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Commento al Vangelo dell’Ascensione. A noi discepoli il compito di dare una svolta alla Storia

Commento al Vangelo, Ascensione del Signore - anno B

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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano Clicca per visitare il sito 
Maria Cavazzini Fortini, Ascensione del Signore (acquarello, maggio 2020)

Ascensione del Signore – Anno B
At 1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

Il racconto che Luca fa, in Atti, dell’Ascensione del Signore, è racconto di una vera e propria “teofania”, di una manifestazione di Dio; una manifestazione che avviene con il celarsi di Gesù! Paradossale! Come sempre, nel mistero cristiano, tutto è paradossale!

Qui Dio si manifesta sottraendo la visibilità del Risorto ai discepoli, ma questa assenza subito si riempie di una parola che viene da Dio: «Uomini di Galilea perché state a fissare il cielo? Questo Gesù che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». A parlare sono “due uomini” non meglio definiti da Luca (anche al sepolcro le donne avevano visto “due uomini ”! Cf. Lc 24,4) la tradizione ha voluto vedervi due angeli… per alcuni esegeti sarebbero di nuovo Mosè ed Elia (anch’essi così definiti da Luca nella scena della Trasfigurazione; cf. Lc 9,30) che sono venuti come testimoni all’appuntamento del “compimento” dell’Esodo; ricordiamo che il solo Luca dice quale fosse l’argomento del parlare di Gesù con Mosè ed Elia alla Trasfigurazione: «Del suo esodo che avrebbe compiuto a Gerusalemme» (Lc 9,31)… sì, perché qui l’Esodo è davvero compiuto! Se la passione è stata il tempo del deserto ora qui, con la Risurrezione e l’Ascensione, Gesù giunge con tutta l’umanità alla Terra promessa! La scena somiglia tantissimo al racconto della Trasfigurazione: in primo luogo c’è la nube, segno della gloria del Signore, nube che cela e rivela e, mai come in questo racconto, è così chiaro che essa celi ma poi si dipana una grande rivelazione.

I due uomini (siano angeli o Mosè ed Elia!…) invitano i discepoli disorientati (ancora un parallelismo con il racconto della Trasfigurazione!) a non rimanere fissi con gli occhi al cielo e questo perché c’è sì da attendere un ritorno, ma questa attesa non può non essere che nella storia, nel quotidiano … i discepoli devono tornare alla storia e anzi devono essere essi stessi, nella storia, via di svolta, di “esodo” per tutti!
Ai discepoli del Crocefisso Risorto non è consentita alcuna evasione dalla storia! Ormai questo “esodo” dell’umanità è incominciato, tanto che un frammento della storia, del tempo degli uomini, della loro carne è ormai presso Dio… Gesù è questo straordinario frammento di storia che è giunto a Dio compiendo tutto l’Esodo ed essendo promessa di pienezza! In Lui ci darà, come scrive Paolo, la caparra del compimento (cf. Ef 1,14).
La Chiesa resta nella storia per essere seme di questo compimento! Un compimento che può avvenire solo in un modo: narrando Gesù! D’altro canto, Gesù era venuto per narrare al mondo il Padre e l’aveva fatto con le sue parole e la sua vita tutta donata; la Chiesa non può e non deve fare altrimenti, non può e non deve fare altro! Riceverà lo Spirito per essere serva di questo compimento.

Nella finale dell’Evangelo di Marco che oggi si ascolta è chiaro: i discepoli, nonostante la loro fragilità (sono gli Undici e non più i Dodici perché tra loro si era insinuato il tradimento e la morte, e sono stati incapaci di una fede pronta, infatti Gesù li rimprovera per questa loro povera fede!) sono inviati da Gesù risorto ad evangelizzare tutta la creazione; mi pare significativo che Gesù non dica semplicemente “tutti gli uomini ” o “tutte le genti” (come viene detto in Matteo) ma dica “tutta la creazione”… è come dire che l’Evangelo, per la parola e la testimonianza degli Apostoli, debba permeare tutto il creato per trasfigurarlo; tanto è vero che gli stessi segni che essi devono fare, toccano con evidenza le cose create liberandole (scacciano i demoni!) e trasformandole da male a bene (i serpenti, il veleno, le malattie, la separazione tra gli uomini a causa delle “lingue ” diverse…)

Con l’Ascensione allora inizia un tempo nuovo, il tempo in cui il seme che Cristo ha piantato nella storia deve iniziare a giungere a pienezza…

Anche la finale di Marco, come il racconto di Atti, sottolinea che inizia un tempo di assenza, ma subito quell’assenza è avvertita come presenza distesa e permanente… infatti il Signore opera con i suoi e conferma le parole degli Apostoli e questo dappertutto, ovunque…

Lo straordinario di questo mistero dell’Ascensione è che l’Evangelo, frutto “a caro prezzo” dell’amore trinitario, frutto «a caro prezzo» (1Cor 6,20) della croce del Figlio, ora è affidato a povere mani di uomini… la conferma e l’operare di Cristo sono strettamente legate all’opera dei discepoli… se essi non vanno e non si compromettono l’Evangelo resta “congelato” perché non annunziato, resta fermo perché ha bisogno delle loro gambe e della loro fatica… quando nei secoli i discepoli non hanno fatto questo, il mondo degli uomini ed il creato tutto hanno vissuto il ripiombare nelle loro vie di morte e di alienazione; quando la Chiesa non fa questo si sottrae al suo compito precipuo e impoverisce il mondo e dunque tutti gli uomini…

L’Ascensione, allora, deve accendere nei nostri cuori la “febbre” dell’evangelizzazione… non c’è cristiano che se ne possa sentir fuori… non c’è discepolo di Cristo che possa nascondersi dietro “altri ministeri” e altre urgenze! Nessun discepolo di Cristo ne può essere esentato!

Divenuti discepoli del Crocifisso Risorto non si può avere che un’urgenza: gridare al mondo, con la vita e la parola, la grande speranza, indicare al mondo quella Terra Promessa che già ci appartiene perché “uno di noi”, Gesù di Nazareth, Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, già vi abita e, abitandovi, rimane contemporaneamente sempre con noi! E abitandovi già ha portato in quella Terra Promessa ogni uomo, perché vi ha portato la carne e il sangue che ci appartengono, vi ha portato anche il nostro soffrire e il nostro morire! Sì, perché il Risorto è salito al Padre portando le ferite della croce e la ferita mortale del suo costato (cf. Gv 19,33-35).

Credere nella Risurrezione è credere a questa Terra Promessa e tendervi con tutte le forze! Chi crede nella Risurrezione sa che c’è un’urgenza: l’Evangelo! Sa che è un’urgenza prima per lui stesso che ogni giorno deve decidersi per Cristo per poi mostrarlo al mondo senza arroganze e senza disprezzo.

A Cristo Gesù che tornerà la Chiesa dovrà consegnare questo mondo in cui essa è stata lasciata, un mondo da amare e da trasfigurare con la parola di salvezza e con la sua vita tutta fatta dono come quella del suo Sposo e Signore!

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