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L’America è un’altra cosa, un’altra anima

Dopo gli scontri di ieri a Capitol Hill, il Congresso ha proclamato Joe Biden 46° presidente degli Stati Uniti. Il giuramento di Biden e Kamala Harris (vicepresidente) è previsto per il prossimo 20 gennaio

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Non è l’America quella dell’assalto a Capitol Hill.
Il motore della democrazia fermato da un manipolo di cittadini urlanti, agitati dagli eccessi di un presidente uscente, Donald Trump, capaci in poche ore di macchiare il volto della Nazione simbolo di progresso, sviluppo, modernità…

Non è l’America quella di ieri sera in Tv: perché essa, pur con il suo peso di contraddizioni (povertà, esclusione, emarginazione, diritti negati) cammina da tempo sulla strada della pacifica riconquista di ciò che manca o per lungo tempo ha negato a tanti dei suoi figli.

Si è fermato il Mondo intero, ed è rimasto ad osservare: severe le condanne dall’Europa, dagli altri Paesi di quel Continente, e perfino dai tenaci avversari politici d’Oriente… a sorprendere più di tutto, è la facilità con cui si è lasciata ferire, e questa volta dagli stessi americani.

A vent’anni dall’attacco alle Torri Gemelle, dopo aver rafforzato ogni misura di sicurezza, dopo aver vantato dentro e fuori i propri confini le più grandi imprese militari per numero di uomini e strategie, l’America ferisce se stessa, e manda all’aria la copertura militare che ieri tutelava il lavoro del Congresso, come fosse stata una “domestica” partita a Risiko.

Anche in questo caso, quasi simpaticamente, il pensiero va al luogo comune che ciò che accade in America abbia quel valore aggiunto, gode di una visibilità maggiore, si riveste di solennità, di sapori diversi, di vedute sconfinate… anche la protesta andata in scena ieri, con tanto di costumi, con tanto da copione da film western con rispettivo assalto alla diligenza. Sembra “maggiore” la protesta americana e perciò destinata a far parlare di sé più a lungo: eppure, signori, di populismo si tratta. Di quell’odio che serpeggia tra i più fragili e che abbiamo visto germogliare da più parti, e in diversi civili Paesi…

Le scene di ieri sono anni di cultura, scienza, politica data alle fiamme, sradicata con un colpo di personalissimo sogno di potere e non un obiettivo politico e morale. Incendiata e vanificata l’idea e l’esperienza che un Paese cresce dal suo interno, con il dialogo con gli ultimi e per gli ultimi, con chi è diverso, con chi è fuori dai confini ed è cittadino dello stesso Pianeta. Ne rimane la cenere su cui ogni tanto basta soffiare per sollevare polveroni che accecano e abbagliano e soffocano, uniformano i volti sotto una comune maschera che maschera le coscienze.
Gli americani urlanti di ieri sera hanno espresso indignazione, rabbia, ma ciò che meglio hanno manifestato e messo in scena è stata la solitudine democratica… quella che Biden ha già saputo cogliere e da cui intende ripartire per sanare non solo questa fetta di Paese, ma tutta l’America: in un caso per restituire ai suoi figli delusi e ruggenti il sogno americano, nell’altro caso per continuare a far crescere il pensiero democratico degli Stati Uniti d’America dei suoi antichi Padri.

Quella cenere si poserà. E inaspettatamente, sarà nuovo concime di democrazia. Trump, senza volerlo, avrà punito se stesso.

Il Congresso ha certificato la vittoria di Joe Biden. Voltiamo pagina, tutti.

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