Giovanna Corsale – La campagna vaccinale va avanti, ma non sono poche le difficoltà e le battute d’arresto che fanno da ostacolo all’unica “arma” che può davvero difenderci dal Covid. È nota a tutti l’altalenante vicenda che ha avuto come protagonista l’anglo-svedese AstraZeneca, prima sospeso a causa delle morti avvenute per trombosi che secondo alcuni sarebbero connesse al siero, poi la riammissione di quest’ultimo nel piano vaccinale, perché i casi di decessi avvenuti, come rassicurano i sanitari, rientrano nel livello di rischio minimo.
Chiuso il capitolo ‘AstraZeneca’, se ne apre un altro, stavolta riguardante l’antidoto Johnson&Johnson, prodotto negli Stati Uniti, ma già sospeso dalle autorità sanitarie dopo che sono sei i casi di trombosi verificatisi nelle due settimane successive alle iniezioni. Il blocco del siero J&J tocca ovviamente anche l’Europa, alla quale l’azienda americana ha appena consegnato le dosi stabilite.
Ma cosa accomuna, tecnicamente, i vaccini AstraZeneca e J&J?
Senza dubbio si tratta di vaccini simili, poiché entrambi utilizzano un frammento di Dna che corrisponde alla ‘proteina Spike‘, proteina di ingresso del virus Sars-Cov-2 nelle cellule, si inserisce in un virus innocuo per l’uomo e modificato. Successivamente, il virus infetta le cellule umane e il Dna ‘letto’ e ‘tradotto’ in proteina, la quale diventa l’obiettivo contro cui avviene la risposta immunitaria.
Quali differenze con Pfizer e Moderna?
Rispetto ad AstraZeneca e a Johnson& Johnson, i sieri Pfizer-BioNTech e Moderna, detti a Rna, non introducono nell’uomo il virus vero e proprio, ma utilizzano delle molecole che contengono ‘istruzioni’ perché le cellule umane sintetizzino le proteine Spike prodotte dal virus.