Home Arte e Cultura Rainulfo, Alife, San Sisto. Storia di un legame indissolubile

Rainulfo, Alife, San Sisto. Storia di un legame indissolubile

Le imprese storiche e belliche del Conte Rainulfo III Querel Drengot; la peste ad Alife e la richiesta del Conte al Papa di ottenere le reliquie di un santo potente per proteggere la città. Un racconto incalzante che unisce storia e tradizione da cui ha inizio il lungo cammino degli alifani con San Sisto

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In occasione della festa di San Sisto I, papa e martire, patrono della Città di Alife e della Diocesi di Alife-Caiazzo che ricorre il 10 e l’11 agosto, pubblichiamo una serie di articoli che ci aiutano a ripercorrere la Storia e la storia della pietà popolare sorta intorno al Patrono. 
Le norme anticontagio che hanno mutato l’organizzazione delle feste, interrotto alcune tradizioni, non limitano la possibilità di conoscere e ancora crescere ‘nella fede’, lì dove meglio si comprende la presenza di un Santo in mezzo alla Comunità.
Buona lettura. 

In occasione dei 300 anni del ritrovamento delle reliquie di San Sisto, l’urna contenente i resti del Patrono è stata esposta alla venerazione dei fedeli nella cripta della Cattedrale (2016)

Angelo Gambella* – Non è facile intuire lo stato d’animo di Rainulfo, il potente conte di Alife, quando a Palermo nel Natale del 1130 assiste all’incoronazione a Re di Sicilia di suo cognato Ruggero. Sicuramente è felice sua moglie Matilde, sorella del re, nel mentre Roberto, principe di Capua e consanguineo del conte, pone la corona sul capo di Ruggero, durante la sfarzosa cerimonia nel duomo. Da conte di Sicilia, un pari di Rainulfo, Ruggero diviene re dell’isola e pure supremo signore feudale dell’Italia meridionale comprese le terre del conte. Rainulfo deve ora considerarsi più alto in grado come cognato di un re o piuttosto indebolito nella sua autonomia? Di sicuro, la ricchezza e la maestosità del luogo, spingono il conte degli alifani, durante il viaggio di ritorno, a meditare qualcosa per abbellire il centro della sua grande contea, che comprende Caiazzo, Telese, Sant’Agata de’ Goti, il Taburno e parte dell’Irpinia: la città di Alife.

L’originale chiesa del vescovo di Alife sta lì dove vediamo oggi l’attuale, edificata lungo l’arteria stradale principale, quella che era il decumano maggiore romano, a due passi dai resti del teatro. Rainulfo dovette affrontare il discorso con il vescovo Roberto, in carica almeno dal 1098, che possiamo immaginare ben più maturo di Rainulfo, nato invece attorno al 1092, associato giovanissimo al governo del padre nel 1106 e succedutogli alla morte nel 1115. L’intenzione del conte è di ampliare la struttura preesistente innalzando una magnifica cattedrale, e a tal fine vuole servirsi di esperti scultori. Manca, però, ancora qualcosa per renderla unica, e un altro problema assilla conte e vescovo: Alife normanna è una città ricca di corsi d’acqua che la rendono fertile e vitale, ma non mancano paludi e condizioni igieniche non ottimali che danno origine periodicamente a epidemie.

Il busto di Rainulfo III scolpito dall’artista alifano Giancarlo Offreda, oggi conservato nella cripta della Cattedrale, dono del parroco don Pasquale Bisceglia

L’occasione utile a Rainulfo arriva l’anno dopo, in primavera, quando il re si reca ai confini delle terre del principe e del conte. A riconoscere Ruggero nel regno di Sicilia è stato, infatti, papa Anacleto II, considerato antipapa dal resto d’Europa: è necessaria una missione a Roma per dargli il sostegno necessario di fronte alla possibile venuta dell’imperatore in appoggio ad Innocenzo II, il rivale. Ruggero lo chiede – o forse ordina – al cognato e Rainulfo con la sua cavalleria scelta si reca a Roma.

Di fronte ad Anacleto, Rainulfo si presenta da cristiano devoto e in cambio del proprio disinteressato servizio e motivando la richiesta per l’invocazione di aiuto divino per contrastare l’insorgenza dell’epidemia, chiede il corpo di un santo di una certa fama per poterlo portare ad Alife. Era già successo che il padre Roberto aveva innalzato una chiesa per Menna, l’eremita del Sannio, legando il suo potere alla comunità di Sant’Agata. Rainulfo deve far di più, rientrare ad Alife con un santo importante, dotare la sua cattedrale del culto di un papa, per il prestigio che gli compete. Quel che poi l’abate Alessandro scrive nella sua storia della traslazione sistina redatta su invito del Vescovo Roberto è impresso nella mente dei fedeli. L’improvvisa rottura del sepolcro di uno dei primi papi (se proprio si vuole dubitarne: un pretesto per permettere l’asportazione dei resti) facilita la consegna a Rainulfo del corpo di Sisto, il sesto papa dopo Pietro. Ma al conte è richiesto di tornare prima del tempo: un messo inviato da Alife comunica che Ruggero ha preso con sé Matilde e il piccolo Roberto! È successo che Riccardo, il fratello di Rainulfo, signore del castello di Sant’Angelo-Raviscanina, si è opposto con la violenza all’ambasciatore del re che ad Avellino gli chiedeva obbedienza: Ruggero si comporta da padrone assoluto, troppo per l’orgoglio smisurato dei Quarrel Drengot di Alife e Capua!

I due testimoni degli eventi, Falcone di Benevento e Alessandro di San Salvatore Telesino, ciascuno a modo suo, riferiscono elementi certi. Sappiamo che Rainulfo è a Roma quando “da Alife” contessa e figlio vengono prelevati dagli uomini del re. E sappiamo che quando Rainulfo torna, cerca un accordo per avere indietro figlio e moglie. Intanto i banditori, al suono del tamburo, battono in lungo e in largo per Alife e villaggi, invitando tutti a presentarsi per il servizio militare. Predisposta cavalleria e fanteria, Rainulfo con il principe segue gli spostamenti del re; questi fa imbarcare sorella e nipote per Palermo. È la guerra. Ora, le reliquie di San Sisto, in condizioni d’emergenza, sono arrivate ad Alife e vengono collocate in una cappella fuori le mura. La forte tradizione ha un fondamento storico inoppugnabile, e la chiesa di S. Sisto rappresenta il ricordo di quell’evento. Alife è in stato di guerra, conte e cavalieri sono in Campania con gli uomini precettati per il servizio militare, mentre la guarnigione del castello e gli uomini che sono rimasti sono intenti a rinforzare mura e castello. L’angolo nord-est di Alife è fortificato come oggi possiamo solo immaginare: solide mura romane, castello normanno dotato di 4 torri con un mastio difeso da un fossato e dal Torano, più che un torrente la cui forza è sfruttata da mulini.

Per farla breve: il 24 luglio, sul campo di battaglia di Nocera, la cavalleria di Rainulfo travolge Ruggero e il suo esercito. La battaglia è vinta, ma il nemico non è sconfitto e soprattutto è al sicuro nel castello di Salerno.

Rainulfo e i reduci tornano ad Alife tra la commozione per il rientro, il pianto e la disperazione dei parenti che non vedono tornare i propri cari. Il bottino di guerra è tale che Rainulfo ne fa uso anche per proseguire la costruzione della nuova cattedrale. Intanto, nella cripta, viene sistemato in fretta l’altare per accogliere le reliquie di S. Sisto. Fede nel Signore, pianto per i caduti, celebrazione di vittoria, esortazione alla pace, preghiera di allontanamento della pestilenza: attorno a San Sisto mille sensazioni e speranze attraversano la comunità alifana.

È l’11 agosto o poco importa, ancora una volta tradizione e testi degli scrittori del ‘500 e del ‘600, sono perfettamente sovrapponibili al contesto storico. Quel giorno è inciso perennemente nella storia di Alife: clero e popolo giunti da ogni dove accompagnano la solenne processione fin dentro la basilica inferiore.

Inizia il cammino di San Sisto con il suo popolo.

*Originario di Alife, residente a Roma. Docente e giornalista, autore di numerosi approfondimenti di Storia, direttore editoriale di Storiadelmondo e Christianitas

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