque per il mondo della comunicazione, se anche solo ci fermassimo a ricordarlo come il fondatore della tv privata in Italia con la nascita di TeleNapoli il 26 aprile 1967 (via cavo) e poi di Canale21 ed altre via etere (Fininvest e Silvio Berlusconi vennero dopo…).
A consegnarci le preziose copie, la figlia Annamaria con la quale condividiamo il lavoro e il servizio nella Curia della diocesi di Alife-Caiazzo.
Fogli ingialliti dal tempo, con il tipico odore di carta che viene da lontano, e proprio per questo più fragile, più sottile: richiamo ad averne particolare cura.
Per nulla fragile nel contenuti il minuzioso lavoro editoriale dell’ingegnere Gregorio. Sfogliare le pagine del suo periodico è un tuffo nella storia politica e sociale del Matese e del Medio Volturno negli anni che, appena lontani dalla guerra, lasciavano trasparire un’idea di fondo: dare visibilità al territorio, garantirgli servizi, dare voce alla gente; ma su tutto, grazie alla penna del suo principale autore, una parola e un impegno da realizzare : partecipazione. Era un nuovo modo di stare al mondo, di contribuire all’Italia che cambiava e costruiva la sua risalita economica affidandosi alla responsabilità di politici e cittadini, non più ad un ristretto potere di comando.
Non c’è articolo in cui Gregorio (molti dei pezzi sono i suoi seppur le firme dei collaboratori non mancavano) non inciti i lettori, i residenti nei comuni dell’area matesina e altocasertana, i politici, le autorità religiose, i lavoratori….ad intervenire, a suggerire idee e proposte sia nel dibattito politico quanto nella comune esperienza di vita pubblica… ”Fateci sapere; scriveteci; commentate; parliamone…”: incitazioni continue nel tentativo continuo di aprire gli occhi di una comunità sui fatti, di esprimersi, di denunciare, di far presente disservizi e ingiustizie, ma anche di promuovere cultura, natura, sport, associazionismo, insomma…la vita che ripartiva e bisognava raccontare.
Non era la prima esperienza di pubblicazione giornalistica per il territorio (a cavallo tra i due secoli vi erano state pagine date alle stampe), ma ora eravamo nell’Italia nuova. Gregorio provava a far vivere la forza e il valore della democrazia e lo faceva con gli strumenti che meglio sapeva muovere.
Oggi, 23 luglio 2020, l’ingegnere Gregorio avrebbe compiuto 92 anni… Vogliamo ricordarlo con riconoscenza per essere stato tutto ciò che è stato, a Piedimonte prima e a Napoli dopo, dove ha vissuto lunghi anni e dove il suo genio ha trovato massima espressione, ma soprattutto per non aver mai smesso di pungolare la vita e i suoi protagonisti con la forza della curiosità che lo ha distinto per tutta la vita.
Ricondurre le piccole comunità locali intorno al concetto e all’esperienza di partecipazione democratica: questa sua gratuita volontà è manifestata nel primo editoriale in cui le parole di incitazione diventano più amare per la consapevolezza che la Guerra e un importante referendum seppur superati da circa venti anni, non siano maturati ancora nei cittadini come effettiva concquista libertà: “Dopo un approfondito esame della situazione – scrive Gregorio – siamo stati costretti a renderci conto che se è vero che da venti anni si parla di «libertà» e di «democrazia» è altrettanto vero che la maggior parte di noi non ha ancora acquisito la conformazione dell’uomo libero e democratico!
Cosa giova tenere chiuso in cassaforte un ingente tesoro, quando poi si conduce una vita da mendicanti, perché ci si ostina a non utilizzarlo? (…). Purtroppo ci è dato constatare che il popolo dimentica quasi sempre di essere «sovrano» e di avere il diritto di far valere in ogni circostanza la propria volontà! Questo comporta, spesso, che chi è eletto per dirigere dimentica di essere il «servo» del popolo e…in qualche caso finisce coll’asservirlo”.
Parole forti, che a partire da questo primo numero de Il corriere del Matese, continueranno a tuonare sulla comunità, talora con simpatia, altre volte con severità, altre volte con attesa fiduciosa, in altri casi con pacato umorismo: e allora ecco che compaiono rubriche su diritti e doveri o di servizi al cittadino, spazi riservati agli emigrati (tante copie del giornale saranno inviate all’Estero e ad essi Gregorio riserverà addirittura una pagina intera); lunghe colonne di tribune politiche; e titoli come E…Piedimonte sta a guardare; La «Napoli-Piedimonte» non deve essere soppressa (in riferimento alla ferrovia alifana già discussa a pochi anni dalla sua inaugurazione); Il primo “grattacielo”; Gloriosa Alife, svegliati…!; Addio Torano! Addio Maretto!; La rinascita di Monte Muto; e avanti così…senza mai escludere un riferimento al Matese come suggestivo contesto naturalistico e volano di sviluppo economico e turistico…
Traspare meno la voce e la presenza della vita ecclesiale.
Erano gli anni dei circoli di Azione Cattolica riemersi con coraggio dalle repressioni fasciste, ed erano gli anni della ricostruzione postbellica che vedeva tra i suoi migliori protagonisti sacerdoti e catechisti e collaboratori parrocchiali accanto ai poveri, agli studenti in formazione e verso il lavoro…in un’opera che puntava prima di tutto al riassetto sociale dell’Italia. Lo stesso ingegnere Pietrangelo Gregorio ne fu vivace protagonista. Aveva vissuto gli anni della formazione giovanile nel seminario vescovile di Piedimonte sotto la guida del sacerdote Giacomo Vitale; poi seminarista al Regionale di benevento frequentando il Liceo Classico; era stato organista nella parrocchia di Ave Gratia Plena e membro del circolo Piergiorgio Frassati (a Piedimonte); collaboratore del sacerdote alifano don Pasquale Panella nell’opera che raccoglieva bambini e ragazzi ad Alife; poi per lui anche una breve militanza nella Democrazia Cristiana…
Non sappiamo se l’occasionale comparsa nel giornale, delle vicende e dell’impegno della chiesa sia stata legata ad una scelta dell’editore o ad una visibilità non cercata dall’altra parte, o perché la Chiesa (Il Concilio Vaticano II era iniziato nell’ottobre 1962) muoveva solo allora i suoi primi passi verso l’orizzonte della comunicazione sociale, o perché si serviva di suoi giornali, dei suoi fogli; o anche perché nel Mezzogiorno d’Italia la narrazione di ecclesiale/religioso e civile si muoveva su binari separati e la Chiesa non aveva conosciuto il vantaggio (come al Nord) della stampa quale strumento di sintesi della vita della gente (mettendo insieme il dibattito politico e una proposta di vangelo); sta di fatto che su Il Corriere del Matese appare poco la voce (e il racconto) della Diocesi alifana. Ma è proprio sul Concilio Vaticano II che torneremo in una prossima pubblicazione di Clarus, riproponendo l’intervista di Gregorio all’allora vescovo di Alife, Mons. Raffaele Pellecchia.
In ombra su Il Corriere del Matese anche il mondo contadino, ma il Matese di quegli anni viveva del Cotonificio di Piedimonte e il sogno di un futuro industriale (ad Alvignano la vita era intorno alla fabbrica di laterizi Moccia) e le campagne – nella visione collettiva – erano sinonimo di più lavoro e meno diritti; chi poteva fuggiva dalla terra cercando di dimenticarne le fatiche e si conquistava (o gli veniva concesso, in barba alla libertà che Gregorio tentava di salvare)una sistemazione diversa…
Torneremo sulle pagine de Il Corriere del Matese ricordando la figura dell’on. Bosco; la storia dell’acqua del Torano e del Maretto; della decadenza del Cotonificio; della ferrovia alifana; degli alberghi di San Gregorio Matese; delle possibilità e dei limiti di questa terra; della partecipazione alla vita politica…
Cosa è cambiato da allora? Quali passi avanti? Quale comunità libera e democratica (per dirla alla maniera dell’ing. Gregorio) è maturata?