Questa mattina su Avvenire, il quotidiano dei Vescovi Cattolici italiani, nell’inserto locale a cura della Diocesi di Sessa Aurunca, una riflessione del vescovo Mons. Orazio Francesco Piazza, amministratore apostolico di Alife-Caiazzo sui temi di dialogo e amicizia sociale.
È l’enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti” a suscitare la riflessione del Vescovo sugli stili per realizzare “comunione” e “coesione”.
E quale ruolo gioca la comunicazione di fronte all’urgenza di congiungere i pezzi delle relazioni umane, i contatti, gli sguardi, i confronti?
Pubblichiamo un estratto.
Dialogo e amicizia sociale; due condizioni ineludibili per realizzare comunione e coesione, ma, anche, due metodi per dare concretezza e coerenza ai vari sforzi per cercare di realizzarle. In trasparenza si legge che la vita deve essere «arte dell’incontro» con tutti, anche con le periferie del mondo e con i popoli originari, perché «da tutti si può imparare qualcosa e nessuno è inutile» (215).
Il vero dialogo, infatti, è quello che permette di rispettare il punto di vista dell’altro, i suoi interessi legittimi e, soprattutto, la verità della dignità umana. Non è relativismo: questo sarebbe solo una legittimazione passiva, senza oneri, di ogni punto di vista. Al contrario, dialogo e amicizia sociale impongono la reciprocità dell’ascolto, dell’accoglienza, del confronto rispettoso. Infatti, il relativismo non è certo una soluzione – si legge nell’enciclica – perché senza principî universali e norme morali che proibiscono il male intrinseco, le leggi diventano solo imposizioni arbitrarie (206). In quest’ottica di dialogo e di reciproca disponibilità, un ruolo particolare spetta certamente ai media che, senza sfruttare le debolezze umane o tirare fuori il peggio di tutti, devono orientarsi all’incontro generoso e alla vicinanza agli ultimi, promuovendo la prossimità ed il senso di famiglia umana (205).
Soprattutto oggi, in una realtà frammentata e complessa, dove l’individualità fatica a riconoscersi nella trama sociale e comunitaria, si avverte la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” del vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea di frammenti che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà: tra tutti. Se solo si decidesse di applicare questi metodi e condizioni, dialogo e amicizia sociale, sarebbe l’inizio di una inversione di atteggiamenti e di stili di vita: un modo di impostare la vita in cui reciprocità e condivisione sarebbero pilastri solidi per una umanità rigenerata e pronta ad affrontare le inevitabili complessità. Uscire da sé stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in sé stessi significa assaggiare l’amaro veleno dell’individualismo, con cui l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica che facciamo. Singolare il richiamo del Papa al «miracolo della gentilezza»: un’attitudine da recuperare perché è «una stella nell’oscurità» e una «liberazione dalla crudeltà, dall’ansietà e dall’urgenza distratta» che prevalgono in questo tempo. Di fatto, l’amicizia e il dialogo tra i cittadini sono un bene superiore alla stessa giustizia: nella città non si deve solo volere il rispetto rigido dei propri diritti e di quelli altrui, ma si deve avere quel di più di benevolenza verso gli altri e di concordia che facilita la vita comune.
L’amicizia sociale e il dialogo sono via per «sognare e pensare ad un’altra umanità», seguendo la logica della solidarietà e della sussidiarietà, per superare la inequità particolare e planetaria già denunciata nella Laudato si’. La pace e la coesione sono possibili, infatti, «solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana».
Amicizia solidale e comunicazione
Giovanni Crisostomo (354-407) già segnalava la scomparsa dell’autentico concetto di amicizia: «Non parlarmi degli amici di oggi, perché dopo la scomparsa degli altri valori, anche questo non c’è più». Sembra che nulla sia mutato. Nell’amicizia cristiana il rapporto interpersonale viene esteso all’umanità intera attraversata da un amore fraterno che unisce gli uomini tra loro e questi con Dio. Il valore dell’amicizia sociale si integra con quello della carità. In questa dinamica si ricompone la trama delle relazioni e si consolidano i rapporti ecclesiali e sociali. Sarebbe necessario che questa dinamica divenisse anima del Web dove i rapporti interpersonali «sono stati sostituiti dalle connessioni», via più semplice nello stabilire incontri, ma meno impegnata a dare solidità e qualità ai rapporti. Infatti, «mentre i legami richiedono impegno, “connettere” e “disconnettere” è un gioco da bambini». Bauman e Fromm sostengono che in una società malata i sentimenti di amore e di amicizia fanno fatica a costituirsi: «la soddisfazione, nell’amore individuale, non può essere raggiunta senza la capacità di amare il prossimo con umiltà, fede, coraggio».
Da Avvenire, domenica 18 ottobre 2020