Giorgio Agnisola * – È un Vanvitelli umanissimo quello che ha profilato Giuseppe de Nitto nel suo ultimo libro, Vanvitelli, l’uomo, l’artista (edizioni Pacifico, Caserta, pagg.118, euro 15,00). Un Vanvitelli che si divide tra le ufficialità del lavoro e il bisogno di concentrazione nel lavoro, che è costantemente in apprensione per i figli, ama teneramente la moglie, essendo egli sovente lontano, sa muoversi con intelligenza e saggezza nell’intricato mondo della corte.
Pino de Nitto, al di là della ricognizione storica, punta la sua lente sul Vanvitelli uomo, al di là di ogni celebrazione. Esplora i rapporti dell’architetto con il padre, il grande vedutista Gaspare Van Wittel, la cui lezione fu fondamentale per l’imagerie del figlio, e quelli dell’architetto con la famiglia della moglie, con quel Lorenzani ottonaro, in particolare, che aveva il senso della cultura, intesa come finezza dei mezzi, preziosità degli strumenti, qualità dei materiali, e che probabilmente determinò la grande cura che nell’insieme equilibrato dell’opera ebbe Vanvitelli per l’apparato decorativo dei suoi progetti. Questi esempi, assieme a quelli di colui che fu ispiratore della scienza vanvitelliana, Filippo Juvarra, trovò terreno fertile nella genialità del nostro, che fu, sì, attento interprete degli spunti visionari di Carlo di Borbone e della moglie Carolina, ma capace anche di conservare un suo registro, una sua impronta, anzi di imporla con garbo e intelligenza.
Altro pregio dell’opera è l’aver presentato nitidamente un artista a tutto tondo, che era anche scenografo, pittore e disegnatore, incarnando quel talento che traeva spunto dal barocco per entrare nel secolo dei lumi con ordine, rigore, concretezza. Vanvitelli d’altra parte era uomo avveduto e generoso, seppe fare squadra, sotto la sua direzione, creò una scuola e una organizzazione. I suoi allievi si sparpagliarono in tutta Europa ed oltre, conseguendo ovunque successi. Fu in sostanza anticipatore della moderna organizzazione del lavoro creativo e anche di quella scienza mediatica che normalmente si accompagna ad un’opera così grande come quella casertana, che non è stata solo il Palazzo ma anche il suo contesto. Quale illuminata visione quella dei reali, che agognavano una moderna città di servizio, urbanisticamente rigorosa, moderna e funzionale, una città di partecipazione e di serenità! Come non capirlo? E come pensare oggi ad un Palazzo avulso dal contesto? Interrogativi che interpellano la politica.
Il volume, pur essendo assolutamente e attentamente fondato nella ricerca storica, è anche, in qualche misura, divulgativo, grazie all’ampio corredo di illustrazioni, che seguono il testo e lo ampliano sul piano percettivo. Il registro dell’opera è elegante e scorrevole, la pagina sembra quella di un romanzo: il romanzo di Vanvitelli, appunto.