Ma come vorrei avere i tuoi occhi, spalancati sul mondo come carte assorbenti e le tue risate pulite e piene, quasi senza rimorsi o pentimenti, ma come vorrei avere da guardare ancora tutto come i libri da sfogliare e avere ancora tutto, o quasi tutto, da provare…
Francesco Guccini
di Concetta Riccio
Quando mi viene chiesto quali siano state le mie esperienze lavorative più forti, sia da un punto di vista umano che professionale, rispondo sempre allo stesso modo: quelle con gli adolescenti.
In loro ho visto tanto, a volte troppo, a loro ho sempre chiesto una cosa: siate folli ma non arrendetevi! Siate esplosivi, ribellatevi, urlate, ma non fatevi abbattere. Il vostro compito da secoli è quello di reagire, non quello di soccombere. Ribaltate i tavoli di questa società ma aggrappatevi alla vita!
Lo psicoanalista tedesco Erik Erikson è l’autore che più si è occupato di questo tema particolare. Secondo Erikson, il tentativo di definire se stessi è una tappa fondamentale e imprescindibile della vita di ognuno. Per giungere a un’identità completa, però, sarebbe necessario coniugare esplorazione e impegno.
Il percorso di individuazione che intraprende l’adolescente implica, quindi, un certo grado di fisiologico distacco e allontanamento dai modelli familiari. Ciò che è stato trasmesso dalla famiglia nelle fasi precedenti, in termini di valori e insegnamenti, viene in parte interiorizzato e in parte messo in discussione.
L’adolescente è una persona alla ricerca della propria autonomia e identità, non è forse l’esperienza più incredibile che ci sia?
Ma cosa succede quando il contesto socio-familiare non è di supporto a questa delicata fase? Come direbbe Margaret Mead, più la società è complessa e più l’adolescenza è lunga e conflittuale. E sulla durata dell’adolescenza, specie in occidente, come darle torto?
Ho conosciuto adolescenti in luoghi dove la delinquenza e il degrado sembravano non dare loro alternative, in loro ho visto tanto amore e tanta voglia di vivere. Ho visto tutto ciò guardando oltre, superando gli aggettivi che rabbiosamente mi urlavano contro. Ho imparato a riconoscere il loro “affetto” nelle difese che prendevano quando a non rispettare le mie regole erano gli altri “esterni” al “nostro” gruppo.
Ho visto per loro una speranza quando, guardando oltre gli atteggiamenti violenti, notavo in loro nascere la voglia di giustizia, ricordo un episodio: un cagnolino maltrattato da un ragazzo più grande e la loro aggressività usata in difesa di questo cucciolo.
Parimenti ho conosciuto adolescenti con famiglie “accudenti”, ragazzi e ragazze che davanti ad una crisi della coppia reagivano in maniera esplosiva, ho detto loro che andava bene così! Volete sapere il perché? Perché l’alternativa è spegnersi …e quanti ne ho conosciuti, purtroppo: depressone, disturbi del comportamento alimentare, hikikimori, dipendenza da internet o da video giochi, senza amici, senza hobby, ma soprattutto senza sogni.
L’incontro con l’adolescente è spesso molto difficoltoso per un professionista, spesso il soggetto è inafferrabile, chiuso nelle proprie relazioni di gruppo, fa uso di un linguaggio fortemente gergale, per lo più restio a rivolgersi ad interlocutori adulti per una richiesta di aiuto.
Stabilire un’alleanza con loro è fondamentale, a distanza di mesi dal primo colloquio mi capita a volte di scherzare su cosa sia stato fondamentale per creare la relazione di fiducia e ascolto divertita frasi come: “perché hai dato ragione a me”, “hai detto che eri dalla mia parte”, “ hai detto che anche i miei genitori commettevano molti errori e dovevano mettersi in gioco”.
In effetti è proprio cosi, all’adolescente è concesso di ribellarsi, di perdersi per conoscersi e trovarsi; a noi adulti, invece, spetta il compito di restare dei punti di riferimento per loro.
Quando un adolescente sta male è perché la società adulta non è alla sua altezza.
Brava,hai fatto una buona riflessione sul problemi della nostra società.