Secondo l’ordinamento che regola la vita degli Enti locali e il suo riferimento alle Leggi dello Stato italiano, il Comune di Piedimonte Matese avrebbe ancora 20 giorni di tempo, prima di andare verso lo scioglimento del Consiglio comunale.
Avrebbe… Un condizionale d’obbligo perché il clima che ha governato di fatto la Città, e continua a pesare e a rumoreggiare, è quello di tensioni, sfiducia, colpi bassi (anche a suon di parole) tra gli Amministratori comunali, senza speranza alcuna verso una immediata ripartenza da dove ci si è interrotti.
Ieri, 10 voti contro 7, hanno fermato l’approvazione del Bilancio di previsione. Ieri, in un consiglio comunale atteso soprattutto per l’esito finale di cui si immaginava la rassegnazione delle dimissioni dei suoi membri, è andato in scena l’atto finale di uno scontro acceso da subito, da sempre, tra maggioranze e minoranze e in particolare tra i membri del gruppo principale alla guida del governo cittadino.
Uniti per Piedimonte, la lista guidata dal sindaco Luigi Di Lorenzo, ha perduto, già all’indomani del voto (2017) il senso del suo stesso slogan sfilacciandosi in polemiche e rimpalli di responsabilità.
Il primo, a poche settimane dalle elezioni ad abbandonare la maggioranza, è stato li medico Mimmo Santopadre, e poi un’escalation di dissensi interni che ripetutamente hanno messo in discussione (pubblicamente) le competenze amministrative del primo cittadino, i suoi scontri con i tecnici esterni chiamati al Comune, la scarsa comunicazione ad intra ed extra del governo civico.
A ricompattare le file era sembrato che potesse funzionare l’unanime parere sulla dichiarazione del dissesto finanziario: se i politici della Città hanno fatto squadra contro un sistema pregresso di gestione dell’ente riuscendo a scoperchiare un pentolone di debiti (15 milioni ca.), diversamente non li ha tenuti insieme la fatica di “ricostruire” Piedimonte Matese a partire dalle sue macerie, e dalle fatiche (tutte in salita) che il cammino politico e amministrativo avrebbe comportato.
All’indomani del coraggioso atto, Piedimonte Matese non avrebbe progredito affatto nel sistema di recupero crediti (è questa la voce maggiore della riflessione sui bilanci e sui debiti, sulle entrate che dovrebbero garantire le tassazioni cittadine). È il neo a cui in tanti oggi fanno appello, mentre il sindaco da parte sua ha provato più volte a raccontare i piccoli passi compiuti (lo scorso 26 giugno in un suo lungo post si soffermava sui vantaggi ottenuti per l’edilizia scolastica, il centro storico, la viabilità, l’edilizia urbana, per i prossimi 12 mesi).
Uniti per Piedimonte, slogan e progetto politico, lasciava immaginare un sogno sulla città e un orizzonte di idee da coltivare, anche quello del dialogo con le opposizioni che più volte e in più occasioni hanno denunciato invece la difficoltà ad interloquire con il Sindaco e i suoi…
Ad Alife, un caso analogo: la dichiarazione di dissesto dell’allora sindaco Salvatore Cirioli apriva una frattura insanabile con le opposizioni e anche interna alla maggioranza.
Così per i due centri maggiori del Matese l’equilibrio si è giocato non solo sui numeri ma sulle relazioni e spesso sul peso delle parole, che edificano, che educano, che infrangono presunte incolumità politiche, ma che anche graffiano e danno violente spallate alla dignità dell”avversario’ politico, e che in nome di assolute verità conducono fuori dal dibattito civico per il quale si è stati scelti a governare.
Venti giorni di tempo perché il Consiglio comunale ritratti la sua posizione e il suo parere, dopodiché il Commissario prefettizio sostituirà l’amministrazione inadempiente con un Commissario.
E si tornerà alle urne.
Più fragili o più forti?
È tempo di domande soprattutto per i partiti politici di Piedimonte Matese (e per i loro referenti provinciali e regionali), sui dibatti e sulle loro scuole di pensiero che sono una ricchezza, ma che tanto mancano ai piccoli contesti dell’alto casertano, salvo comparsate giungere da fuori in occasione di campagne elettorali cucite ad hoc sui mal di pancia della popolazione.
Li rivogliamo i partiti, perché espressione di democrazia, di partecipazione e di condivisione, avamposto dell’idea di comunità.
Li rivogliamo i circoli in città, aperti al mattino e anche alla sera, con proposte per tutti, giovani e anziani, dove portare idee e ascoltare quelle degli altri, dove creare occasioni di pensiero e di formazione, dove informare, dove polemizzare, dove narrare di Storia sia al passato (quella nobile che ogni Simbolo conserva) che al futuro.
Ma li vogliamo anche con una rinnovata essenza di libertà.
Brava Grazia, lo sottoscrivo parola per parola.
Armando Pepe