Valentino Di Cerbo, vescovo – Il trentesimo anniversario della morte di S.E. Mons. Angelo Campagna (1923-1990) rappresenta una preziosa occasione per ricordarlo e per riflettere sul significato del suo episcopato nella Diocesi di Alife-Caiazzo, di cui divenne il primo Vescovo nel 1986.
L’ho conosciuto personalmente nella seconda metà degli Anni Ottanta, quando, incaricato dal Comitato per il riconoscimento degli Istituti di Scienze Religiose della CEI, di cui ero membro, mi recai a Piedimonte Matese per ispezionare quell’Istituto diocesano. Nel programma era prevista anche la visita al Vescovo. Fu cosi che incontrai Mons. Campagna, dopo aver atteso qualche minuto, perché arrivava da Caiazzo e perché problemi di deambulazione rendevano lento e faticoso per lui raggiungere l’episcopio, al secondo piano del Palazzo. Fu un incontro molto bello e cordiale, mi trovai di fronte ad una persona gentile e accogliente che, dopo aver affrontato brevemente l’oggetto del nostro incontro, alla fine mi raccontò del suo ministero di prete della Diocesi di Salerno, dell’allora Arcivescovo, Mons. Gaetano Pollio, della nomina a Vescovo chiesta dal suo Ordinario come “premio” per l’ impegno e la paziente tessitura di buoni rapporti tra un Pastore molto determinato e le esigenze del clero salernitano. Mi parlò anche con serenità delle difficoltà incontrate ad Alife-Caiazzo, manifestandomi la sua premura per la diocesi da poco istituita, che gli era stata affidata. Mi rimasero impressi il suo sorriso, la sua semplicità e la sua voglia di far crescere la Chiesa in un territorio che finalmente riaveva il Pastore, dopo essere stato a lungo amministrato come trascurabile appendice di altre circoscrizioni ecclesiastiche.
Divenuto Vescovo di Alife-Caiazzo, ho compreso meglio la figura e l’opera preziosa di questo mio Predecessore, chiamato a “rifondare” la Chiesa in un territorio periferico, dove le Amministrazioni Apostoliche avevano fatto perdere il senso dell’identità diocesana, faticosamente costruito per secoli da bravi e zelanti Vescovi e da figure sacerdotali e laicali di tutto rispetto. Mons. Campagna lavorò molto per costruire questo senso di appartenenza, senza proclami, ma vivendo molto tra la gente e facendo partire tutte quelle iniziative necessarie per riavviare la vita diocesana. Questa aveva bisogno innanzitutto di recepire i decreti e gli orientamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, sulla linea di quanto in quegli anni stavano facendo tutte le diocesi italiane. Mons. Campagna riorganizzò la Curia e le strutture amministrative diocesane, promosse i Convegni diocesani, il piano pastorale, la recezione del nuovo modello di catechesi e dei nuovi catechismi, la formazione permanente dei Sacerdoti, la crescita del laicato… Accanto a queste iniziative, curò molto la riscoperta delle radici storico-culturali della Diocesi e del Territorio, recuperando documenti e manufatti dispersi o caduti in oblio. Si impegnò anche a provvedere la diocesi e alcuni territori di necessarie strutture pastorali. Avendo trovato un Clero insufficiente (negli anni delle Amministrazioni Apostoliche ci erano state pochissime ordinazioni) e non omogeneo, cercò di curare molto la pastorale vocazionale, accettando in diocesi anche sacerdoti che non sempre corrisposero ai suoi progetti.
In un appunto del suo Successore, Mons. Nicola Comparone, ho avuto la conferma del fatto che non sempre il presbiterio diocesano si è lasciato pienamente coinvolgere nel raggiungimento degli obiettivi pastorali da lui indicati e, come capita spesso ai Vescovi, ha dovuto affrontare diverse questioni e contrasti proprio con alcuni Sacerdoti, come ho potuto capire anche da alcuni faldoni corposi trovati nell’Archivio del Vescovo e da voci ricorrenti, raccolte tra il Clero e la gente.
Ma a distanza di tre decenni, Mons. Campagna continua ad essere ricordato dalla gente come un uomo buono, umile e gentile, un “uomo di Dio” contento e appassionato, “un pastore con l’odore delle pecore”, un vescovo che “stava al chiodo”, tutto concentrato sul bene della Diocesi che il Signore gli aveva affidata (che percorreva in lungo e il largo alla guida della sua Centoventisei), una persona con grandi capacità di mediatore, ma intransigente soltanto quando c’era da promuovere o da difendere un bene spirituale maggiore. Svolse la sua missione di Vescovo senza enfasi e inutili orpelli, ma col cuore di un buon parroco che non si arrende di fronte alle difficoltà, ma infonde fiducia e coraggio, animato dall’ottimismo della fede.
Mi venne subito in mente il suo nome, quando si trattò di intitolare il Centro Diocesano per la Famiglia. A chi altri infatti, si sarebbe potuta intitolare un’ “opera segno”, progettata in occasione del XXV della Diocesi, che voleva testimoniare la premura della Chiesa locale per i poveri, le persone e soprattutto le famiglie in difficoltà, se non a Colui che aveva amato questa Chiesa, per la quale si era speso fino all’ultimo, che era stato vicino alle famiglie e ai poveri, aveva seguito come un padre tanti giovani, era stato onnipresente in ogni momento della vita diocesana e delle parrocchie, per portare ovunque il suo sorriso, la sua paternità e la sua bontà sincera? Altri proponevano nomi più illustri e prestigiosi che però non si erano spesi come lui per la nostra diocesi nel corso degli anni 1978-1990, soprattutto tenendo conto che il suo zelo e la sua passione non si sono affievoliti, né spenti neppure quando, negli ultimi tempi, la malattia costringeva al quasi immobilismo il suo fisico, ma non certamente il suo cuore di Pastore.
Con il Clero di Alife-Caiazzo qualche anno fa siamo stati a visitare la sua Tomba, ora sistemata in una piccola Chiesa periferica del Suo paese natale, Montecorvino Pugliano (SA) (vedi articolo, ndr). Quella modesta sepoltura, benché sia in sintonia con lo stile di vita dell’uomo, mi ha fatto tenerezza. Mi è venuto da pensare che forse il suo posto sarebbe dovuto essere nella sua Cattedrale di Alife, nel contesto che lo ha visto donare la sua vita per i fratelli, sull’esempio del suo Signore Gesù Cristo, a testimonianza di un amore che ha fecondato e continua ad essere riferimento forte per la Chiesa di Alife-Caiazzo.