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Ida Irene Dalser e Benito Albino Mussolini, tra Piedimonte e Napoli, alla ricerca di un porto sicuro

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Matese tra moderno e contemporaneo

di Armando Pepe

Alfredo Pieroni alla ricerca della lacrimevole e disperata storia d’amore tra Benito Mussolini e Ida Irene Dalser
Alfredo Pieroni, per lunghi anni cronista di razza e giornalista di punta del «Corriere della Sera», nel corso della sua vita si gettò anima e corpo in un’inchiesta eccezionale, cui nessuno prima di lui aveva dedicato tanta attenzione. Nel gennaio del 2006 infatti diede alle stampe un piccolo libro, ma conciso e dal ritmo serrato, dal titolo «Il figlio segreto del Duce. La storia di Benito Albino Mussolini e di sua madre Ida Dalser».

Ida Irene Dalser era originaria di Sopramonte, comune autonomo fino al 1926, ora frazione di Trento (che fino al 1918 formalmente appartenne all’Impero Austro-Ungarico). Era  una donna volitiva, orgogliosa, che si era fatta da sé, aprendo e gestendo un’avviata attività da estetista a Milano. Benito Mussolini, altrettanto, se non di più, volitivo ed istrionico, fervido e dinamico giornalista, dapprima socialista, poi interventista e finalmente fascista, quando era innamorato prometteva ponti d’oro. Tra i due scoccò la scintilla e fu subito amore.

Benito Albino Mussolini
Dalla loro relazione turbolenta e oltremodo passionale, come solo due caratteri focosi e irruenti possono intrattenere, Benito Mussolini e Ida Dalser ebbero un figlio, Benito Albino Mussolini, nato a Milano l’11 novembre 1915. L’amore, che finì subito dato che Benito Mussolini convolò a nozze con Rachele Guidi, si trasformò in odio furibondo, fino alla morte di Ida Dalser e del povero figlio Benito Albino.

Ida e Benito Albino profughi in Campania tra Piedimonte e Napoli  
Prima guerra mondiale non ancora finita Ida ed Albino furono inviati in Campania, dapprima in provincia di Caserta, e precisamente a Piedimonte d’Alife, e poi a Napoli. Sono poche le tracce superstiti e si trovano in deposito presso l’Archivio di Stato di Napoli in un fascicolo che, sia pure intriso di quella laconicità burocratica tipica dell’epoca, non è stato mai finora portato alla luce nelle sue parti essenziali.

Il 25 maggio 1918 il prefetto di Caserta Diodato Sansone scrisse un biglietto al dottor Vittorio Menzinger, prefetto di Napoli, in cui diceva che «L’internata Ida Dalser, allontanata da Milano per propaganda disfattista, ha lasciato senza autorizzazione Caserta, trasferendosi a Napoli per sottoporre il figlio, di anni 2, a cura oculistica. È soddisfatta del sussidio. Alloggia all’Hotel dei Fiori in Via Fiorentini [a Napoli]». Il giorno dopo Ida Dalser vergò poche righe, rivolte alla Commissione per i profughi presso la Prefettura di Napoli, in cui esplicitamente diceva: «La sottoscritta invoca codesta spettabile Commissione affinché le venga urgentemente accordato un sussidio straordinario per curare il figlio, sottoposto a urgente operazione, e per altre cure fisiche, anche per vestiario, trovandosi completamente sprovvista anche di un alloggio. Con profondi ossequi ringraziano, Ida Dalser e Benitino Mussolini, figlio». A Napoli Ida Dalser e il suo bambino cambiarono spesso residenza, essendo spesso sloggiati dalle varie pensioni per morosità. Lo si inferisce dalle varie distinte di pagamento rilasciate ai vari albergatori dalla Questura di Napoli. Dopo l’Hotel dei Fiori, madre e figlio trovarono dapprima alloggio presso la signora Teresa Annarumma, cui furono pagate 74 lire, che affittava delle camere, poi sul «Rettifilo», Corso Umberto I, presso l’Hotel de Naples, nella camera 46.     

Un disperato bisogno di soldi
Dalla Prefettura alla Questura di Napoli era un viavai di biglietti, di fonogrammi e di telegrammi, in cui l’oggetto era sempre e soltanto il medesimo, cioè la richiesta incessante di denaro. Il 9 novembre 1918 «Dalla profuga Ida Irene Dalser vennero fatte vive premure per il pagamento del domandato sussidio straordinario, dovendo pagare il debito verso l’albergatore, che minaccia di farla sloggiare». Il 12 novembre 1918 Ida Dalser prese carta e penna e coraggiosamente scrisse al Prefetto di Napoli, il dottor Menzinger, un’accorata lettera «Illustrissimo Prefetto, Comandante la Provincia di Napoli. La sottoscritta col piccolo figlio Benito Mussolini chiede che le venga subito accordata l’indennità d’alloggio che, da sette mesi con infiniti stenti e fame, essa paga, e dovendo inoltre pagare immediatamente al proprietario dell’Hotel l’arretrato di lire 300, dico Trecento. Alloggio, medico e medicinali, è tassativamente fissato che devono essere a carico del Governo. Chiede pure i mezzi necessari per gli indumenti personali per sé e per il figlio, cioè scarpe ed abiti adatti alle sue condizioni, dovendosi recare al più presto possibile a Trento, sua patria natale, e dove sono le sostanze dei defunti suoi genitori, non essendo né decoroso né onorevole che il Governo non intervenga con equità e giustizia per le classi agiate, che hanno dissipato le proprie sostanze a causa della Guerra. La cifra giornaliera dell’albergo è fissata a lire 4.50, che fin dal 1° maggio 1918 essa paga. Nuovamente invoca il rimborso immediato, poiché a Caserta e a Roma le Autorità locali hanno sempre provveduto senza farle perdere il cervello, sapendo benissimo le Autorità che né ville né castelli essa a Napoli non aveva da ipotecare, e che per curare il figlio s’è imposta i più inauditi sacrifici, privandosi dello stretto necessario, levandosi anche i ricordi più sacri ai quali era legata. Prega caldamente di voler dar corso alla presente colla massima sollecitudine e presenta i più rispettosi ossequi. Ida Dalser e Benitino Mussolini». Pochi giorni dopo, il 15 novembre 1918 la Prefettura comunicava all’Ufficio profughi della città partenopea che «In relazione al precedente carteggio, informo che alla profuga Dalser viene corrisposto per essa e il figlio un sussidio eccezionale giornaliero di lire 8, disposto dal Ministero dell’Interno. Stante la misura del sussidio giornaliero, che non trova riscontro in nessun altro profugo, questo Ufficio non può esprimere alcun parere in merito, salvo i provvedimenti che si crederà di adottare, tenendo solo presente che, trovandosi nella stagione fredda, ed essendo il figliuolo della Dalser sprovvisto di abiti, si potrebbe concedere, pel relativo acquisto di qualche indispensabile indumento, un sussidio straordinario di lire 80». Il 16 novembre 1918 il tenore delle comunicazioni tra Prefettura e Questura era sempre lo stesso «D’ordine dell’Alto Commissariato prego provvedere al pagamento del sussidio straordinario di lire 100 alla signora Ida Dalser, abitante a Napoli presso l’“Hotel de Naples”, se la medesima trovasi in condizione di essere subito soccorsa». Il Questore, in cerca di conferme, avviò pure delle indagini per appurare che la Dalser affermasse la verità, diramando, il 19 novembre 1918,  al Commissariato di Pubblica Sicurezza del rione Porto un ordine perentorio: «Prego far assumere subito e riferire informazioni circa vero stato economico della profuga Ida Dalser, alloggiata all’ Hotel de Naples, al Rettifilo, camera 46». La Dalser, intanto, cercava ovunque sostegno e protezione, rivolgendosi finanche alla stampa, poiché il 20 novembre 1918 apparve un piccolo ma emblematico trafiletto nel quotidiano «Roma», «Al Prefetto e al questore. La signora Ida Dalser ci scrive una lunga lettera per lamentarsi delle lungaggini frapposte dal Questore e dal Prefetto nelle informazioni da dare all’Alto Commissario dei profughi per metterla in grado di riscuotere il sussidio assegnatole. Stante l’urgenza, avendo la stessa un figliuolo gravemente infermo, noi aggiungiamo le nostre premure a quelle della signora Dalser». Il 22 novembre 1918 una nota della prefettura di Napoli rilevava che «La profuga Ida Dalser trovasi affatto sprovvista per procurare cibo a sé ed al suo figliuolo». Il 26 gennaio 1919 Ida Dalser e il piccolo Benito Albino Mussolini ricevettero dal Questore di Napoli un sussidio di ottanta lire. Ogni dieci giorni il sussidio veniva rinnovato.

Tracce documentali della presenza di Ida Dalser e “Benitino” Mussolini a Piedimonte d’Alife
Prima di recarsi a Napoli Ida Dalser e il piccolo Benito furono effettivamente a Piedimonte. Da cosa si desume? Da notizie sparse qua e là, contenute nel fascicolo in oggetto, che dicono quel tanto che basta; Dalser, effigiata quale «irredenta già internata a Piedimonte d’Alife, comune ove le era stato imposto di dimorare, donde si trasferì in Napoli per sottoporre il figlio a cure generali richieste da infermità, cioè da sifilide organica ereditaria. Alla Dalser come al piccino non si mancò di fare lo stesso trattamento di favore che entrambi avevano a Caserta. Ma la Dalser, carattere nevropatico, è irritabilissima e non intende ragioni. Lungi dall’essere contenuta, non ha più misura nelle sue pretese».

L’ultima diffida alla Dalser
La Direzione Generale della Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell’Interno il 2 novembre del 1918 comunicò riservatamente al Prefetto di Napoli che «Questo Ministero, in via assolutamente eccezionale, autorizza a corrispondere alla nota Dalser Ida un sussidio giornaliero di lire 8 e le consente di rimanere in codesta città [Napoli]. La Signoria Vostra, però, vorrà farla formalmente diffidare che, ove continui ad importunare con istanze od altrimenti questo Ministero ed altre Autorità, si provvederà, senza ulteriore avvertimento, al suo riaccompagnamento a Piedimonte d’Alife».

La fine di entrambi
Madre e figlio, con l’avvento del fascismo, furono snaturatamente separati. Di loro due si “interessò” Arnaldo Mussolini, fratello prediletto del Duce. Ida Dalser morì nel manicomio di Venezia nel 1937. Benito Albino, costretto a cambiare cognome,  per non gettare onta su quello della famiglia paterna, in “Bernardi”, dal casato del tutore che gli fu imposto per legge, morì in Lombardia a Mombello di Limbiate anche egli in manicomio, dove si era “volontariamente” recluso, nel 1942. Qui finisce la tristissima storia di due persone che nessuna colpa ebbero se non quella di aver troppo amato.

Fonti, bibliografia e filmografia
Archivio di Stato di Napoli, Questura di Napoli, Archivio generale, Seconda serie, «Profughi (1915-1926)», busta 4725, fascicolo 033 «Ida Dalser (1918)».   

Alfredo Pieroni, Il figlio segreto del Duce: la storia di Benito Albino Mussolini e di sua madre Ida Dalser, Garzanti, Milano 2006.

Marco Bellocchio, Vincere, Italia 2009.

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