Da doomani in tutte le parrocchie della Diocesi di Alife-Caiazzo, e in tante altre chiese italiane entrerà in uso il nuovo Messale Romano.
Non cambia la messa, ma cambiano alcune formule e alcune traduzioni: un lavoro che si inserisce nel solco del Concilio Vaticano II che vuole la Chiesa e gli uomini in cammino insieme, a parlare lo stesso linguaggio, a condividere la stessa festa che nella celebrazione eucaristica tocca il suo punto più alto.
Sono stati due gli appuntamenti curati dall’Ufficio liturgico diocesano a cura di don Antonio Di Lorenzo in cui – incontrando i catechisti, i ministri dell’eucarestia e alcuni membri delle corali parrocchiali – è stata presentata la novità che da domani (ma obbligatoriamente dalla domenica di Pasqua) accmpegnerà tutto il popolo di Dio della Chiesa italiana.
Presente anche il vescovo Mons. Orazio Francesco Piazza, amministratore apostolico, al momento di confronto che si è tenuto sul web, perchè vietati gli incontri in presenza: dalle sue parole l’invito non solo ad evidenziare domani in tutte le celebrazioni la presenza del nuovo Messale portandolo all’altare solennemente, ma poi ad “accogliere questo momento significativo nella vita della Chiesa come l’occasione per ritrovare nell’Eucarestia il luogo di approdo e di ripartenza per ogni scelta di vita, per ogni azione quotidiana. Il dono del Messale dovrebbe rinfocolare in noi tutti la gioia di trovarci insieme intorno alla Mensa e di sentire il respiro universale dell’essere chiesa“.
Mons. Piazza si è soffermato sul valore della condivisione nella Chiesa, a partire dal bel momento formativo riservato ai contenuti e alla storia di questa nuova edizione della Messa per finire nella condivisione della preghiera e della missione che chiama tutti, nessuno escluso ad agire liturgicamente, secondo le parole celebrate.
Quella di domani sarà una data che – in un tempo di crisi e di necessarie distanze – torna a riunire i credenti in Cristo, offre a tutti – grazie alla condivisione che in questi giorni si sta facendo sulle novità che ci attendono – il sapore di parole ascoltate, pronunciate, pregate, restituite a tutti, e a tutti affidate.
“Il Messale non è il libro del prete” lo ha dichiarato più volte Mons. Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta e presidente della Commissione episcopale per la liturgia della Cei, ed è divenuto uno slogan che vuole sfatare ancora la visione di una separazione tra presbiteri e laici nella celebrazione.
A tal proposito, sulle parti della messa, sul loro valore e le parole che cambiano, i due incontri diocesani hanno voluto evidenziare quanto la partecipazione assembleare (sacerdote e fedeli insieme) sia l’unicum, sia la festa del banchetto per tutti, e ad ognuno ne è affidata la stessa cura, in particolare a quanti partecipano nelle comunità parrocchiali con ruoli pastorali specifici.
Formule, gesti, ritualità. Cosa cambia in concreto?
Il lavoro di revisione del Messale ormai si lascia alle spalle e va rarefacendo il ricordo delle messe in latino dei nonni in cui erano pochi a comprendere quanto avvenisse sull’altare… «Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa» (SC 26): a questo voleva arrivare (e oggi ci riesce) la costituzione conciliare sulla liturgia Sacrosanctum Concilium di Paolo VI affermando che «la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di
fede, ma che, […] offrendo la vittima senza macchia, imparino ad offrire se stessi » (SC 48).
1973, 1983, 2020 sono queste le tappe che oggi ci restituiscono modifiche a preghiere come il Signore Pietà, Confesso, Gloria, Preghiere eucaristiche, Padre nostro, Agnello di Dio… frutto anche della traduzione della Bibbia (a cura della Conferenza Episcopale italiana) avvenuta nel 2008.
E in futuro cosa dovremo attenderci? La Chiesa non smette di guardare in avanti e di scrutare i segni dei tempi: cambiano i linguaggi, cambia il modo di entrare in relazione. La Chiesa c’è ma non imporvvisa le sue scelte, e accompagna il cammino della Storia leggendo sapienzialmente le soluzioni e continuando ad edficare ponti.
Confesso. Si evidenzia una maggiore attenzione ad un linguaggio inclusivo di genere maschile e femminile che ritroveremo sempre dove il secondo messale si rivolgeva ai soli «fratelli».
Kyrie. La formula Signore petà è abolita. Si dà priorità all’espressione greca – lingua originale dei vangeli – da sempre utilizzata nella Editio Typica Latina.
D’altra parte nella messa troviamo già altre espressioni in lingua originale come come:Alleluia , Amen, Osanna…
Gloria. Si predilige una maggiore fedeltà al testo biblico di riferimento «pace agli uomini, che egli [Dio] ama» (Lu 2,14), che per esigenze di musicalità diventa «amati dal Signore».
Padre nostro. La nuova traduzione della Bibbia della CEI del 2008 evita che si possa immaginare un Dio tentatore.
Pace. Si sottolinea che la pace , ancor prima di essere un «segno »,è un « dono » di Dio Dio.
Agnello di Dio. Prima di tutto si invoca l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, e poi si fa un riferimento più esplicito ad Apocalisse 19,9 19,9: «Allora l’angelo mi disse disse: “Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello dell’Agnello!”»