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Commento al Vangelo della III domenica di Avvento. Tra di noi c’è qualcuno che non conosciamo: Gesù

Commento al Vangelo della III domenica di Avvento, Gaudete

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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano

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III domenica di Avvento, anno B
Is 61,1-2.10-11; Cant. Lc 1,46-50.53-54; 1Ts 5,16-24; Gv 1 6-8.19-28

L’Avvento certo è tempo di attesa ma di un’attesa nella gioia…siamo alla domenica Gaudete, detta così dall’incipit dell’Antifona di ingresso tratta dalla Lettera ai cristiani di Filippi di Paolo: «Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi» (cfr Fil 4,4-5), e tutto è pervaso da questo senso di gioia; il rosaceo dei paramenti che oggi si indossano per la liturgia ci mostra il colore dell’aurora di quel giorno nuovo e pieno di luce verso cui la storia è incamminata, il giorno del Signore che viene.

La Chiesa è chiamata sempre a mostrare questa gioia, una gioia che ha radici salde nell’evento Gesù e che ha le ali forti della speranza che la conducono verso quella meta luminosa che è il ritorno del Signore che tutto porterà a pienezza e compimento.

Il canto del Libro di Isaia, che è oggi la prima lettura, deve diventare canto della Chiesa: è lei che deve sapere con gioia che lo Spirito del Signore è sopra di lei e che è consacrata con l’unzione; è lei che solo così può portare l’evangelo agli uomini e soprattutto a quelli curvati e senza speranza; è lei che è rivestita di vesti di salvezza, che è salvata dalla misericordia di Colui che l’ha visitata e la visita, di Colui che verrà a dare volto di senso definitivo a tutta la storia.

La Chiesa può essere allora davvero sempre lieta, come scrive Paolo ai cristiani di Tessalonica e, in quella letizia, annunzierà la speranza, porterà la gioia alla terra ed indicherà Colui che è presente misteriosamente nell’oggi e che tornerà al momento stabilito.

La Chiesa oggi riceve un modello del suo stato di Avvento nella figura straordinara del Battista. Lo incontriamo nella pagina giovannea che oggi costituisce l’Evangelo di questa domenica. Per il Quarto Evangelista il Battista non è tanto il Precursore (come nei sinottici) ma è il Testimone. Testimone di cosa? In primo luogo della fedeltà di Dio che mantiene le sue promesse; è dunque testimone della luce che è più forte delle tenebre che in tanti giorni sembra che vincano; è testimone quindi di una presenza nascosta ma vera.

Dobbiamo dircelo nella verità: se noi, Chiesa di Cristo, non mostriamo al mondo il volto della gioia per aver incontrato Gesù il Messia, il volto della gioia per aver sentito su di noi l’amore gratuito e preveniente di Dio che ci perdona, ci sana e ci dona, in Gesù, grazia e verità (Cf.Gv 1,17), non potremo annunziare la Lieta Notizia, l’ Evangelo…non saremo mai credibili senza gioia.

La letizia a cui oggi la liturgia ci invita non è quell’allegria spensierata di chi non vede il male (o non gli interessa in quato non lo tocca direttamete!) e gode di un passeggero benessere perché tutto al momento gli va bene; no! D’altro canto in questo momento storico mondiale in cui la pandemia ci sta inchiodando a terra tra paure, impotenze, distanziamenti, incertezze e la ridda di notizie che ogni giorno ci martellano e ci disorientano in una follia irresponsabile in cui tutti dicono tutto e il contrario di tutto, questa gioia banale sarebbe di per sé impossibile … La letizia di cui si parla oggi nella liturgia della Chiesa è qualcosa di altro, profondo, che ha radici nella certezza di una presenza di Dio che ci accompagna e che ci sostiene sempre; che ci rafforza per attraversare il buio ed anche il dolore e perfino la morte; è la letizia di sapere che tutto ha un senso e che la nostra stessa vita è incanalata nella verità e che quindi ha senso; è la letizia di sapere perchè si vive e di sapere perchè morire, è la letizia di sapere la direzione del cammino da percorrere e per cui lottare.

Il Battista è un uomo certo austero ma è un uomo di letizia perchè è uno che sa tutte queste cose, le sperimenta e le proclama. Mi pare proprio che la pagina di Giovanni che abbiamo letto ci mostri proprio un uomo così: lieto nella certezza di essere nell’obbedienza alla sua vocazione e lieto di gridare una presenza che va oltre ogni speranza.

Le sue parole oggi ci raggiungono e ci interpellano: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete»!
Quante volte questo è drammaticamente vero e perfino nella vita della Chiesa!
Quanta povertà nelle nostre vite ecclesiali proprio per questo sonno della coscienza!

Noi cristiani viviamo, possiamo dirlo, “gomito a gomito” con Dio e non ce ne accorgiamo; Lui è presente, sta nel cuore dell’uomo (nel mio cuore!), sta negli eventi della storia, sta nell’esistenza quotidiana, sta negli incontri che facciamo, sta nella sua presenza eucaristica, sta nell’amore di tanti uomini e donne che lo cercano e lo mostrano con il loro amore che sa sporcarsi le mani, è presente nella fraternità che tanti lottano per vivere nel quotidiano delle loro vite credenti …

Se ce ne accorgessimo esploderebbe subito la gioia, quella vera…quella che è solo di Cristo (Cf. Gv 15,11); quella gioia che il Battista aveva nel cuore e che l’ha reso testimone dell’Avvento di Dio nel mondo!

Oggi la Chiesa deve ritrovare questo ruolo di annunziatrice della gioia con la gioia, di speranza con la speranza, di presenza di Dio lsciandosi afferrare giorno per giorno da quella presenza che oggi salva e che è promessa per il futuro.

Una Chiesa in continuo stato di Avvento è una Chiesa nella gioia. Questo nostro tempo che è ingrigito dalla malinconia per questa malattia che ha afferrato l’umanità, ha bisogno di una luce di gioia che noi possiamo e dobbiamo dare non per un generico “Andrà tutto bene!” ma perché Gesù è il Signore fedele anche nelle nostre infedeltà e che tornerà! Noi lo aspettiamo! Noi lo aspettiamo? Se lo aspettiamo davvero saremmo uomini e donne di gioia.

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