Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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Maria Santissima Madre di Dio, circoncisione di Gesù, Anno B
Nm 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2, 16-21
Il tempo… un grande dono… ogni inizio d’anno ci conduce inevitabilmente a fare una riflessione sul tempo… un grande dono! Qualcuno dirà che il tempo scorre e ci fa più vecchi, ci porta più vicini alla morte … come chiamarlo “dono”? Invece il tempo è davvero dono perché ci permette di sperare, di avere futuro, ci permette di convertirci, di cambiare, di crescere, di creare relazioni, di vivere incontri … il tempo è il grande contenitore della vostra vita … la nostra vita è solo tempo … assieme allo spazio il tempo è il nostro reale, il nostro quotidiano.
Quest’anno nuovo che inizia si lascia alle spalle un annus horribilis…e, in verità, stiamo ancora attraversando un tempo di dolore e di paura; questo passaggio dal vecchio al nuovo anno avviene ancora in questo clima di solitudine e di dolorose separazioni per questa pandemia che ha “fermato” il nostro mondo…mai come in questo momento abbiamo bisogno di riflettere sul senso del tempo e sul senso delle relazioni che fanno del tempo non un semplice scorrere ma qualcosa di bello, di pieno, di orientato.
Oggi giustamente si parla tanto della custodia del creato e il creato è fatto di due cose: lo spazio in cui viviamo e ciò che rende più bello questo spazio e dunque gli altri viventi che, in qualche modo, sono nostri compagni di esistenza … ma se si deve – ed è giusto – custodire lo spazio, il creato, perché non sia inquinato e imbastardito o addirittura ucciso, credo che altrettanto sia nostro dovere custodire il tempo perché non sia inquinato, imbastardito o ucciso …
Il tempo lo si custodisce se lo si riempie di senso, di vita vera, di relazioni autentiche, di umanità palpitante e capace di condivisione, compassione, capace di con-vivenza …
Il tempo è stato abitato da Colui che è al di là del tempo … l’Eterno si è fatto tempo venendo nella storia, l’Eterno è entrato nel nostro spazio e nel nostro tempo; come ha santificato il creato, come ha santificato la carne, la materia di questo mondo (il Quarto Evangelo si compiace di dire che «il Verbo divenne sarx», cioè “materia”, “carne peribile”! Cf. Gv 1,14) portandola nel seno di Dio, così ha santificato il tempo abitandolo, entrando nel “divenire”.
Il Bambino che in questa ottava di Natale ancora contempliamo con la sua Madre Santissima ci indica come vivere il tempo: Maria osserva, contempla; non comprende tutto ma conserva nel cuore; pensiamoci: che significa che “conservava”? quel Bimbo venuto prima nel suo grembo, poi deposto in fasce nel presepio, quel ragazzo dodicenne che osserviamo per un breve squarcio nell’Evangelo di Luca è un mistero anche per lei … bisogna accoglierlo, c’è bisogno di attesa; Maria conserva nella memoria, nel cuore perché il futuro possa brillare, Maria custodisce gli eventi degli inizi per poter contemplare quello che Dio compirà, quello che Dio giorno per giorno le rivelerà, le farà comprendere. Maria è disposta, ricordando, a stare nel tempo lasciandosi plasmare da Dio e dalla sua parola e da quel Figlio che è davvero suo figlio ma che è anche il Mistero di Dio che è venuto a cercare l’uomo, che è venuto a santificare il tempo e la terra. C’è bisogno di attesa e l’attesa mentre guarda al futuro si nutre di “oggi”; ogni “oggi” porta una luce se lo si sa vivere in modo sensato, pieno.
Il tempo si inquina e si imbastardisce se lo si riempie di non-senso, se lo si perde, se ce lo si fa scivolare addosso; se diventa solo quel krònos che tutto divora ed alla fine divora anche noi; il tempo addirittura lo si uccide quando si spreca; il tempo perduto e sprecato – si badi bene – non è quello in cui, secondo il mondo, non produciamo, non lavoriamo, non facciamo qualcosa di “utile”, il tempo sprecato non è quello della festa, del riposo, del gioco, della gioia, del sanctum otium come diceva Agostino, no!
Il tempo sprecato è quello che si perde quando si dimenticano gli altri, quello che si perde vivendo per se stessi e vivendo come se non si vivesse, è quello che si perde essendo uomini e donne affannati e schiacciati dal “fare”; il tempo è ucciso quando permettiamo al mondo di trasformarci in rotelle di un meccanismo perverso di produzione in cui l’uomo è smarrito e disumanizzato.
L’inizio di un nuovo anno deve portarci una domanda: che ne farò di questo tempo nuovo che mi è dato? E questo non per fare i soliti buoni propositi che puntualmente vengono disattesi per poi essere rimpianti al prossimo 31 di dicembre! Questa domanda servirà solo se ci farà prendere vere decisioni, se ci farà fare veri tagli e vere scelte perché il nostro tempo sia tempo umano, tempo in cui Dio possa entrare a fare di noi quell’alterità a cui siamo chiamati perché Lui è altro (Cf. Lv 11,45: «Siate atro perché io sono altro»!), tempo in cui entra la benedizione che è Cristo Signore, benedizione data ad Israele e versata poi su tutte le genti.
La liturgia di questo primo giorno dell’anno si apre con il testo del Libro dei Numeri della benedizione che il Signore consegna ai figli di Aronne perché la dispieghino sul popolo. Israele è dunque il popolo benedetto da Dio su cui risuona per tre volte il Santo Nome di Dio! Israele è il luogo di avvento di quella benedizione che dovrà raggiungere tutte le genti (cfr Gen 12,3b). In Gesù questo è avvenuto perché Egli è davvero figlio di Abramo! Ecco perché è importante oggi celebrare la “circoncisione” di Gesù: Lui è davvero quella benedizione per tutte le genti perché è davvero ebreo, figlio del Popolo Santo di Dio, circonciso all’ottavo giorno! La carne che ci salva è la carne circoncisa del Figlio di Dio, Figlio di Abramo e Figlio di Davide!
Dio è fedele alla storia, Dio è entrato nel tempo con le sue promesse e le ha realizzate in Cristo ed in Lui ancora promette compimento! Dio ha preso sul serio il nostro tempo, quello in cui siamo immersi; non ha voluto prescindere dalla storia per darci la salvezza ma l’ha fatto nel Figlio «nato da donna e nato sotto la legge» (cfr Gal 4,4)…ci chiede di viverlo senza inquinarlo né imbastardirlo, di viverci non da “morti viventi” fatti ingranaggi di un sistema che ci fa perdere il tempo; ci chiede di vivere attenti ad ogni “oggi” perché ogni “oggi” è abitato dal Verbo; bisogna solo cogliere nel nostro scorrere dei giorni la Grazia di Dio, la sua presenza che è benedizione!
Così si potrà essere benedizione per la storia!
È questa la nostra vocazione!