“Nell’accogliere con gioia il mese benedetto, annunciamo che l’inizio di Ramadan sarà martedì 13 aprile 2021; che Allah l’Altissimo accetti i vostri e i nostri sforzi e faccia sì che questo mese di digiuno sia fonte di pace e misericordia”. Con queste parole, l’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii) ha annuncia l’inizio del mese sacro del Ramadan.
Trenta giorni per purificarsi ed essere migliori per il resto dell’anno: preghiera, carità, e molte forme di astinenza… in tutto il mondo islamico, nelle comunità distribuite in Italia, in quelle di piccole e medie dimensioni presenti anche (e consolidate nel tempo) nel territorio matesino la prima giornata di Ramadan è andata… Il tramonto di ieri sera, in tutte le famiglie, è stato tempo di un primo bilancio che mette insieme la sostanziale differenza tra lo stile di vita di ieri e quello del nuovo mese.
Ieri mattina, i nostri auguri di buon Ramadan sono stati per la famiglia Berraho di Alvignano, simbolicamente estesi a tutta la comunità che in paese conta poco meno di centinaio di presenze (è una delle più numerose sui nostri territori): qui siamo ormai alla quarta generazione di un gruppo che si è ben integrato nel tempo mentre le ultime generazioni quelle nate in Italia, sono di fatto figli della comunità locale.
Nadia e Mohamed, madre e figlio, nel primo giorno di Ramadan ci hanno idealmente aperti le porte della loro casa per descrivere il valore di questo tempo particolare che vivranno per trenta giorni: “Lo attendiamo con gioia perché in esso non vediamo un tempo di sole privazioni, ma la possibilità di crescere nello spirito, di pregare più intensamente, di assumere atteggiamenti che costruiscono buone relazioni fondate sul rispetto, sull’aiuto, sul sostegno verso chi è in difficoltà”.
Quella del digiuno durante le ore del giorno è solo l’aspetto più ‘visibile’ e forse più ricercato per descrivere il Ramandan, ma loro ci tengono a spiegare che è un impegno che significa molto di più e tocca da vicino l’animo degli islamici: “i primi 10 giorni sono di esperienza nella carità per chiedere perdono a Dio; poi seguono altri 10 giorni di maggiore vicinanza ad Allah nella preghiera; gli ultimi 10 giorni sono quelli che alimentano la speranza del Paradiso”.
Questa ascesi si caratterizza per il clima di raccoglimento e insieme di festa che vivono le famiglie “anche i più piccoli, i bambini che non sono obbligati al Ramadan. Loro iniziano per gioco l’esperienza del digiuno – e lo fanno spontaneamente – cercando di imitare gli adulti. Ne vanno fieri perché ne riconoscono il valore; ma non vivendo alcun obbligo il loro rimane un piccolo esercizio di alcune ore al giorno… Poi sì, entrati nella fase adulta della vita, si compie la scelta di vivere i precetti della nostra religione con maggiore impegno”.
“Volere è potere”, le parole del giovanissimo Mohamed che oggi ha 27 anni, ma che ha iniziato giovanissimo…
La giornata scorre regolarmente per tutti, con le attività lavorative di sempre; i pasti avvengono due volte al giorno, prima dell’alba e dopo il tramonto; “quello della sera, spiegano Nadia e Mohammed è davvero un momento di festa e di ritrovo per tutta la famiglia. Durante la giornata, per quanto possibile, cerchiamo di pregare insieme (sono 5 le preghiere per ogni musulmano, ndr) ma se non riusciamo, ognuno sa come adempiere al proprio dovere nei luoghi in cui si trova”.
“È il mese che chiude le porte dell’Inferno; è il tempo della pace; della fratellanza; del bene in più che dobbiamo al vicino di casa, ai poveri, ai bisognosi…”. Le parole di Nadia non sono soltanto la sintesi di precetti, ma si accompagnano di tanta umanità, di sentimento, di convinzione… e del sogno di poter condividere la sua preghiera con il resto della locale comunità islamica che prima del Covid consentiva agli uomini di riunirsi: “Non abbiamo spazi abbastanza capienti per tutti, perciò noi donne non partecipiamo alla preghiera insieme agli altri; e sarebbe bello…”. Lo dice con nostalgia negli occhi; nostalgia di casa, di patria…
Poi aggiunge: “Le religioni, quella musulmana, quella cristiana, quella ebraica…sono il più bel dono di pace che la Terra ha ricevuto: quel filo che ci unisce parla la lingua dell’amore, del rispetto… e tutto questo è molto bello, dobbiamo esserne fieri e felici di questa ricchezza”.
Poco più di un anno fa, Papa Francesco e il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb nell’incontro di Abu Dhabi traducevano con una firma, su un documento lungamente condiviso, il sogno comune di fraternità e amicizia sociale che per il Pontefice Romano si è tradotto poi nell’enciclica sociale Fratelli tutti (3 ottobre 2020): salvare il mondo costituendoci in “noi” l’invito di Francesco che attecchisce nell’uomo (in tutti gli uomini!) che si riconoscono fratelli, perché uniti dal sogno comune di pace, e in creature pensate, amate, condotte da Dio e a lui si affidano. Parole che rischiano di rimanere slogan, di rimanere sospese per chi freddamente resta a guardare senza immergersi nella vita del suo vicino di casa, musulmano (e viceversa). Perché tutto ha inizio tra coloro che condividono la vita nella stessa strada, nello stesso quartiere, nel piccolo paese, il lavoro, il gioco, lo studio.
Rispetto, astinenza e silenzio sono tra gli impegni maggiori di ogni Ramadan, condotti ad Allah attraverso la preghiera: “e lo facciamo confrontandoci con la vita di tutti i giorni, spiega Mohammed. I social, per esempio, sono l’ultima novità anch’essa adattata alle esigenze di questo tempo. Esistono delle apposite App che scaricandole, ti consentono un parziale blocco della tua pagina facebook o instagram per il tempo necessario; ed è anche questa una scelta che compiamo serenamente, non senza qualche disagio iniziale per abituarci al nuovo stile. E vale anche per numerosi influencer del mondo islamico che decidono di fermare le loro attività…”.
È un segno di impegno e di scelte consapevoli, quelle che oggi con il sorriso e con fierezza ci raccontano i fratelli musulmani. Buona preghiera a voi tutti, buona rinascita dal peccato alla vita nuova…