Non si arrestano le fiamme sul Matese. Un nuovo incendio si è diramato nel pomeriggio di ieri, domenica 13 settembre, e la zona interessata è di nuovo Monte Cila. Le fiamme, ben visibili dalla strada all’altezza dell’Ospedale civile di Piedimonte Matese, lambivano le abitazioni vicine, dando vita quasi a uno scenario da film.
Per la natura matesina e la popolazione si tratta di un triste déjà vu, dal momento che solo sei giorni fa, era l’8 settembre, ettari di boschi che arridono al capoluogo matesino sono andati in fiamme. (Leggi qui). E oggi, a distanza di pochi giorni, parliamo dell’ennesimo episodio a danno di un paesaggio ricco per fauna e vegetazione, chiedendoci il perché. Intanto, quel che rimane è un insistente odore di bruciato e tanta pena nel cuore per una natura con molta probabilità “minacciata” dalla superficialità di qualcuno.
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Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Ansia di consumare, senza occhi per lo scandalo dello scarto e dello spreco che si agita attorno e distrugge l’ambiente e chi lo abita. Oppure la scelta di un altro sguardo, depurato dalla fretta, che decide di farsi carico in prima persona dei problemi dell’uomo e della terra. Uno sguardo che non cerca scuse, simile a quello del Buon Samaritano che “si prende cura di quel malcapitato che neppure conosce”. Il Papa ripete questi concetti ancora una volta a chi ha scelto di vedere e agire secondo il principio dell’”ecologia integrale” spiegato nella sua Enciclica Laudato si’.
Lavoriamo per il domani di tutti
E “Laudato si’” è anche il nome di quelle Comunità ricevute stamattina in Aula Paolo VI, nate su idea del vescovo di Rieti, Domenico Pompili, e di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food”, entrambi giorni fa in Vaticano per la presentazione del libro “TerraFutura”, in cui il Papa e lo stesso Petrini conversano su queste tematiche. “L’incuria del creato e le ingiustizie sociali si influenzano a vicenda”, afferma subito Francesco, che soggiunge: “Si può dire che non c’è ecologia senza equità e non c’è equità senza ecologia”.
Serve la volontà reale di affrontare alla radice le cause degli sconvolgimenti climatici in atto. Non bastano impegni generici – parole, parole… – e non si può guardare solo al consenso immediato dei propri elettori o finanziatori. Occorre guardare lontano, altrimenti la storia non perdonerà. Serve lavorare oggi per il domani di tutti. I giovani e i poveri ce ne chiederanno conto. E’ la nostra sfida. Prendo una frase del teologo martire Dietrich Bonhoeffer: la nostra sfida, oggi, non è “come ce la caviamo”, come noi usciamo da questo; la nostra sfida vera è “come potrà essere la vita della prossima generazione”: dobbiamo pensare a quello!
Contemplare vuol dire agire
Lo sguardo di chi vuole sul serio amare l’ambiente secondo il Papa ha due caratteristiche: è capace di “contemplazione” e quindi di “compassione”. Nel primo caso la disamina parte da una constatazione. “Oggi, la natura che ci circonda – afferma Francesco – non viene più ammirata, ma ‘divorata’ (…) Lo sguardo sulla realtà è sempre più rapido, distratto, superficiale, mentre in poco tempo si bruciano le notizie e le foreste”.
Malati di consumo. Questa è la nostra malattoan! Malati di consumo. Ci si affanna per l’ultima “app”, ma non si sanno più i nomi dei vicini, tanto meno si sa più distinguere un albero da un altro. E, ciò che è più grave, con questo stile di vita si perdono le radici, si smarrisce la gratitudine per quello che c’è e per chi ce l’ha dato. Per non dimenticare, bisogna tornare a contemplare; per non distrarci in mille cose inutili, occorre ritrovare il silenzio; perché il cuore non diventi infermo, serve fermarsi.