Home Arte e Cultura Dantedì. Il Matese nel viaggio di Dante Alighieri della Divina Commedia

Dantedì. Il Matese nel viaggio di Dante Alighieri della Divina Commedia

Tra i versi del Sommo Poeta trovano posto il Fiume Lete e Pietro da Morrone. Il fiume che nasce nel Matese e il Papa del gran rifiuto (Celestino V) nato presumibilmente nel castello di Rupecanina (oggi nel Comune di Sant'Angelo d'Alife). La mancanza di conferme storiche in entrambi i casi non ci sottrae totalmente dal pensarci coinvolti nell'universalità dell'opera dantesca e toccati in modo particolare dai suoi valori

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Un tratto del Fiume Lete nei pressi di Letino

di Michela Visone

Chi di noi non ricorda l’incipit della Divina commedia?

«Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.»
(1)

Il 25 marzo, data riconosciuta come inizio del viaggio dantesco nei tre regni dell’oltretomba, ricorre la seconda edizione del Dantedì, giornata istituita dal Consiglio dei Ministri nel 2020 per ricordare il Sommo Poeta, Dante Alighieri, e la sua immensa opera letteraria. In questo 2021 celebriamo i 700 anni dalla morte di Dante avvenuta a Ravenna, dove è sepolto.

Dante, non è solo il primo grande poeta che l’Italia ha avuto, è l’intellettuale che ha traghettato i suoi contemporanei oltre il Medioevo, richiamando sentimenti di cristianità e di libertà, coniugando magistralmente il binomio fede-ragione.  I suoi versi rappresentano la summa della cultura cristiana del suo tempo e rappresentano il fondamento della nostra lingua, della lingua del sì, che grazie alla sua opera venne costituita per il 60% (2).

Tramite il suo viaggio nei tre regni dell’oltretomba, da leggere alla luce di tutta la sua produzione letteraria, il lettore coglie la visione umana e spirituale della vita e del mondo di Dante, grazie anche al suo saper essere profetico, teologico ed escatologico al tempo stesso. Oltre questi aspetti il poeta ci trasmette con forza anche l’appello ad un’Italia unita, ad una nazione che ritornasse ai suoi antichi fasti, pur nella diversità delle tradizioni e dei costumi dei suoi abitanti.

Dante, come Enea ed Ulisse prima di lui, è un viaggiatore alla ricerca di se stesso.  È un uomo che è stato fatto “per seguir virtute e canoscenza” (3). È un uomo che ha un duplice fine da realizzare: la felicità in vita e oltre la morte. Quella stessa felicità aristotelica letta e vissuta in chiave cristiana, che San Tommaso definiva “l’ultima perfezione dell’uomo”, quasi la beatitudine.

Gustave Dorè. Illustrazione de La Divina Commedia di Dante Alighieri, 1885. Dante immerso nelle acque del Lete

Dante nel suo cammino di purificazione incontra molti personaggi e idealmente ci richiama alla memoria tanti luoghi, reali e leggendari. Tra quelli citati, a noi Matesini piace pensare che il fiume mitologico Lete, di cui prima avevano già parlato Platone e Virgilio e del quale non ci è dato sapere dove si trovasse, che Dante colloca nel Paradiso terrestre e nel quale vi si immerge così “che toglie altrui memoria del peccato” (4), sia il  nostro fiume Lete. Il limpido corso d’acqua che nasce a Letino alle pendici del Monte Janara, attraversa lento e sereno la Piana delle Sècine, poi prendere corsa prima di formare il Lago artificiale di Letino si inabissa nelle Grotte di Cavuto ed infine fuoriesce, con una scenografica cascata, nella “Rava di Prata”, fino a confluire nel fiume Volturno.

Invece, tra i diversi personaggi che il Sommo Poeta sceglie per la sua Commedia non possiamo dimenticare quel Pietro da Morrone, ai più noto come Papa Celestino V, “che fece per viltade il gran rifiuto” (5) e che alcuni storici vogliono esser nato nel Castrum Sancti Angeli e precisamente nel Castello di Rupecanina e dove oggi è compatrono nel comune di sant’Angelo d’Alife.

Il Castello di Rupecanina
Castello di Rupecanina

Una pittoresca immagine naturalistica e un personaggio storico di spicco dal punto di vista ecclesiale ma anche politico ci coinvolgono nella famosa e universale Opera dantesca, e al contempo provocano la nostra conoscenza dei fatti, dei luoghi e dei valori narrati dal Poeta e in questo caso identificati con uno “spaccato” locale di cui conosciamo poco o ignoriamo.

Dobbiamo un ‘grazie’ a Dante – seppur con il legittimo dubbio indagatore i suoi richiami corrispondano esattamente alla geografia e alla storia locali. Gli dobbiamo riconoscenza per noi e per lo sguardo aperto sull’universale esperienza di nomi, di storie, di vicende, di valori, di drammi, di ideali, di fede che egli raccoglie. Siamo tutti parte del suo grande viaggio.

L’augurio è che ognuno di noi, come piante novelle / rinovellate di novella fronda” (6), alla luce della magnifica opera dantesca, sull’esperienza del suo cammino di ricerca interiore, possa portare alla luce ciò che in ognuno brilla – anche dei luoghi in cui si nasce e si cresce – perché come ha detto Benigni “anche se non siamo fatti da Dio, siamo fatti di Dio”, “l’amor che move il sole e l’altre stelle” (7).

Note
(1) Inferno, canto I, vv. 1-3.
(2) «Quando Dante comincia a scrivere la Commedia il vocabolario fondamentale è già costituito al 60%. La Commedia lo fa proprio, lo integra e col suo sigillo lo trasmette nei secoli fino a noi. Alla fine del Trecento il vocabolario fondamentale italiano è configurato e completo al 90%» (De Mauro, 1999).
(3) Inferno, canto XXVI, v. 120
(4) Purgatorio, canto XXVIII, vv. 128.
(5) Inferno, canto III, v. 60.
(6) Purgatorio, canto XXXIII, vv. 143-144.
(7) Paradiso, canto XXXIII, v. 145.

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