La forza di un libro è nella sua capacità di parola e di ascolto. Perché se le parole stimolano la riflessione di chi lo sfoglia, esso sa restare in silenzio davanti alla riflessione del lettore che ad un certo punto sceglie di mettere in pausa gli occhi che corrono sulle lettere e di far partire la sua meditazione provocata da un rigo, da una parola… Sublime corrispondenza. Come poche.
Nel Maggio dei Libri, rassegna nazionale curata nel territorio matesino dalla Biblioteca diocesana San Tommaso d’Aquino, spazio alla riflessione, alla condivisione e alla rivoluzione del pensiero, ossia a quel turbinìo di idee che può e deve suscitare un libro. Le pagine scelte sono quelle di Un paese di paesi (ETS, 2021) lette e commentate direttamente dall’autore, Rossano Pazzagli, docente dell’Università del Molise.
Appuntamento è per oggi pomeriggio (28 maggio) alle 17.30dal cortile dell’Episcopio in Piedimonte Matese: evento riservato ad un ristretto pubblico in presenza (per coloro che si sono prenotati) ma disponibile anche online tramite Facebook e YouTube.
Qualche sommessa anticipazione da parte dell’autore per entrare nel vivo della sua più ampia riflessione pomeridiana; si tratta di parole chiave e proposte che preparano il terreno della mente e lo dispongono ad accogliere qualche significativa proposta.
Un paese di paesi parte da una contraddizione di fondo, “quella che il nostro Paese si è dimenticato della parte più importante ed estesa del suo territorio (…)”. L’analisi storica di Pazzagli si affianca a quella prospettica e arriva alla infelice constatazione che lo sviluppo dell’Italia è avvenuto in maniera squilibrata “perché ha concentrato popolazione, ricchezza e servizi nelle città, in qualche tratto di pianura e di costa e ha indebolito l’Italia della montagna, della collina interna e del fondovalle. In questo modo in un paese policentrico come il nostro abbiamo polarizzato lo sviluppo”.
La parte debole di questa presunta conquista è di fatto emersa durante la pandemia quando alla riflessione di Pazzagli si sono aggiunti altri autori con interessanti propositi. Un nuovo movimento sociale? Di sicuro un’opportunità intellettuale e politica da non perdere, da non trascurare nella riflessione comune. “La pandemia ci ha dimostrato come questa concentrazione sia un problema. Il mio libro pertanto si pone l’obiettivo di indicare le vie per riequilibrare questa situazione: dare dignità e importanza al territorio; riabitare i paesi e le campagne… Ambizioso ma possibile”.
Ma come? Domanda scontata, ma è quella che chiama in causa la riflessione più urgente. A questo punto, il cambio di passo l’autore del libro, come lui stesso ci rivela, è nel passaggio dalla riflessione storica a quella politica: “Bisogna riportare servizi e opportunità, ma soprattutto servizi essenziali come scuola, sanità e trasporti… perché sono anche diritti! E poi smettere di correre tutti con la stessa marcia e il comune sogno di un unico modello di sviluppo: Un modo per riequilibrare le diverse Italie è quello di fare politiche differenziate, un concetto su cui insisterò nel mio intervento in diretta… Per creare uguaglianza in una situazione squilibrata come la nostra, non si può trattare tutti allo stesso modo, perché vuol dire cristallizzare quelle disuguaglianze”. La sua proposta è quella di un sistema familiare dove il figlio più debole non può essere trattato come quello più forte, più solido… Orizzonte di un nuovo umanesimo politico e sociale per l’Italia che tenta di superare la crisi da covid.
“Le disuguaglianze territoriali provocate dallo sviluppo – prosegue Pazzagli – sono diventate disuguaglianze sociali da curare come vera e propria malattia, a seconda della sua gravità: nel libro ci sono esempi di azioni virtuose virtuosa come quelle che incentivano la nascita di attività nei centri minori; di trattamenti fiscali particolarizzati rispetto ai territori… Nel caso del Matese molisano ho citato il modello SNAI (Strategie Nazionali Aree Interne) che potrebbe essere anche questo l’elemento per rilanciare alcune zone…”.
Non mancano dunque semi buoni, segni di speranza e occasioni di proposte: non sono soluzioni univoche ma sono il sistema capillare attraverso cui, con flussi e ramificazioni di proposte diverse è possibile raggiungere l’intera Italia.
“Sono dei semi alcune timide politiche attive in varie zone dell’Italia appenninica. Ma possono germogliare solo se sono accompagnati anche da un lavoro di tipo culturale: attraverso iniziative, la scuola, forme di comunicazione come quelle da voi organizzate ricreare una coscienza di luogo, cioè creare conoscenza… perché è successo che in quel processo di declino citato all’inizio, chi è rimasto nei luoghi “minori” ha perso la coscienza di ciò che c’è sui territori e di quanto sia importante”.
Conoscenza e coscienza del patrimonio territoriale – secondo Pazzagli – a partire dalla riflessione su cosa sia veramente rimasto nei nostri luoghi minori e marginalizzati. Troppe volte la risposta è racchiusa in un “niente” seccamente e inconsciamente pronunciato dai più giovani: “Ma è di fronte all’idea del niente che bisogna cominciare a leggere il territorio e accorgersi che intorno non n c’è il vuoto ma risorse, bellezze, servizi ecosistemici, paesaggi, prodotti… tutte cose da cui ripartire ma non per fare le stesse cose che propone il modello di sviluppo che di fatto ha emarginalizzato questi luoghi! Non possiamo pensare di portare gli stessi stili e modalità di produzione che ci sono nelle metropoli e nei paesi”.
La responsabilità è nuovamente nella mani della politica che accoglie e raccoglie le potenzialità e i sogni di un territorio, una politica che come un libro, sì come un libro, sappia parlare ed ascoltare…
Il professore Pazzagli continua: “serve un lavoro che faccia comprendere a politica e istituzioni che non possiamo applicare il modello della crescita continua e delle globalizzazione. Non possiamo continuare a correre, noi più piccoli né il mondo intero… La forza sta tutta nella coscienza che aree dove è possibile sperimentare processi di rinascita sono laboratori non solo per se stesse ma anche per indicare all’intera società che è il tempo di cambiare rotta. Pertanto dare importanza alla natura, al paesaggio, alla pastorizia, all’agricoltura non significherà soltanto tutelare la tradizione, ma dalle aree interne, promuovere l’innovazione”.