Costantino Leuci – In questi tempi di pandemia e di grande attenzione data (finalmente) alla scienza anche dai media mainstream e dai social, il grande pubblico ha spesso sentito parlare di riviste scientifiche, come fonti di informazione qualificata e di discussione sui temi più urgenti della situazione che stiamo vivendo.
Certo, si tratta di pubblicazioni specialistiche, curate da ricercatori e scienziati, rivolte innanzitutto ad un ambito qualificato, ma non sono saggi o trattati che richiedono necessariamente nozioni specifiche e consuetudine con i temi affrontati. Contengono, invece, articoli abbastanza contenuti nelle dimensioni e utilizzano, spesso, linguaggi non proprio “ermetici”, per cui anche il lettore medio, se mosso (come appunto sta accadendo oggi) da una esigenza forte e pressante di capire questione decisive per la propria vita, può approcciare la lettura di alcune di queste riviste.
C’è la rete, certo, dove si possono ritrovare e consultare, più o meno gratuitamente, ma ci sono anche sistemi più tradizionali, come recarsi in una buona biblioteca e farsi consigliare. Noi matesini, questa opportunità, ce l’abbiamo vicina: è la Biblioteca Diocesana di Piedimonte Matese, che offre una discreta scelta di titoli e addetti capaci di suggerire scelte giuste e che attraverso questa rubrica RiVISTE per voi, trova un ulteriore canale di contatto con il territorio.
Medicina e Morale
Ad esempio, il lettore interessato può trovare Medicina e Morale, rivista internazionale di bioetica pubblicata dall’Università Cattolica sin dal 1951, quando Padre Agostino Gemelli presentò il primo articolo, e diretta oggi da Antonio G. Spagnolo che firma proprio l’editoriale dell’ultimo numero del 2020, dal titolo subito intrigante: Mortui vivos docent, I morti insegnano ai vivi. Questa frase si può trovare scritta all’ingresso di alcuni anfiteatri anatomici o sale settori e di storiche università, quei luoghi cioè dove si effettuano dissezioni di cadaveri a scopo didattico. E infatti, l’articolo riguarda proprio il tema della disponibilità di cadaveri a scopo di studio anatomico, un tema antico che ci riporta ad esempio agli aneddoti riguardanti Leonardo da Vinci, il quale pagava qualcuno perché gli portasse corpi appena sepolti al fine di sezionarli e studiare l’anatomia e la fisiologia umana. Ebbene, forse pochi sanno che solo con una legge del marzo di quest’anno, che aspetta peraltro ancora i decreti attuativi, è possibile in Italia la scelta di donare post mortem il proprio corpo per finalità di studio. Finora era possibile destinare a tali scopi solo i cadaveri non reclamati dai congiunti fino al sesto grado di parentela o i corpi provenienti da accertamenti medico-legali non reclamati dai parenti. Una dotazione insufficiente che non poteva essere integrata solo con i programmi di dissezione simulata, anche in questo caso la realtà virtuale non riesce a sostituire l’esperienza dal vivo…per così dire. Certo, è un tema sensibile, che interroga dimensioni profonde del nostro essere: fede religiosa, condizionamenti psicologici, fattori culturali e, non ultimi, risvolti giuridici, che nell’articolo vengono affrontati e valgono il tempo utilizzato per la lettura.
Così come li valgono due articoli presenti in questo numero, che toccano un unico tema ma da due angolazioni diverse: il contributo di Cinzia Caporale e di Roberta Martina Zagarella, che s’intitola L’argomentazione medico-paziente. Il problema della comunicazione dal punto di vista retorico e bioetico e quello di Sara Roggi e Mario Picozzi ovvero La phronésis ricoeuriana: una rilettura di futilità e proporzionalità nei casi di fine vita.
Il primo tratta il tema delicatissimo della comunicazione medico-paziente, proponendoci un superamento non solo del tradizionale approccio paternalistico, ma anche del modello di comunicazione unidirezionale, nel quale il curante assume una deliberazione e ne informa semplicemente il paziente, sia per ragioni etiche che giuridiche. Le autrici invece pensano che tra i due soggetti debba instaurarsi un’alleanza, che può nascere solo all’interno di una relazione, nella quale la comunicazione si avvalga di forme argomentative e retoriche tali da coinvolgere profondamente il malato nella decisione da prendere, la quale in questo modo ha molte più possibilità di riuscita. Chi scrive conosce bene questa esigenza e, mutatis mutandis, cerca di fare questo lavoro quotidianamente, per instaurare una relazione insegnante-allievo che è l’unica possibilità di aiutare i ragazzi a realizzare apprendimenti veri e duraturi.
Il secondo articolo riflette sul rapporto tra etica e decisione, in quelle esperienze definite “dilemmatiche”, nelle quali il medico si trova a dover scegliere non “tra il bianco e il nero ma tra il grigio e il grigio” ovvero in quelle regioni in cui la legge morale universale deve lasciare il passo a valutazioni in situazione. Per questo, gli autori propongono una interessante rilettura, fatta dal filosofo francese Paul Ricoeur, del concetto aristotelico di phronésis e da lui tradotta con il termine prudence. Si tratta di una stimolante riflessione anche sulla radicale fragilità e tragicità della condizione umana, difronte alla quale però, il saggio (sia esso il medico o l’uomo tout court) “non soccombe, ma trova energia per costruire con l’altro la decisione e, in un certo senso, l’attestazione della sua esistenza”.