Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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III domenica di Avvento, anno B
2 Sam 7,1-5.8b-12.14a.16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38
Al termine dell’Avvento, in quest’ultima domenica del ciclo B, le letture bibliche ci riportano davvero al cuore della celebrazione di questo straordinario tempo liturgico così spesso tanto travisato e depauperato: non un tempo di preparazione al Natale, come già dicevamo, ma un tempo di preparazione al Ritorno glorioso di Gesù, un tempo in cui accendere in noi discepoli il desiderio ardente di Lui e del suo avvento finale e intanto esercitarci non solo alla vigilanza per quel ritorno ma anche a riconoscere le sue presenze quotidiane nella storia e nelle nostre vite; il Signore, infatti, è sì Colui che verrà ma è anche Colui che «resta con noi» (Lc 24, 29) per tutti i giorni della storia, fino alla fine dei secoli (Cf. Mt 28, 20).
I testi biblici di oggi sono quanto mai adatti a concludere il tempo di Avvento e non perché hanno al centro il celeberrimo passo dell’Annunciazione che ci preparerebbe alla nascita di Colui che è annunziato a sua Madre (in tal senso ci si potrebbe ingannare a leggere questo testo di Luca come preparatorio al Natale!). I testi di oggi – tutti e tre – invece ci mostrano la sensatezza della nostra instancabile attesa del ritorno di Cristo Gesù, ci mostrano davvero che, come Chiesa, possiamo e dobbiamo stare in atteggiamento di avvento: è sensato attenderlo perché il nostro Dio è fedele!
La liturgia di questa Quarta domenica di Avvento, infatti, possiamo dire, è un canto alla fedeltà di Dio! La promessa fatta a David per bocca del profeta Natan, che abbiamo ascoltata nel passo del Secondo libro di Samuele, si è realizzata in Gesù, figlio di Maria e figlio di David; è Lui il compimento e la pienezza di quella figliolanza promessa alla casa di David, è Lui la casa stabile, è Lui che siede su di un trono che rimane per sempre alla destra del Padre e il cui Regno non avrà fine! Gabriele dice tutto questo a Maria dandole la sua vocazione, dandole il ministero della maternità del Messia, chiedendole quel libero sì alla potenza dello Spirito che la coprirà per generare in Lei il Figlio dell’Altissimo.
Lo stesso apostolo Paolo, nel testo (che è la chiusa della sua Lettera ai cristiani di Roma) canta il Dio fedele che ha promesso, ha parlato per mezzo dei profeti e che tutto ha compiuto, anche oltre ogni umana attesa, in Gesù suo Figlio inviato per la salvezza di Israele e di tutte le genti.
Al Dio fedele si risponde con l’ascolto e con l’obbedienza della fede; al Dio fedele si risponde chiedendo a Lui un cuore ascoltante (Cf. 1Re 3,9) per cogliere e la potenza della promessa e quella Parola che, pronunciata ogni giorno, è rivelativa dell’Emmanuele, del Dio che abita con noi la storia! Dio è fedele, ci grida la liturgia di quest’ultima domenica di Avvento e se noi siamo infedeli Lui resta fedele (Cf. 2Tim 2, 13) e rilancia sempre la sua promessa e non solo la rilancia ma la compie! Ha promesso che tornerà e lo farà!
C’è una pienezza di tempo e per la storia dell’universo e per la nostra storia personale in cui Lui ci visita … «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazareth ad una vergine, sposa di un uomo della casa di David, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» … ecco lo scoccare dell’ora del Dio fedele in un punto preciso della nostra terra, in un’ora precisa della nostra storia, in cuori precisi di uomini concreti … lì Dio si presenta con la sua visita fedele alla sua promessa! A quella visita si può rispondere con l’ascolto obbediente e con il lasciare campo libero alla parola che Lui fedelmente pronunzia su di noi. Così fece David, così fece Maria di Nazareth con il suo giovane sposo … lasciarono il campo libero per Dio perché la fedeltà di Dio trovasse dei “complici” per piantare la sua tenda tra gli uomini!
Le parole dell’angelo Gabriele sono un compendio delle Promesse della Prima Alleanza: c’è la profezia dell’Emmanuele (Cf. Is 7,14), c’è –come si diceva prima- la profezia di Natan a Davide (che abbiamo ascoltato nella Prima lettura), c’è l’eco della promessa della nascita di Isacco (Cf. Gen 18) ma soprattutto c’è l’allusione all’Arca dell’Alleanza: «Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora» (Cf. Es 40, 34) con cui si fa chiaro che il titolo di Figlio di Dio per Gesù non è solo un modo di dire, una metafora, ma è la sua realtà più profonda: Dio stesso riempirà la Dimora che Maria sta per diventare! Le parole di Gabriele affermano che ora tutte le promesse di Dio sono compiute in quell’umile casa di Nazareth dove Dio è entrato in modo assolutamente gratuito ed imprevedibile.
L’Avvento di Dio è così: gratuito ed imprevedibile!
Il nostro Avvento di quest’anno si chiude così, con questa dichiarazione assoluta di gratuità fedele dinanzi a cui possiamo abbandonare ogni timore. Maria, che pure alle prime parole dell’angelo è stata turbata e si faceva domande (si noti che il turbamento è detto da Luca all’aoristo – dietaráchthe – ed il farsi domande è detto all’imperfetto – dieloghίzeto – in quanto l’uno, il timore, è di un momento, l’altro, il farsi domande, dura…), riceve da Gabriele l’invito ad andare oltre la paura perché il divino, che sempre di primo acchitto si teme, ha il volto della gratuità («Hai trovato grazia presso Dio») e la gratuità dà sicurezza, toglie ogni inquietudine perché la gratuità ci dichiara che l’amore non è condizionato, non si conquista…l’ Evangelo è proprio e solo questo: l’amore di Dio è gratuito! Non occorrono meriti, si deve solo accogliere e lasciarlo operare in noi!
L’Avvento approda a questo e ad una parola semplice e grande di Maria: «Avvenga a me secondo la tua Parola!» È il suo fiat (in greco ghénoito che è all’ottativo e contiene dunque anche il senso di gioioso desiderio, non è un “sì” supino e rassegnato!) non solo ad una missione da compiere, ma è un fiat che riguarda tutta la sua persona: «Avvenga a me», dice Maria!
Ecco allora l’ultima esigenza dell’Avvento: non si tratta di fare delle cose per la venuta del Signore, per accelerare il suo ritorno, per rendere forte il nostro Maranathà…si tratta di offrirsi tutti interi a quella venuta; si tratta di dare la vita!
Siamo alle solite! Ci dobbiamo davvero convincere che il cristianesimo è questo: dare la vita…e non un po’ di meno! Appena si scende dal livello di questo tutto, si trasforma l’Evangelo in “religione” e si entra in multiformi perversioni che nulla hanno più a che vedere con la Lieta Notizia di Gesù e con l’Attesa gioiosa del suo Ritorno che sarà gratuito, liberante ed apportatore di senso pieno all’uomo ed alla sua storia.
Al Veniente che tutto si è dato, tutto si dà e tutto si darà, non si può rispondere se non con un dono totale, con l’offerta di tutto quel che siamo. Non un po’ di meno!
Maria, e con lei Giuseppe suo sposo, dicevo prima, si fecero “complici” di Dio per una sua venuta eccedente ed inimmaginabile e lo fecero dando tutto…non un poco di meno!
La Chiesa è chiamata ad essere “complice” di quella venuta definitiva che trasfigurerà la storia: «Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni! E chi ascolta dica: Vieni!…Colui che attesta queste cose dice: Sì, vengo presto!» (Cf. Ap 22,17.20).
Stiamo in attesa vigilante, trasformiamo la nostra storia in un tempo luminoso di speranza del suo ritorno! Vi rendete conto? La nostra attesa già trasfigura la storia! La fa divenire tempo di speranza! La speranza trasfigurerà ogni presente! Dio è fedele!
A Natale canteremo con gaudio dolcissimo e forte quella sua fedeltà nella carne del Figlio fatto nostro compagno di viaggio per sempre!
Maranathà, vieni Signore! Maranathà, il Signore viene!