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RiVISTE per voi. Europa al bivio tra uguaglianze e disgregazione. Una buona lettura sul tema è nella Biblioteca diocesana

Per la rubrica "RiVISTE per voi" un'attenta analisi sull'Europa e le sue contraddizioni, politiche, economiche e sociali, emerse forti in questi mesi di pandemia.

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«La grande opportunità offerta dalle ICT comporta un’enorme responsabilità di comprenderle e utilizzarle nel modo giusto». Lo afferma il filosofo Luciano Floridi nel suo lavoro capitale The fourth revolution (2017) in cui elabora un’originale disamina dei rapporti che intercorrono tra etica dell’informazione e nuove tecnologie. Ne emerge subito il tema della complessità del presente e della difficoltà di ricavare conoscenza e un discorso funzionale nel mare magnum dell’informazione presente on line in ogni campo dei saperi. Ed è qui il ruolo dei servizi bibliotecari si configura in maniera nuova, in particolar modo l’assistenza nella ricerca. Proprio in questa contingenza le riviste si ritrovano al cospetto della possibilità di un originale rilancio. Allorché dall’avvento di internet, il lavoro intellettuale si è ritrovato in questo scenario che deve necessariamente fare i conti con una mole immensa di informazioni, rendendo così labilissimi i confini tra le qualità delle fonti e i livelli di autorevolezza dei testi. Le riviste possono quindi tornare a fare il lavoro d’inizio Novecento: orientare e conferire un approccio olistico alla conoscenza.

Il Mulino
Luca Di Lello –
Il bivio in cui si trova l’Europa è il tema portante del n.5 2020 del il Mulino. La rivista presenta in copertina una vignetta con la cartina della Germania e la cancelliera Merkel con lo sguardo rivolto lontano, vestita di rosso e seduta su un pezzo di Muro. La stessa che pochi giorni fa ha stroncato le critiche della destra ribadendo in tono chiaro e stentoreo: «Se il prezzo da pagare sono 590 morti al giorno allora questo non è accettabile secondo me e quindi dobbiamo rafforzare le limitazioni». Ed è proprio questa posizione assunta, in questa contingenza, il perno attorno al quale la rivista struttura la disposizione dei testi del numero. Al centro c’è la prestigiosa firma di Jurgen Habermas col suo contributo dal titolo esplicativo: La seconda occasione. La svolta europea di Angela Merkel e il processo di unificazione tedesca. La pandemia ha presentato dunque all’Europa l’opportunità di una svolta epocale: trovare in un’azione politica solidale nei confronti dei paesi maggiormente colpiti l’occasione di una forte accelerata del processo di integrazione europea. E così, con la lotta alle disuguaglianze, con il green new deal e con l’innovazione. Da un lato quindi questa prospettiva di progresso sociale e politico sotto l’egida di un’Europa forte, dall’altro la disgregazione della stessa. Scenario sul quale l’exploit dei nazionalismi riesce a gettare un’ombra sinistra. Il momento è dunque importantissimo. Tanto quanto i giorni dell’unificazione tedesca – di cui ricorre il trentennale – posero le basi dell’unione monetaria.

La riscossa dei nazionalismi è il leitmotiv dell’intero numero: nella rubrica 30 anni di Germania saltano all’occhio gli articoli L’estrema destra in parlamento; Una musulmana a Stoccarda. Poi due articoli interessanti con Perché il fascismo fa sempre paura Fulvio Cammarano, e un intervista di Maurizio Vaudaga a Gary Gerstle sul nazionalismo americano. Il tema costituisce anche il nucleo della tesi di Habermas: la novità dell’apertura a Macron e alla via della solidarietà. Salta immediatamente all’occhio un totale cambio di paradigma rispetto alla crisi del debito nei primi anni ’10. E si nota che le argomentazioni degli estremisti di AFD contro Merkel sono praticamente gli stessi che l’enstablishment della cancelliera utilizzava contro la Grecia di Tsipras. E per il fiosofo della Scuola di Francoforte la ragione di questa inversione sta proprio in questo scenario tedesco ed europeo nuovo: mai prima d’ora la CDU aveva avuto un partito con ampi consensi alla sua destra e la prospettiva reale di chi già trama per un’intesa che spinga la CDU verso la destra e l’AFD a moderarsi.

Le pulsioni autoritarie pervadono le democrazie di tutto il pianeta. Ci sono passi da gigante solo venti anni fa inimmaginabili. Non parliamo solo del gruppo di Visegrad le cui esperienze hanno maggiormente a che fare con l’influenza russa e con l’immaturità di quelle democrazie (ricordiamo: l’integrazione dell’est era il tema dominante prima della crisi economica del 2007). Discutiamo anche dell’intera Europa in cui i riverberi della crisi economica con il risentimento del ceto medio impoverito si saldano alle strumentalizzazioni delle crisi dei rifugiati e all’uso improprio dei social network, nuovi media di massa. In ogni paese osserviamo il medesimo fenomeno in forme diverse e nell’articolo succitato di Cammarano si individua, per il caso italiano, l’attualità dello spauracchio del ritorno del fascismo in una troppo debole tradizione italiana delle lotte per i diritti civili. Le quali, ad eccezione del risorgimento e delle glorie del piccolo Partito Radicale, non ricordano folle di manifestanti in strada per i diritti civili, a differenza delle fiumane che invece cattolici e comunisti riuscivano a comporre in nome di questioni sociali. Interessante è anche il succitato articolo sul nazionalismo in USA che si conclude con un suggerimento interessante all’alba dell’amministrazione Biden: «L’atteggiamento è molto diverso da quello del 2016 […] Le sue aperture verso Sanders e la rinvigorita sinistra americana sono il segno più chiaro che Biden riconosce che è sorta una nuova era. Lo aspettano sfide severe […] E tuttavia gli americani e il mondo traggono da questo vecchio, imperfetto guerriero ragioni di speranza».

Siamo a un bivio dunque, e la storia insegna che i disastri possono realizzarsi inaspettatamente, specie in periodi come questi in cui i tempi della politica sono vertiginosamente accelerati, eppure, al cospetto della velocità di quelli dell’economia, appaiono lenti. A scongiurare l’autoritarismo e i nazionalismi non restano quindi ciò che da sempre sono i suoi naturali anticorpi: la vita activa, l’allargamento dei processi democratici e un buon lavoro di collegamento tra gli intellettuali e le masse. Quando in tempi cupi se ne parla viene in mente lo storico Marc Bloch in La strana disfatta. Ché nei giorni di guerra tentava una risposta al quesito come è stato possibile?. E dopo aver lanciato il suo je accuse a vari settori della società francese aggiunge: «E noi intellettuali? Non abbiamo fatto politica, non ci credevamo. Per pigrizia, per vigliaccheria abbiamo lasciato fare. Abbiamo temuto la violenza della folla, i sarcasmi dei nostri amici, il disprezzo dei nostri maestri. Non abbiamo osato essere in piazza la voce che grida. Possano i giovani perdonarci…».

Per avere informazioni su questo materiale ed altro a disposizione, contatta la Biblioteca diocesana San Tommaso d’Aquino
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