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La preghiera che accende la prima luce del Natale. La novena dell’Immacolata nel racconto di un bimbo poi diventato sacerdote

Ricordi e testimonianza di fede nelle parole di don Emilio Meola sulla novena dell'Immacolata

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Il nostro Natale inizia tra poche ore, con il sovrapporsi di Novene verso la solennità dell’Immacolata. Ogni comunità ha la sua tradizione, solida e preziosa di invocazioni, litanie, suppliche alla Vergine, talvolta senza neppure sapere il perchè, senza nemmeno ricordare da dove hanno avuto inizio. Ma si custodiscono gelosamente, come quella vena d’acqua che attraversa le falde e non si vede, ma che porta vita ai rami. Fa il suo corso, senza tempo, ma guai ad interromperne il cammino, guai a sporcarla…
A raccontarci il valore di questa novena, tra quelle più celebrate, è don Emilio Meola, parroco di San Marcello e San Michele a Piedimonte Matese (Sepicciano). 

Emilio Meola – Tra i ricordi più belli della mia infanzia e adolescenza, ritrovo il mese di dicembre.
Era il mese nel quale iniziavo a pensare e a preparare il presepe  pregustando la gioia del vicinato, quando la notte di Natale , prima o appena dopo cena (per fortuna non esisteva la tradizione del moderno cenone, ma un sobrio pasto in attesa di recarsi alla messa di mezzanotte) facevamo “nascere il bambino” con una piccola processione che partiva dal presepe (da me preparato con attenzione e fantasia) e si snodava nella stradina esterna per poi terminare di nuovo davanti alla al presepe con la deposizione della statuina di Gesù Bambino nella greppia.
Il percorso , animato dai caratteristici canti natalizi (oggi pare siano andati in disuso persino all’interno delle nostre liturgie), era caratterizzato dai piccoli botti, ma soprattutto dalle scintillanti stelline dei bengali.

Se questo era il classico punto di arrivo, il tempo che precedeva e preparava era caratterizzato da non meno momenti, che in quel tempo pensavo fossero semplicemente “emozioni” ma oggi a riguardarli e a ripensarli erano pregni di parole e gesti che aiutavano i fedeli a riscoprire il senso e la bellezza delle due solennità dicembrine.

La prima era senza dubbio quella dell’Immacolata Concezione. A questa festa ci si preparava (come per altre) con la novena. Alle sei del mattino si usciva dalle case avvolti in panni caldi che servivano ad addolcire il rigore del gelo mattutino, ma anche per ripararsi dal freddo che regnava sovrano in Cattedrale (non vi era il “riscaldamento” tanto necessario al tempo d’oggi).
Subito dopo il rosario iniziava la novena che per quell’occasione era cantata dalla cantoria dell’organo a canne.
Mons. Cinotti suonava e noi ragazzi delle scuole medie (alcuni sono miei stimati confratelli) cantavamo a più voci. Il momento più bello era tuttavia quello della comunione eucaristica.
Mentre ancora il sacerdote era all’altare e si preparava a scendere i gradini per la distribuzione iniziava il canto: Kyrie eleison… Sancta María. Ora pro nobis… Sancta Dei génetrix, Sancta Virgo vírginum.
Mi chiedevo ogni volta cosa volesse significare quell’elenco interminabile di attributi mariani cantati al momento della comunione, cosa centrasse la Madonna con l’Eucaristia.

Oggi comprendo che forse volesse ricordare a noi tutti che quel corpo ricevuto era lo stesso che Maria aveva non solo partorito ma anche donato all’umanità  (Ave Verum Corpus natum de Maria Virgine) e che quei titoli attribuiti alla Madre forse riguardavano anche il Figlio.
La novena in ogni caso consisteva nella lettura di una preghiera con il relativo canto che sintetizzavano tutta la teologia mariana rendendola appetibile e comprensibile anche ai meno acculturati.  Oggi forse questo tipo di liturgia popolare farebbe storcere il naso a qualche dotto liturgista.

Era il canto dello sposo per la Sposa, del figlio alla Madre, del fratello alla Sorella che sgorgava felice e sereno dal cuore nobile e semplice di colui che sa chiedere e confidare, senza troppo interrogarsi ma semplicemnte fidarsi, consegnando i propri progetti, i propri pensieri e i propri sguardi a Colei che tutto comprende con amore di madre e tutto consegna – trasfigurato dall’Amore – al cuore del Figlio, perché possa ritornare benedetto e moltiplicato dalla mani del Padre, per mezzo dello Spirito, tra le mani  dell’uomo.

La novena, dunque, quei nove giorni sospesi tra il buio della notte e il chiarore dell’alba, ci ricordano la venuta del Messia nella storia, ma anche la disponibilità di una madre capace di rinunciare al proprio figlio per poterlo donare all’umanità.

Ancora oggi quando la tenerezza di Dio sembra venire meno nella mia vita e l’ombra del dubbio serpeggia nella coscienza e nella mente, riecheggia quella dolce melodia che mi riporta a giorni sereni e spensierati ma che mi ridà certezza e gioia nel mio ministero: essere prete annunciatore delle meraviglie di Dio che continua a tessere le trame della  mia vita nel rispetto della mia libertà e della mia volontà: Kyrie eleison…Sancta María. Ora pro nobis Sancta Dei génetrix, Sancta Virgo vírginum…


Nella Diocesi di Alife-Caiazzo la preghiera della Novena (i programmi)
Parrocchia San Sebastiano Martire, Valle Agricola
Parrocchia Santa Maria delle Grazie, San Gregorio Matese
Parrocchie di Alvignano
Parrocchia Santa Maria Maggiore, Piedimonte Matese
Parrocchia Ave Gratia Plena, Piedimonte Matese

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