Andrea Regimenti – Oggi Radio Vaticana compie novant’anni. Era il 12 febbraio 1931 quando Pio XI inaugurò con il suo primo radiomessaggio “Qui arcano Dei” la nuova stazione radiofonica della Santa Sede, progettata da Guglielmo Marconi. 90 anni in cui la Radio ha raccontato e si è fatta raccontare il mondo, con uno sguardo particolare agli ultimi e tenendo sempre ben presente la sua missione, ovvero diffondere il Vangelo, portare la parola del Papa e leggere i fatti alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Per celebrare questo importante traguardo e saperne di più sugli obiettivi presenti e futuri il Sir ha incontrato il responsabile della testata Massimiliano Menichetti.
Come state vivendo questo anniversario?
“C’è un grande entusiasmo, perché novant’anni sono un traguardo importante. Allo stesso tempo da oggi ci lanceremo nella sfida della web radio in sette lingue (italiano, spagnolo, francese, inglese, tedesco, portoghese e armeno). La radio si esprime in 41 lingue, ma fino a oggi solo l’italiano aveva un palinsesto di 24 ore, mentre con questa nuova iniziativa riusciremo ad avere una programmazione completa per sette lingue, fino ad arrivare a 30 entro l’anno. Inoltre, nell’ambito della riforma dei media vaticani voluta da Papa Francesco sei anni fa, la Radio Vaticana ha dato vita al portale Vatican News e da domani all’interno dello stesso debutterà una pagina interamente dedicata alla radio. Ci sarà quindi una sezione interamente dedicata all’audio, declinato in diverse forme: podcast, trasmissioni in diretta e trasmissioni dedicate. Tutto questo tenendo sempre a mente la nostra missione che da sempre è diffondere il Vangelo, portare la parola del Papa e leggere i fatti alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Una missione che resta immutata e che verrà rafforzata da questi nuovi strumenti”.
Le onde della Radio raggiungono tutto il mondo, che riscontro avete?
“Il riscontro c’è, ma quantificarlo è complesso. Tantissime emittenti, oltre mille, ci hanno ripreso e ci riprendono e quindi calcolarlo è impossibile. Non possiamo quantificare il numero di ascoltatori e naturalmente dobbiamo considerare l’aspetto di sostenibilità, ma non è questa la nostra sfida principale.”
E qual è?
“È arrivare dove sono gli ultimi.
Ci sono state trasmissioni della Radio in Paesi dove ancora non era possibile andare a messa, non c’erano nemmeno le chiese e la Radio è arrivata fin lì. E ancora. Ci sono posti in Africa o in Asia dove le nostre trasmissioni vengono registrate su registratori a bobina o cassetta e poi vengono fatte ascoltare di villaggio in villaggio. Questo non è misurabile. Un’altra vicenda che mi porta a dire che non tutto è misurabile è quella di padre Pierluigi Maccalli missionario italiano, rapito in Niger il 17 settembre del 2018 e liberato l’8 ottobre 2020 in Mali.
Una volta tornato ci ha raccontato che nella sua prigionia ha avuto una piccola e rotta radiolina a onde corte, con la quale è riuscito ad ascoltare i segnali di Radio Vaticana, partecipando anche alla Messa di Pentecoste. Ci ha spiegato che grazie a noi ha potuto pregare, trovare conforto e sentirsi meno solo. Di fronte a queste cose il parametro economico e di valutazione degli ascolti è quasi vano.
Per la nostra missione è importante arrivare anche a una sola persona nel deserto. Non è solo un segnale quello che mandiamo, è l’abbraccio di tutta una comunità”.
Una comunità fatta da tantissimi mondi. Il personale di Radio Vaticana proviene da 69 nazioni differenti. Com’è lavorare in un ambiente così multiculturale e variegato?
“È una grandissima ricchezza, perché abbiamo la capacità di declinare nelle diverse culture il nostro messaggio e trovare di volta in volta le parole giuste. Non è quindi un lavoro di mera traduzione, bensì una ricerca che mira a rendere più comprensibile per una determinata cultura ciò che viene detto o scritto. Un altro aspetto molto importante è che i fatti che accadono nel mondo non vengono letti con uno sguardo europeo, sudamericano o comunque esterno, ma siamo in grado di leggerli con gli occhi del mondo, perché comunque tutto quel che accade si riflette nelle persone che lavorano da noi. C’è una grande diversità, che però si trasforma in unità e capacità di dare un messaggio in maniera propria e corretta dalle nazioni. Il personale inoltre è lo stesso che anima il portale Vatican News e contribuisce alla redazione dell’Osservatore Romano”.
La vostra redazione come ha affrontato l’emergenza Covid-19? È cambiato il modo di lavorare?
“La pandemia è la prima sfida che stiamo affrontando in questo momento, ha rivoluzionato completamente la nostra narrazione, perché ci ha messo di fronte alla necessità di non abbandonare e lasciare solo nessuno, di portare il nostro messaggio a tutti. Seguendo quello che ci dice il Papa lo sforzo più grande è stato andare a cercare nel mondo storie di persone o realtà che già fronteggiano la pandemia e già stanno costruendo un ‘post Covid’. Pertanto, il Coronavirus ha profondamente mutato la narrazione e la struttura di molti programmi, oltre ovviamente ad aver rivoluzionato il piano interno di lavoro, con molte persone che operano da remoto”.
Che augurio si sente di fare a Radio Vaticana per i suoi primi 90 anni?
“L’augurio che mi sento di fare è che la Radio resti sempre in questo solco di missione e servizio, anche alla luce dei profondi cambiamenti della comunicazione. La radio oggi non è solo audio, ma video, foto, web, social, testi scritti. Tutta questa tecnologia se converge solo su se stessa resta soltanto connessione. L’augurio più grande è che questa connessione sia anche comunicazione e, soprattutto, comunicazione nella comunione.
Solo così risponderemo sempre alla nostra missione ed è la sfida che dobbiamo continuare a proseguire nel tempo”.
Fonte Agensir