Matese. Tra moderno e contemporaneo
Il valore intellettuale della ricerca sui territori
di Carmine Pinto*
La storia è tornata. L’interesse e la passione per i fatti del passato non hanno mai avuto tanto successo. Negli ultimi anni si sono moltiplicati romanzi, fiction, trasmissioni, rievocazioni, istituti di ricerca, pubblicazioni. Si tratta di un fenomeno globale a cui l’Italia non è estranea. Anzi proprio nel nostro paese è diventato un elemento di formazione identitaria e di mobilitazione culturale di dimensione rilevanti, intercettando una antica tradizione di ricerca e di cultura diffusa sul territorio da lungo tempo.
Questa storia-, nel Mezzogiorno-, ha le sue radici nella seconda metà dell’Ottocento, quando iniziò la costituzione delle società di storia patria. A Napoli fu fondata già nel 1875. Nei decenni successivi si moltiplicarono esperienze locali e riviste, seguite poi dagli istituti di storia del Risorgimento (a Roma era stato costituito fondendo i comitati nati all’inizio del Novecento). Proprio queste istituzioni erano e sono il simbolo di una importante collaborazione tra storici impegnati nell’università, nella scuola e sul territorio, sulla base di un dialogo culturale ed intellettuale che nel sud del paese rappresenta uno dei migliori traguardi della nostra vita civile.
Questa tradizione così antica e rilevante negli ultimi anni si è rafforzata molto. Innanzitutto per il crescente numero di studiosi e cultori qualificati, sempre più impegnati nelle ricerche sul territorio e in costante dialogo con le istituzioni accademiche. In secondo luogo per la potenza del digitale e di tutti gli strumenti di divulgazione come YouTube o Facebook, che consentono di moltiplicare l’impatto di queste ricerche o, semplicemente, l’attenzione del pubblico. Proprio questa rubrica Matese tra moderno e contemporaneo, del resto, è un esempio della potenza di questi nuovi mezzi di diffusione, visto che gli articoli hanno circolato largamente proprio sui siti digitali.
Nel nostro paese questo processo si intreccia anche con un altro fenomeno rilevante, e meno appassionante: l’uso pubblico della storia. Certo, non è una novità del XXI secolo ed è rintracciabile in ogni epoca. In questo caso, si tratta di una aggressiva ricerca di ruoli ed identità politiche, funzionale a cercare nel passato la giustificazione di rivendicazioni del presente. Insomma si piega la storia a obiettivi immediati, attraverso messaggi semplici e banalizzanti, con fonti selezionate a piacimento, ottenendo come risultato di alimentare risentimenti o frustrazioni.
Un uso pubblico privo di valore scientifico e culturale, che tanti danni ha fatto al Mezzogiorno contemporaneo. Invece le ricerche sul Matese curate da Grazia Biasi e Armando Pepe mostrano quanto sia possibile ed utile continuare quella importante tradizione intellettuale della ricerca sui territori, capace di utilizzare il metodo scientifico e l’interlocuzione permanente con il mondo universitario. Il lavoro raccoglie una settantina di interventi e una quindicina di autori. Sono contributi sulla storia del Matese, l’area che si sviluppa intorno al massiccio montuoso al centro dell’Appennino meridionale. Un territorio che raccoglie grandi spazi del Molise e della Campania, ricco di vicende e personaggi esemplari del Mezzogiorno moderno e contemporaneo.
I volti, le vicende politiche, gli avvenimenti sociali e culturali
La raccolta (online) si sviluppa attraverso linee di ricerca che si possono raccogliere in aree omogenee, all’interno di una struttura propria dell’articolo breve, come tale vincolato ad uno spazio ridotto nella narrazione ed interpretazione, e per questo però molto proficuo. Innanzitutto c’è il racconto di una serie di personaggi: Don Giacomo Vitale, Antonio Gaetani di Laurenzana, Giuliano Palumbo, Gabriele Bastone, Giulia D’Angerio, Domenico Loffreda, Aurora Sanseverino, Domenico Caracciolo, Nicola Ventriglia, Francesco Visco, Virginio Dondeo, Alfonso II Gaetani dell’Aquila d’Aragona, Salvatore Riselli, Romeo Simonetti, Gioacchino Toma.
Il tema delle biografie o delle vicende di uomini con ruoli preminenti è da sempre uno dei pilastri di questo tipo di ricerca: servono ad interpretare e comprendere momenti di storia politica, religiosa e culturale del territorio, sia in epoca feudale che in tempi molto più recenti.
In secondo luogo uno spazio rilevante trova la storia risorgimentale, per il coinvolgimento del territorio nel lungo conflitto civile interno al Mezzogiorno, forse il punto di maggiore politicizzazione e mobilitazione del comprensorio. Si parte dal 1799 nella diocesi di Alife, arrivando a passaggi chiave come il 1848, agli anni dell’unificazione, al brigantaggio e si chiude con la storia della banda del Matese. Uno spazio storiografico che si è riscoperto con successo negli ultimi tempi, innovando problemi come la mobilitazione e la violenza politica. Una linea che continua nel volume analizzando le reazioni della società locale di fronte alla grande guerra e alla crisi dello stato liberale. Gli articoli arrivano al nuovo secolo, dalle vicende del fascismo (comprese le leggi razziali) fino allo studio delle elezioni agli albori della Repubblica e negli anni più recenti, altro tema che suscita molto interesse rispetto ai nuovi problemi del sistema politico italiano.
La storia sociale si muove attraverso diverse prospettive. Innanzitutto quella religiosa, a partire da luoghi importanti come la basilica di Santa Maria Maggiore a Piedimonte. L’attenzione più ampia è dedicata all’azione di vescovi militanti nelle lotte tra legittimismo e liberalismo (come Gennaro di Giacomo) o nelle rivalità di età barocca (Girolamo Maria Zambeccari), insieme a momenti di vita ecclesiastica sempre della diocesi di Alife. Uno spazio più ampio è dedicato alla storia economica e istituzionale, un settore consolidato degli studi sui territori. Innanzitutto guardando il paesaggio agrario, con l’analisi dell’economia pastorale in età moderna, continuando con lo studio di epidemie e malattie legate al mondo preindustriale, completando lo scenario con l’analisi dello sviluppo delle scuole, delle ferrovie e delle prime manifatture cotoniere.
Il quadro è anche più ampio: raccoglie contributi esterni, osservazioni sul panorama naturale, ricordi di guerra mondiale, una rassegna che registra la qualità di coloro che si sono misurati con questi articoli e la ricchezza delle vicende politiche e culturali del Matese. Soprattutto conferma che il ritorno della storia non è per nulla vincolato al provincialismo culturale di un distorto uso pubblico. Anzi proprio la sapiente e colta ricerca territoriale mostra la differenza tra questa esperienza e le mode del giorno. Senza dimenticare che la passione con cui si raccontano queste vicende del Matese-, insieme all’efficace divulgazione-, ci offrono con soddisfazione una continuità con la migliore tradizione colta e civile del nostro Mezzogiorno.
*Professore ordinario di Storia Contemporanea presso l’Università degli Studi di Salerno