Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano Clicca per visitare il sito
Pentecoste – Anno B
At 2,1-11; Sal 103; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16, 12-15
Se con l’Ascensione l’esodo è compiuto, la carne dell’uomo è giunta alla Terra promessa che è il grembo trinitario di Dio, se l’Ascensione è il “già” della salvezza, la Pentecoste apre la possibilità del “non ancora”… il “già” della carne di Cristo apre il “non ancora” della nostra carne; dal compimento di quel “già” iniziano a scorrere i giorni, gli anni, i secoli in cui l’umanità avrà bisogno di essere innervata dalla forza di Dio, dall’Amore che è Dio, per giungere, nella piena libertà, a quella Terra promessa di cui Cristo Gesù è la certa caparra! La nostra fede è così: promesse che si compiono e rilanci della promessa… di rilancio in rilancio si perviene alla Terra promessa! Pentecoste compie la Pasqua perché lo Spirito, dono estremo e pieno del Risorto, innerva i credenti e li fa Chiesa; Pentecoste è l’ora in cui lo Spirito inizia ad abitare la storia per trasfigurarla in storia di amore! Pentecoste compie la Pasqua perché lo Spirito è colui che è dato ai credenti perché entrino con coraggio nella dinamica pasquale fino in fondo, senza sconti o diminuzioni senza viltà e nascondimenti, senza addolcimenti o raffreddamenti.
Lo Spirito che oggi inizia ad essere effuso sui credenti diventa il compagno inseparabile della Chiesa di Cristo, come fu – lo scriveva San Basilio il Grande – compagno inseparabile di Gesù di Nazareth. La Chiesa allora sa che, o sarà docile compagna dello Spirito del Risorto o rischia di divenire altra cosa: compagine sociale, fors’anche benemerita, ma solo compagine sociale. Nella realtà quando essa prende le distanze dallo Spirito e dalle sue istanze diventa neanche una benemerita associazione ma, il più delle volte, un mastodonte ingombrante che offusca l’Evangelo contraddicendolo perché si lascia muovere da istanze sempre più simili a quelle del mondo. Quando no si lascia muovere dallo Spirito la Chiesa comincia ad entrare nel mondo “da lupo” e non “da agnello” e quante volte ha creduto di poter annunziare l’Evangelo con la veste del lupo rapace e ha trasmesso un annunzio sviato e sviante. Cantare il Veni Creator significa non tanto invocare lo Spirito perché Egli venga (Egli già abita nei nostri cuori!) ma significa dargli “mano libera” nelle nostre vite e dunque nella vita della Chiesa!
La Pentecoste ci racconta la freschezza di una Chiesa invasa dalla potenza imprevedibile e non ingabbiabile dello Spirito, di una Chiesa che con franchezza grida l’Evangelo senza paure o limiti, senza calcoli di convenienze o di tempi; una Chiesa abitata da quella “parresia” che rende ragione dell’Evangelo e lo proclama senza arroganze ma con il fuoco della passione di chi la vita se l’é lasciata afferrare da Cristo! La camera alta in cui i discepoli sono raccolti è luogo di attesa e di preghiera ma anche luogo che si lascia spalancare dall’imprevedibile di Dio!
I discepoli diventano pienamente uomini della Pasqua perché si lasciano afferrare dal turbine dello Spirito che ribatte nel loro cuore solo una parola che essi ripetono e che tutti intendono nelle loro lingue. Quale questa Parola? Luca la metterà subito dopo sulle labbra di Pietro: «quel Gesù che voi avete crocifisso… Dio l’ha resuscitato sciogliendolo dalle angosce della morte…e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2, 23-24.32). E’ l’Evangelo di Gesù, la bella notizia di Gesù, che sulle labbra della Chiesa sarà sempre Evangelo costoso e lo Spirito sarà la forza per pagare questo prezzo, la forza per fare ciò che Paolo dice nel testo della Lettera ai cristiani della Galazia che abbiamo ascoltato: «Crocifiggere la carne con le sue passioni e i suoi desideri».
La Pentecoste è l’inizio di questa possibilità di lotta perché l’uomo nuovo, nato dalla Pasqua di Gesù, possa prendere forza e vigore nel cuore dei credenti. Pentecoste è l’irruzione definitiva di Dio al cuore dell’umanità, è lo Spirito versato nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5) perché possa esplodere la “figliolanza” che ci fa gridare Abbà (cfr. Rm 8,15). E allora è chiaro che Pentecoste è compimento e rilancio della promessa. È compimento perché lo scopo della salvezza era quello di dare accesso all’amore di Dio al cuore dell’uomo, è rilancio perché dal dono nasce la lotta della libertà che di continuo deve aprirsi, in ogni credente, al dono di Dio.
La Pentecoste assicura al credente la presenza di un Paraclétos, un difensore; certo è lo Spirito che ci difende dagli attacchi del mondo ma è soprattutto Paraclètos perché difende Dio da noi stessi, o meglio, difende i diritti di Dio nella nostra vita di credenti e fa salire dalla storia i suoi «gemiti inesprimibili» (cfr. Rm 8,26) per aiutarci a domandare ciò che davvero serve al Regno di Dio e a fare delle nostre vite dei capolavori di pienezza.
Dal Mistero della Pentecoste il credente sa che la storia è abitata ormai dallo Spirito di Dio che è unità, amore, forza, fuoco di passione, coraggio; il credente sa che le sue scelte costose per l’Evangelo sono sostenute da Colui che Cristo ci ha donato come compagno di viaggio per tutti i giorni della storia. Questo nostro compagno di viaggio, lo Spirito Santo, è Colui che ci dona la presenza del Risorto, è colui nel quale ci sono rimessi i peccati, è Colui che ci fa uno per testimoniare al mondo il volto dell’umanità nuova che Gesù ha conquistato per noi nella sua Pasqua. È Colui che insegna alla Chiesa, giorno dopo giorno, ad andare per le strade del mondo non nella veste rapace e violenta del lupo ma con la veste luminosa dell’agnello perché il Suo Signore è l’Agnello che da Agnello ha salvato il mondo. La Chiesa sarà strumento di salvezza ogni qual volta darà “mano libera” allo Spirito perché le dia il coraggio mite dell’Agnello!