La pandemia di Covid19 ha confermato ed acuito la difficile situazione in cui molti disabili e loro famiglie vivono da tempo. Quali sono stati i limiti maggiori, quali gli ostacoli (prevedibili) a cui nella nostra regione, così come in Alto Casertano siamo andati incontro?
La crisi sanitaria ha messo in risalto le fragilità del nostro sistema di welfare regionale, che anche prima della pandemia presentava le sue profonde criticità. Nonostante gli sforzi messi in campo in questi anni dall’assessore Lucia Fortini, che ha sempre dato attenzione al nostro territorio, non ultima la nota indirizzata al Commissario prefettizio, su nostra sollecitazione, sullo stato in cui vive ormai da diversi anni l’Ambito Sociale. Gli ostacoli maggiori, a mio parere, sono le incapacità dei nostri amministratori a saper cogliere l’importanza delle politiche sociali e tutto ciò che è correlato: adeguati servizi alla persona garantiscono una vita dignitosa per tutti, non solo per le persone con disabilità. La nostra Regione, quindi compreso anche il territorio dove vivo, si basa anche su un sistema di welfare assistenzialistico e protezionistico.
La tua riconferma alla guida della FISH regionale (Federazione italiana superamento handicapp) è il segno della rinnovata fiducia nell’impegno che ormai da diversi anni porti avanti. A fronte dei problemi sopra elencati, quali traguardi, anche in pandemia sono stati raggiunti? E quali risultati ancora possiamo recuperare?
In pandemia la nostra rete associativa, che in Campania raccoglie ben 31 associazioni, tra cui una proprio del nostro territorio che è Umanità Nuova, ha lavorato a stretto contatto sia con la Regione Campania che con le varie realtà locali a partire dal comune di Napoli. Sicuramente, senza il nostro intervento le persone con disabilità e i loro familiari non rientravano tra le priorità per le vaccinazioni. Abbiamo bombardato, fin da febbraio, il presidente De Luca, affinché le persone con disabilità e i loro familiari non venissero dimenticati anche questa volta, e nonostante il duro lavoro, la nostra regione è stata tra le prime. Sicuramente c’è ancora molto da fare, a partire dalla necessità di ripartire diversamente. Il Covid ci ha insegnato che il sistema attuale non ha funzionato e quindi bisogna invertire la rotta, partendo dai progetti di vita delle persone con disabilità, lavorando a stretto contatto con le istituzioni locali: in tal senso la Fish Campania ha siglato un protocollo d’intesa con Anci Campania. In poche parole c’è bisogno di fare rete tra tutti gli attori pubblici e privati.
Il recente convegno della FISH ha riunito più parti politiche sul tema della disabilità. In Italia, rispetto ad altri Paesi europei che bilancio possiamo tirare in termini di servizi, diritti, opportunità da offrire ai disabili?
In Italia c’è ancora una visione incentrata sull’assistenzialismo e sulla protezione. Occorre come dicevo prima, invertire la rotta. Sicuramente i fondi del PNRR serviranno a questo, ma ciò non basta. La Politica deve capire che il tempo degli spot è terminato e che bisogna passare ai fatti, dando risposte concrete al mondo della disabilità, e permettimi, non lo si fa solo instituendo un Garante o un Ministero!L’ambito sociale C4 ci ha costretti a fare i conti con il passo lento di una politica che ha marginalizzato i bisogni delle famiglie con gravi disabilità. Si è protratta per qualche anno l’attesa degli assegni di cura necessari al supporto delle famiglie lì dove sussistono patologie complesse. Se oggi volessimo misurare la sensibilità di politici e cittadini sui diritti dei disabili che giudizio ne daremmo?
Per quanto riguarda i nostri politici, il mio giudizio è abbastanza negativo. Molte volte c’è un abuso della parola “inclusione” da parte loro. Un esempio concreto è quanto accaduto la scorsa settimana ad Alvignano. Il Comune ha pubblicato l’avviso pubblico del progetto “Estate in piscina” rivolto ai bambini dai 6 ai 17 anni prevedendo solo per i disabili un accompagnatore privato (quindi un familiare), perché non avendo abbastanza risorse non è stato possibile prevedere la presenza di assistenti; inoltre l’avviso ha previsto un limite di 5 persone con disabilità, mentre la soglia massima di ragazzi è stata fissata a 60. Pur avendo cercato di spiegare al Sindaco che il Bando era discriminatorio nei confronti delle persone disabili, non ci sono riuscito. Faccio questo esempio per ribadire che la politica locale, salvo qualche eccezione, è poco attenta alle nostre richieste.
Cosa manca per far sì che si realizzi il cambiamento necessario?
I Sindaci del nostro territorio hanno grosse responsabilità nei confronti delle persone con disabilità e delle loro famiglie, nessuno escluso. Alcuni credono che la 328 sia ancora un prefisso telefonico e non una Legge! Purtroppo la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, Legge dello Stato Italiano, non è mai stata recepita né dai politici né dai cittadini. Ultimamente dico alle Associazioni di smetterla di parlare tra noi, ed iniziare realmente a contaminare il contesto sociale, solo così potremmo cambiare la cultura di tutti.
In altre occasioni non hai temuto di proporre un considerevole “aggiornamento” della struttura dell’Ambito e una rinnovata distribuzione dei servizi. Di cosa si tratta in particolare? Rappresenterebbe un’inversione di tendenza? Quali i punti di forza della tua proposta… che si basa sul modello di funzionali formule già sperimentate altrove…
Prima abbiamo fatto riferimento alla vicenda degli assegni di cura… se avessimo avuto una strutturazione diversa, tutto questo non sarebbe accaduto, perché l’Ambito sarebbe stato un ente autonomo dal Comune capofila (Piedimonte Matese, ndr), che come sappiamo è in dissesto e commissariato.
Una gestione diversa converrebbe a tutti: stabilizzazione del personale; non abbiamo un assistente sociale assunto a tempo indeterminato e voglio far presente che oggi questo è un servizio essenziale… e poi stabilità dei servizi e possibilità anche di recepire fondi diversi da quelli tradizionali.
Una nuova organizzazione permetterebbe, quindi, di garantire servizi sicuri e di qualità.
In Campania abbiamo poche esperienze del genere, quella che conosco bella è rappresentata dall’Azienda dei Servizi Sociali di Atripalda, il cui direttore è il dottor Carmine De Biasio. La Fish collabora con Atripalda da diversi anni sui temi connessi alla disabilità, e oggi stiamo portando avanti l’Agenzia delle vita indipendente, in rete con altre due realtà di Fish, Anffas e Movi. Questo per dire che quando si fa squadra tutto è possibile.
La tua vita familiare vive un rapporto vicino e strettamente connesso con la disabilità. Il tuo appello al mondo civile perché la disabilità non sia più un peso…
Piuttosto che appello, mi sento di dire semplicemente che prima della disabilità viene la persona con i propri diritti e le proprie caratteristiche. Siamo tutti diversi ma abbiamo tutti gli stessi diritti!
Il mondo ecclesiale (di recente l’Ufficio catechistico nazionale ha promosso una nuova sensibilità alla formazione di fede e all’integrazione dei disabili) riveste un ruolo morale ed educativo di primo piano. Quale richiesta chiede il mondo della disabilità e le categorie ad esso correlate?
La nostra richiesta è quella di non guardare il disabile come un ammalato o una persona poco fortunata, così come ho avuto modo di dire confrontandomi con il vescovo Mons. Giacomo Cirulli alcuni giorni fa. Credo che anche su questo fronte sia arrivato il momento di fare rete, di metterci insieme e lavorare, affinché ci sia una vera inclusione anche all’interno del mondo ecclesiale, perché un giorno per un bimbo disabile fare la prima comunione non sarà più qualcosa di eccezionale ma una bella esperienza come per tutti i coetanei.