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Recovery Fund. Mezzogiorno, ferrovie, autostrade e banda larga le tre priorità per lo sviluppo

La "Questione meridionale" torna alla ribalta in concomitanza con l'arrivo dei finanziamenti del Recovery Fund: dei 209 miliardi che toccheranno all'Italia, il 40% dovrebbe essere dirottato al Sud

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Giuseppe Caporaso – Ritorna nuovamente con forza la questione meridionale in Italia. In realtà, non è mai scomparsa, ma per alcuni decenni è stata in qualche modo accantonata per poi riesplodere prepotentemente negli ultimi anni.

La fuga di migliaia di giovani qualificati e scolarizzati verso il Nord d’Italia e, ancor più, all’estero è una dinamica ormai costante e inquietante. Un passo indietro visto che la differenza del prodotto interno lordo pro capite tra le aree del Mezzogiorno d’Italia e quelle del Centro Nord è all’incirca uguale a quello che si registrava all’inizio degli anni Sessanta. Per non parlare della disoccupazione, che raggiunge livelli record al Sud.
È sicuramente una questione di risorse limitate inviate in queste aree, ma anche di capacità di spesa, delle annose pastoie burocratiche, di un cattivo o parziale utilizzo dei finanziamenti europei e dei fondi di sviluppo. Aspetti che si collegano e ci fanno riflettere sull’arrivo dei finanziamenti del Recovery Fund varato dai Paesi europei.

Dei 209 miliardi una fetta, circa il quaranta per cento, dovrebbe essere dirottato al Sud. Basteranno per far uscire dalla situazione stagnante le regioni meridionali?
Come saranno utilizzati? Fare arrivare finanziamenti parcellizzati o a pioggia senza puntare su pochi e strategici obiettivi non è sicuramente la strada migliore da percorrere. È avvenuto così per decenni, senza un disegno di sviluppo complessivo del Sud, ma anche recentemente in Italia con la polverizzazione degli interventi post coronavirus. Occorre un cambio di passo e mirare a pochi ma strategici interventi per ridurre il più possibile il gap infrastrutturale tra Nord e Sud d’Italia.

Tre le priorità sulle quali puntare: ferrovie, autostrade e banda larga.
Partire da questi tre caposaldi per cercare di creare un percorso virtuoso di opportunità di impresa tra le giovani generazioni e non solo, di crescita occupazionale attraverso l’arrivo di aziende innovative e di stimolo alla nascita di una imprenditoria capace di sintonizzarsi con le enormi potenzialità ambientali e naturali presenti al Sud. Un pacchetto virtuoso in grado magari di far rientrare nella propria terra coloro che sono partiti anni fa ed ora portatori di un bagaglio di esperienza, professionalità e sicuramente amore per quei territori.

Non è però possibile puntare al rilancio definitivo del turismo senza una adeguata rete infrastrutturale. Un discorso che riguarda non solo le mete più note ma anche borghi, centri, località balneari o montane tutte con una tradizione storica e culturale spesso sconosciuta ai più. Venire incontro, poi, a quelle piccole e medie imprese capaci di realizzare prodotti di qualità in ambito alimentare e artigianale e farle uscire dagli angusti confini locali. Per far viaggiare questi prodotti occorre una logistica basata su binari, strade, vie del mare e flussi aerei.

Un capitolo a parte riguarda la banda larga. Produrre in un piccolo centro del Sud e vendere in tutto il mondo è ora possibile attraverso il commercio on line ma senza una adeguata banda larga si rischia di far naufragare ogni tentativo d’impresa. Nell’ottica, poi, della crescita dello smart working post pandemia si potrebbero intravedere ulteriori opportunità di rilancio di tante aree abbandonate nel Sud. Il costo della vita più basso e la migliore qualità della vita potrebbero essere un richiamo per questi luoghi a patto che la banda larga funzioni realmente.
Indirizzare, insomma, questi finanziamenti europei su pochi e chiari capitoli di spesa in grado di stimolare successivamente occupazione e produttività, idee d’impresa e sburocratizzazione, semplificazione e abbattimento fiscale.

Occorre una visione di sviluppo per il Sud, un po’ come accadde nel dopoguerra con il varo del piano Vanoni. Certo occorrerà vigilare preventivamente affinché questo flusso di denaro europeo arrivi sul territorio e non diventi preda per le organizzazioni criminali. Ostacoli da rimuovere, insomma, non mancano se pensiamo che mediamente per realizzare una infrastruttura sono necessari tra gli otto e i dieci anni. Tempi che ormai non possiamo più permetterci al Sud come al Nord. Così come la lunga attesa per i soldi del Recovery Fund, non prima della primavera 2021.
Bisognerà, allora, essere già pronti con progetti definiti, obiettivi chiari e percorsi stabiliti altrimenti ci ritroveremo con l’ennesima occasione perduta per il nostro Mezzogiorno.

Fonte Agensir

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