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FILM DA GUARDARE. Minari, radici di perseveranza di una famiglia alla ricerca di sé 

Il film vincitore di un premio Oscar è disponibile in streaming e al cinema

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Noemi Riccitelli – Scritto e diretto da Lee Isaac Chung, prodotto dalla compagnia di produzione dell’attore Brad Pitt (Plan B Entertainment), candidato a ben 6 premi Oscar (di cui si è aggiudicato quello alla miglior attrice non protagonista per Yoon Yeo-jeong ) e vincitore del Golden Globe per il Miglior film straniero, Minari è stato considerato una delle pellicole più notevoli dell’anno.
Insieme a Nomadland, molti spettatori hanno potuto apprezzare il film nuovamente al cinema, ma è disponibile anche su Sky Cinema e Now TV.

Il regista racconta la storia di una famiglia sudcoreana (l’ispirazione verrebbe dalla stessa famiglia di Chung) degli anni ‘80 che, dopo essersi trasferita negli Stati Uniti, decide di spostarsi dalla California, dove Jacob (Steven Yeun) ha lavorato duramente nell’industria zootecnica, senza però essere mai pienamente soddisfatto, all’Arkansas: qui, Jacob vuole realizzare la sua fattoria di proprietà e coltivare prodotti coreani da poter rivendere nel commercio delle grandi città.
Insieme a lui la moglie Monica (Han Ye-ri), la quale non si mostra affatto entusiasta del progetto del marito, cercando più volte di dissuaderlo dalle sue ambizioni, preoccupata per l’educazione e la salute dei figli, Anne (Noel Kate Cho) e David (Alan Kim), quest’ultimo in particolare con un problema di cuore. A dare tono al ménage familiare arriva la nonna Soonja (Yoon Yeo-jeong), trasferitasi dalla Corea del Sud per volontà della figlia Monica.

La sceneggiatura del film alterna momenti di tenerezza e ironia, ad altri in cui si evincono gli sforzi e le difficoltà della famiglia per non cedere alle pressioni esterne (i vincoli burocratici, gli ostacoli che Jacob incontra nella realizzazione della fattoria) e interne (la tensione tra i membri della famiglia stessa), ma indubbiamente il cast riesce a dare vita ai sentimenti dei protagonisti con intensità.
Una menzione particolare va fatta anche a due dei personaggi secondari che ruotano intorno al nucleo familiare: l’eccentrico, ma di buon cuore Paul (Will Patoon) e il giovane Johnnie (Jacob Wade). Tuttavia, tra tutti, emergono le figure di nonna Soonja, donna dal carisma irresistibile, anticonvenzionale, e il piccolo David, acuto e curioso osservatore degli eventi che accadono intorno a sé, che stringerà con la nonna una relazione più intima e sentita di quanto non possa sembrare inizialmente.

È la nonna, tra l’altro, che mostra a David il minari, la pianta orientale che dà il titolo al film, che lei ha portato con sé dal suo Paese, «la cosa più meravigliosa che la natura abbia creato. Può essere mangiato da chiunque e con qualsiasi cosa». La pianta, infatti, è la delicata metafora che il regista sceglie per rappresentare quelle “radici” culturali non sempre autoctone, ma che riescono a crescere, fiorire e ad innestarsi nonostante la diversità, arricchendo il luogo in cui sono state piantate. È la molteplicità di culture che costituisce l’identità americana, sua forza, ancora minata e non pienamente riconosciuta, in cui però il regista Chung ha fiducia, facendola germogliare rigogliosa nell’ultima sequenza del film.

La fotografia raffinata (di Lachlan Milne), che enfatizza il paesaggio rurale e domestico americano, e le interpretazioni del cast rappresentano i punti di forza di una vicenda familiare di stampo classico, tra il drammatico e il sentimentale, che si pone nella linea dei film di sensibilizzazione alla diversità e alla riflessione.

 

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