Noemi Riccitelli – Étretat, Normandia: qui, al festival celebrativo di Arsène Lupin, un momento di ritrovo e di festa, Raoul, il figlio di Assane e Claire, viene rapito improvvisamente, lasciando sgomenti i genitori.
Finisce così la prima parte della serie Netflix Lupin, rilasciata sulla stessa piattaforma streaming a gennaio, riscuotendo un successo internazionale notevole.
Tuttavia, i fan rimasti con il fiato sospeso al termine dell’ultima puntata, sono stati sin da subito rassicurati e animati dall’annuncio di una seconda parte, disponibile dallo scorso 11 giugno.
Nei cinque nuovi episodi, Assane cerca la definitiva resa dei conti con l’odiato Pellegrini.
Per tutti coloro che non hanno ancora visto la prima parte, la serie si ispira alle vicende del personaggio letterario creato dalla penna di Maurice Leblanc, di cui il protagonista Assane Diop (Omar Sy) non è solo avido lettore, ma anche un entusiasta emulatore.
La seconda parte riconferma tutti i personaggi conosciuti nei primi episodi, tra cui: la già citata Claire (Ludivine Sagnier), Juliette Pellegrini (Clotilde Hesme), Hubert Pellegrini (Hervè Pierre), il poliziotto Guedira (Soufiane Guerrab), l’amico di sempre Benjamin (Antoine Gouy).
Questi ultimi due, in particolare, assumono un ruolo chiave in queste nuove ed impreviste vicende che Assane deve affrontare, trovandosi ad entrare direttamente in azione; Guedira, soprattutto, si rivela un abile e fedele complice, anche in quanto estimatore della figura di Lupin.
Il punto di forza della serie TV è, certamente, una trama semplice, in cui si riconoscono i classici schemi e modelli narrativi del giallo, ma avvincente: lo spettatore, inevitabilmente, rimane affascinato dai colpi di astuzia e dai piani rocamboleschi che Assane riesce a portare a termine, anche se più volte è necessario ricorrere alla sospensione dell’incredulità per concepire e accettare determinate azioni.
Oltre al racconto dinamico e intrigante, sin dalla prima parte, la sceneggiatura risulta valida e interessante anche per alcune tematiche “umane” cogenti nel contesto sociale d’Oltralpe (ma non solo): il complesso rapporto con l’eredità coloniale della Francia e le drammatiche conseguenze nel presente e nel recente passato, che sono all’origine dell’intera vicenda di Assane; gli organi di giustizia (tra cui la polizia) corrotti dai potenti e, non per ultimo, il delicato legame tra padri e figli, Babakar e Assane, Assane e Raoul, anche questo, motore dell’intera vicenda e trait d’union tra le due parti della serie.
Omar Sy domina la scena con carisma ed espressività: il suo Assane interpreta lo spirito di un personaggio che ha attraversato il tempo, rendendolo ancora più iconico e attuale.
Il resto del cast ruota intorno alla sua figura con disinvoltura e bravura, ma nessun altra interpretazione si distingue per brillantezza.
Lupin risulta un prodotto riuscito e di successo, non solo perché presenta un formato “compatto” (5 episodi di 40/50 minuti ciascuno) e quindi fruibile e godibile senza particolare impegno, ma anche perché fa stare bene, trasmettendo fiducia e serenità: nonostante le brutture del mondo, l’ordine e la giustizia che tanto si anelano vengono ristabilite e rispettate.
Naturalmente, non c’è due senza tre, le avventure di Assane non sono terminate: è in produzione una terza parte.