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INTERVISTA a Rosario Balestrieri, ornitologo e divulgatore scientifico. Il Matese, ricchissima “biodiversità” ancora da studiare. Serve la giusta politica

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Martin pescatore

Conoscere per amare; conoscere per rispettare e tutelare… ma anche monitorare lo stato di salute del nostro habitat. Il Matese non è solo risorsa paesaggistica da mostrare in foto o da godere nel weekend, ma laboratorio a cielo aperto da studiare per contribuire al sapere collettivo.
Perchè studiando il Matese studiamo il Pianeta su cui poggiamo i piedi, con la responsabilità di tutelarne ogni angolo, ogni risorsa connessa all’altra dall’unico disegno creatore… 
Lo scorso 8 maggio è stata celebrata la Giornata Mondiale degli Uccelli Migratori; il prossimo 22 maggio ci sarà la Giornata internazionale della Biodiversità. Tra esse abbiamo deciso di inserire l’intervista a Rosario Balestrieri, Ornitologo e Divulgatore scientifico; Segretario Segretario del Centro Italino studi Ornitologici e Presidente dell’Associazione ARDEA. Attualmente al lavoro Presso il Dipartimento di Comunicazione della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” (Napoli).
Tra le date, non a caso, si inserisce l’attuale Settimana Laudato Sì voluta da Papa Francesco, con appuntamenti e riflessioni sui contenuti sull’Enciclica dedicata alla cura della Casa comune.

Matese, crocevia di migrazioni di uccelli. Quali e quante specie in particolare attraversano i nostri territori e vi si posano durante il viaggio?
È difficilissimo rispondere con dettaglio a questa domanda in quanto, nonostante il Matese sia un territorio molto interessante da questo punto di vista ed un Parco Regionale sempre più Nazionale, sono pochissimi gli studi che hanno analizzato il transito migratorio.
Noi come Ass. ARDEA abbiamo monitorato una finestra temporale di circa 15 giorni (fra fine agosto – inizio settembre) per 8 anni, dal 2010 in poi, inanellando oltre 13.000 individui di circa 60 specie diverse di uccelli, alcune delle quali mai segnalate in precedenza come la schiribilla, il voltolino, il canapino maggiore, la cannaiola verdognola, il pettazzurro. Questo, monitorando un solo punto del territorio del Parco e solo per pochi giorni l’anno: proviamo ad immaginare quali scoperte si potrebbero fare con un progetto che indaghi i diversi ambienti del Matese, in più stagioni. La Migrazione primaverile ad esempio nel territorio del Parco non è mai stata studiata.

Rosario Balestrieri e Giovanni Capobianco con un esemplare di voltolino durante uno delle campagne di inanellamento Migrandata-Matese

Dal punto di vista della Scienza, quale caratteristica particolare consente alle nostre montagne di essere scelte come habitat (a volte solo temporaneo) da alcuni uccelli?
Gli uccelli migratori spesso si fermano nei siti più idonei lungo la loro rotta e da questo punto di vista l’Italia, essendo un ponte naturale fra Africa ed Europa, è percorso da innumerevoli rotte. Il Matese ha di speciale un’enorme varietà ambientale, che consente ad innumerevoli specie di trovare un sito di soste ideale per il riposo ed il foraggiamento, dal piviere tortolino, che staziona in vetta a Miletto, Gallinola e Mutria, al cannareccione, che dall’Africa Meridionale riempie il canneto del Lago Matese, ai tordi, i luì e i fringillidi, che prediligono le varie tipologie di boschi che cingono il massiccio.

Le campagne di inanellamento degli anni passati sul Matese hanno portato a interessanti scoperte. Puoi citare alcuni risultati?
Come accennato prima, quello del progetto Migrandata–Matese, grazie all’importante campo d’inanellamento, è stato sicuramente lo studio più approfondito realizzato nell’ambito del territorio del parco. Oltre alle specie nuove citate in precedenza, abbiamo accertato la nidificazione del tarabusino (l’airone più piccolo d’Europa), una delle più alte in quota d’Italia. Abbiamo visto che la maggioranza delle rondini che abbiamo ricatturato venivano da Croazia e Repubblica Ceca. Insieme all’Istituto Zooprofilattico di Teramo abbiamo cercato la presenza di virus pericolosi negli uccelli, quando l’argomento non era così tristemente di moda, per fortuna senza mai trovare nulla di preoccupante. Ma forse il risultato che mi ha reso più fiero è l’aver istituito una sorta di Summer School per ornitologi, che da tutta Italia (dalla Sicilia alla Lombardia) migravano con gli uccelli sul Matese per studiarli insieme a noi ed innamorarsi di questo territorio tanto bello quanto misterioso.

Sulle specie stanziali, quali nomi ci sono particolarmente cari?
Sicuramente una delle specie più evocative del Matese è l’aquila reale, che abita il parco con una coppia storica rilevata già negli anni 80’. Altra specie stanziale molto interessante è il gracchio corallino che, nonostante sia inserito fra le specie particolarmente protette, non risulta particolarmente monitorato. Infatti, il numero di nidi al momento viene solo stimato ed il successo riproduttivo non è stato mai indagato. Altra specie di immensa bellezza e potenza è il grifone, che sempre più spesso si vede volare fra le creste del massiccio: gli individui visti e riconosciuti attraverso le varie tipologie di marcature vengono dal Silente Velino e spero tanto che prima o poi qualcuno provi a nidificare.

Quale sensibilità da “coltivare” affinché sempre più persone o giovani e bambini si affaccino a questo tipo di studi?
Io credo che i bambini siano naturalmente attratti dalla natura e dagli animali, credo che qualsiasi bambino preferisca correre in un prato, che essere in casa a vedere la TV. Credo però che la società di oggi ci induca a pensare che le priorità siano altre, per cui magari sembra diventato più comune mettere “mi piace” ai tramonti visti sui social che affacciarci dalla finestra per vedere un tramonto vero. Le persone tutte (adulti e bambini) dovrebbero essere educate a comprendere che ogni gesto che facciamo ha delle ripercussioni ambientali e per questo dovremmo compiere quelle azioni che possano mitigare la pressione della nostra specie, così popolosa ed impattante, sul pianeta.

Passione, approccio amatoriale e ricerca scientifica: possono essere il presupposto per un laboratorio permanente di studi nel nostro Matese e di conseguenza una forma di crescita per il territorio? E in che modo?
Sicuramente la passione per la natura e l’approccio amatoriale alla sua fruizione vanno incentivati perché è la direzione giusta per far crescere la cultura naturalistica dei cittadini ed indurre dei comportamenti più responsabili e quindi sostenibili. Discorso diverso è per la ricerca scientifica e l’istituzione di laboratori permanenti sulla biodiversità: queste attività o strutture prevedono professionisti che non necessitano di essere motivati, ma hanno bisogno di essere sostenuti. Negli anni in cui ho frequentato il Matese ho visto inaugurare tante strutture nuove poi rimaste vuote. Studiare la biodiversità, in qualsiasi delle sue componenti, è un lavoro che prevede un percorso di studi lungo, l’acquisizione di elevati livelli di qualificazione, attrezzature ed un impegno costante nel tempo. Purtroppo, fino a quando la stragrande maggioranza dei cittadini e la quasi totalità degli amministratori penserà che chi studia la biodiversità è uno che si diverte con il retino a correre dietro le farfalle o con il binocolo a guardare gli uccelli senza produrre nulla di utile, non ci saranno fondi per sostenere questo settore strategico della ricerca scientifica del nostro Paese.
Pertanto, sarebbe fondamentale che tutti capissero che la biodiversità è sia lo scrigno di risorse alimentari, farmaceutiche, ecc. che il termometro dalla salute dell’ambiente in cui viviamo e per questi motivi è prioritario venga studiata e protetta.

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