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Giornata della Memoria: di questa eredità saremo portatori in eterno. Il racconto di Antonio Morelli di Alvignano, sopravvissuto ai campi di concentramento

In un crocifisso appeso al collo la sua forza. Nel video una sintesi della sua testimonianza: il cammino verso le camere a gas e il commosso ritorno a casa

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Auschwitz più vicina di quanto possiamo immaginare. 
Aushwitz è l’immagine simbolo dei tanti luoghi di morte in cui furono costretti alla fame, al lavoro, al dolore e al silenzio milioni di persone. La maggior parte di loro vi finì per questioni di razza e debolezza e diversità da cancellare: tra le storie di tanti “puniti” anche quella di Antonio Morelli di Alvignano, classe 1916.
Uno dei più longevi e lucidi sopravvissuti che dall’alto dei suoi 105 anni ancora ricorda, seppur la memoria va ormai diradandosi, l’inferno di quei lunghi mesi trascorsi nei campi  di Dachau e poi Mauthausen e il lavoro  in una fabbrica di aeroplani…
La sua vita è nel libro di Carmine Mastroianni, Il fabbricatore di ali, che percorre la sua storia di giovane militare inviato a combattere sul fronte greco, poi processato, poi inviato verso l’ignoto…
La sua è storia di sopravvivenza, coraggio e speranza che solo in tarda età ha raccontato con dovizia di particolari consegnandola in eredità a tutti noi e a tanti più giovani della comunità alvignanese.
Quale fortuna per la nostra Redazione averlo incontrato e averlo sentito orgogliosamente narrare in occasione della visita pastorale dell’allora vescovo mons. Valentino Di Cerbo alla parrocchia di SS Pietro e Paolo in Alvignano: necessaria quanto voluta la lunga tappa in casa del signor Antonio: “Lo vedete questo? E’ lui che mi ha aiutato” riferendosi al crocifisso appeso al collo, lo stesso degli anni di guerra e prigionia.
Sentirlo narrare con energia, tanto per descrivere il dolore patito quanto per raccontare l’orgoglio di essere sopravvissuto, è soltanto uno dei motivi che alimenta il dovere di ricordare: non è solo questione di memoria e di libri, ma di ferite ancora aperte che ci vengono mostrate. Averle viste, oggi, ci compromette a non voltarci dall’altra parte…
Chi come Antonio ha scelto di raccontarsi, ci ha consegnato un po’ di se stesso.

 La storia 
Il 23 gennaio 1941 (era un 23 gennaio anche il giorno del nostro incontro con lui…) subisce il ferimento ad una mano; viene condotto davanti al Tribunale militare in Albania con l’accusa di essersi ferito intenzionalmente. Una pena di venti anni: questo sarà il carcere da scontare, dapprima a Gaeta e poi dopo lo sbarco degli Americani a Salerno, viene trasferito a Peschiera del Garda. Ancora qualche tempo, e dopo la scelta di non collaborare con le SS inizia il suo duro calvario: destinazione Dachau in qualità di “lavoratore forzato” con il numero 53918. Siamo nel settembre del 1943. Ai primi di dicembre viene destinato a Mathausen e indicato come “prigioniero politico” con la matricola 40663. Lavora alla costruzione di aerei con il compito di collegare cavi elettrici”.

La sua testimonianza a cui ha dato anche tanta risonanza il libro di Mastroianni gli è valsa una serie di riconoscimenti: dapprima la medaglia al valore civile conferitagli dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e nel 2016 la Medaglia d’Onore ricevuta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale.

Vai ai racconti di Antonio Morelli

Viaggio tra i “lavori forzati” di Dachau e Mauthausen > Clicca
“Il Fabbricatore di Ali”, la prigionia di Antonio Morelli nel libro di Carmine Mastroianni > Clicca

 

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