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La voglia di emigrare e l’arte di tornare. Matese e Alto Casertano nella riflessione sullo spopolamento delle piccole aree interne

Non si emigra soltanto verso il Nord o verso i paesi esteri; il fenomeno è anche dai piccoli borghi alle città metropolitane. Oggi pomeriggio un convegno online a cura della Fondazione MIgrantes (organo pastorale della Chiesa italiana). E il Covid, quanto ha restituito alla riflessione collettiva in termini di "connessione" tra piccoli e grandi centri?

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Grazia Biasi – In tutti i migranti dimora il luogo da cui sono partiti… È questo uno dei concetti chiave che conclude il Rapporto Italiani nel mondo, edizione 2020, a cura della Fondazione Migrantes, e di cui ci siamo occupati su Clarus in occasione della pubblicazione lo scorso ottobre (vai all’articolo).
Ma uno degli studi che maggiormente colpisce del dossier, seppur si tratti di uno spaccato finale, è lo Speciale dedicato alle migrazioni tra Province italiane, fenomeno che è da sempre, ma che durante il lockdown ha imposto una nuova riflessione a causa delle controtendenze dei flussi migratori verso i luoghi di origine (per il vantaggio di poter lavorare da casa, quindi rimanendo nei luoghi più cari).

In questa cornice, frutto di report di 46 esperti su diverse Province si inserisce il ciclo di incontri on line organizzati nell’ambito del Festival della Migrazione. Il prossimo appuntamento è previsto per oggi pomeriggio (13 gennaio, dalle 15 alle 17 su youtube e su facebook). Alcuni degli autori dialogheranno sul tema della mobilità italiana e delle aree metropolitane, in collaborazione con la Cattedra italica dell’Università di Mar del Plata. “Il vero divario non è tra Nord e Sud, ma tra città e aree interne – ricorda Migrantes -. Sono luoghi che si trovano al Sud ma anche al Nord, ma che al Sud diventano doppia perdita: verso il Settentrione e verso l’estero. A svuotarsi ancora sono i territori già provati da spopolamento, senilizzazione, da eventi calamitosi o da sfortunate congiunture economiche”.

Matese e Alto Casertano. Verso la desertificazione?
Il Matese e tutto l’Alto Casertano non sono fuori da questa esperienza e da questa lettura dei fatti.
Prima nel  filone delle gradi migrazioni di inizio secolo verso altri paesi d’Europa o le Americhe, poi nella scia dei trasferimenti degli anni ’60 verso il Nord Italia; poi in una nuova ondata di viaggi in seguito al terremoto del 1980 che colpì l’Irpinia e il Sannio; e ancora oggi esperienza viva in tante, molte case in cui non uno solo ma più di un figlio fa le valigie per una temporanea sistemazione… che in tanti casi diviene definitiva: negli ultimi quindici anni abbiamo assistito ad un trasferimento verso le regioni settentrionali di giovani che hanno trovato lavoro nella sanità, nella scuola, nella pubblica amministrazione, ma anche in posti di rilievo dirigenziale tanto nel mondo della cultura che in quello della produzione.
Come infatti riferisce Migrantes, la riflessione attuale è sui trasferimenti dai piccoli borghi alle aree metropolitane e vale anche per i centri periferici delle regioni più industrializzate del Nord Italia.

Menti, risorse, investimenti (in termini di formazione e cultura), valori seminati e germogliati al Sud (nelle scuole, nelle famiglie, nelle parrocchie di piccoli e medi borghi) ed esportati in altre regioni italiane arricchendole di competenze, braccia, e capacità e maturità… È la storia di tanti (quasi tutti) che però non tagliano le radici con i luoghi di origine e se possono tornano a portarvi l’esperienza acquisita, o lì dove si sono stabili si fanno narratori esclusivi esaltando il buono e il calore di quel ventre da cui sono nati…

Discorso che tocca anche l’esperienza di un trasferimento all’Estero: seppur tante volte si tratti di temporanei periodi di studio o di stage lavorativi non sono pochi i casi di trasferimento di residenza altrove…

Cosa perdono i “piccoli”, cosa perdono le comunità generatrici? C’è rimedio alla desertificazione?
Il lockdown ha dato più di una lezione al Mondo, quella che più di tutte ha sintetizzato le nuove urgenze politiche, economiche e sociali è stata “Nessuno si salva da solo” cui Papa Francesco ha dato successive e più approfondite espressioni come avvenuto nell’enciclica Fratelli Tutti e che oggi diventa materiale di riflessione in più ambiti di vita. E vale anche per il fenomeno migratorio tra province italiane appena citato che impoverisce alcuni luoghi marginali rispetto alla scena delle metropolitane: è tempo di più umanità, di più fratellanza…

«Bisognerebbe – scrive Edgar Morin nel testo La fraternità, perché? – contrapporre alla mondializzazione, che desertifica umanamente ed economicamente così tanti territori, la localizzazione, che salvaguarda la vita delle regioni. Insomma, più vi è del mondiale, più bisogna che vi sia del locale, e il locale riguarda anche, evidentemente, le oasi di vita, che dovrebbero a loro volta essere mondialmente connesse» (da Rapporto Italiani nel Mondo, 2020).

E la risposta non è mancata nell’Italia frenata dal virus e frammentata geograficamente da Decreti e restrizioni: lì dove sono tornati i giovani che hanno perso il lavoro (ritrovando in famiglia il porto sicuro)  o che hanno felicemente lavorato dai piccoli paesi di provenienza, si è assistito ad una nuova connessione tra periferie e centro, merito dei contatti tra locale e mondiale; è stata l’occasione per riscoprire borghi ripopolati dai migranti rientrati a casa e soprattutto per ipotizzarne la rinascita… o è stata la felice esperienza di avere in loco, seppur temporaneamente, più menti raccolte e più braccia per ripensare ad una nuova abitabilità delle periferie.
Il fenomeno migratorio resta. Impoverisce chi resta. Arricchisce chi parte (di esperienza).
Stare a guardare è già perdere. Ancora una volta l’epidemia da Covid ha dimostrato che servono nuove politiche in grado di rigenerare i luoghi e la mentalità di chi li abita perché fare una valigia non sia solo fuga, ma possibilità per crescere e poi ritornare molto volentieri.
Guardare e agire resta la sfida per chi intanto li vive e li anima questi luoghi perché l’umanità e la fratellanza siano esperienze che innamorano e suscitano per questi luoghi cura, rispetto, sogno di bene comune: famiglie, scuole, parrocchie, associazioni sono il primo laboratorio di arte umana. E l’arte, è una cosa eterna…

Curiosità

Il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes (edizione 2020) riporta una serie di dati statistici. Di questi segnaliamo alcuni numeri che interessano la Campania.
Popolazione residente 5.785.861
Iscritti all’AIRE (Associazione italiana residenti all’Astero), 521.009
Incidenza % 9,0

Provincia di Avellino, 110.541 (cittadini iscritti all’Aire)
Provincia di Benevento, 55.478 (cittadini iscritti all’Aire)
Provincia di Caserta, 64.962 (cittadini iscritti all’Aire)
Provincia di Napoli, 145.641 (cittadini iscritti all’Aire)
Provincia di Salerno, 144.387 (cittadini iscritti all’Aire)

Per la provincia di Caserta, il 22,2% degli iscritti all’Aire è di età tra i 18 e i 34 anni; il 22,2% è di età tra i 35 e i 49 anni. Del totale iscritti all’Aire, il 31,4% è nato all’Estero.

I cittadini campani sono maggiormente presenti nei seguenti Paesi (in ordine di presenze): Germania, Svizzera, Argentina, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Brasile, Venezuela, Francia, Spagna, Uruguay, Belgio, Australia, Canada….

Tra i comuni che segnalano i maggiori iscritti all’Aire figurano: Napoli, Salerno, Padula, Torre del Greco, Teggiano, Massa Lubrense, Maddaloni, Cava de’ Tirreni, Sant’Angelo dei Lombardi, Montella, San Bartolomeo in Galdo….

Tra i comuni con maggiore incidenza percentuale troviamo al III posto (su una graduatoria di 25 paesi) Gallo Matese che conta 1.234 cittadini iscritti all’Aire su una popolazione residente di 540 persone; e poi al XIX posto Valle Agricola con 717 cittadini iscritti all’Aire su una popolazione residente pari a 804 unità.

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