Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Sono trascorsi 76 anni da quei giorni orribili, in cui il mondo scoprì la devastante potenza distruttrice delle armi più pericolose mai costruite sulla Terra. I due attacchi nucleari, attuati dagli Stati Uniti sul finire della Seconda guerra mondiale, causarono oltre 100mila vittime ad Hiroshima e Nagasaki, bombardate rispettivamente il 6 e il 9 agosto del 1945. Secondo alcune stime, i morti potrebbero essere stati quasi 200mila. Si tratta del primo ed unico attacco nucleare in guerra nella storia, ma lo sviluppo degli armamenti ed il loro possesso da parte di numerosi Stati dimostra come la pace sia a rischio. Anche per questo è importante ricordare quei tre giorni che hanno segnato la storia di un Paese, il Giappone, su cui da due settimane sono puntati i riflettori del mondo per i Giochi Olimpici di Tokyo 2020, posticipati di un anno a causa della pandemia. Le Olimpiadi si concluderanno domenica 8 agosto, poi dopo due settimane sarà la volta delle Paralimpiadi.
La testimonianza dei sopravvissuti
Alle 8:15 il rintocco della campana ha scandito l’inizio del minuto di silenzio; l’orario esatto in cui gli Stati Uniti lanciarono la bomba atomica su Hiroshima, provocando all’istante decine di migliaia di morti e riscrivendo, in modo tragico, la storia dei conflitti mondiali e facendo conoscere al mondo – con il passare, in realtà, del tempo – gli effetti devastanti delle armi nucleari. Anche a distanza di decenni. La città giapponese commemora l’anniversario all’interno del Parco del memoriale della Pace. A causa della pandemia il numero dei partecipanti è stato ridotto a qualche centinaio di persone, rappresentanti 86 diverse nazioni unite in nome della pace. Il sindaco di Hiroshima, Kazumi, ha sollecitato il Governo a far sì che le trattative per la revisione del Trattato di non proliferazione nucleare possano riprendere, nonostante la pandemia. Il Giappone, pur essendo l’unico Paese vittima di un attacco atomico, non ha ratificato il Trattato. Anche oggi alla cerimonia erano presenti gli hibakusha, i sopravvissuti all’attacco nucleare. La loro età media si aggira sugli 84 anni.
La pace può essere solo disarmata
Il Giappone volge dunque lo sguardo indietro per commemorare le vittime, per urlare “mai più” al mondo ed ascolta, anche quest’anno, la voce dei sopravvissuti ai bombardamenti nucleari. Sempre meno, con il passare del tempo. Un messaggio, il loro, che attraversa confini e generazioni e chiede ai singoli, ai cittadini e ai governanti di operare per la pace, per la non proliferazione nucleare, perché nel mondo diminuisca il numero di Paesi che possiedono armi sempre più devastanti e pericolose. Nel novembre 2019, durante il suo viaggio apostolico in Giappone e Thailandia, il Papa ha definito l’uso dell’energia atomica per fini di guerra “un crimine non solo contro l’uomo e la sua dignità”, ma “contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune”. “La vera pace può essere solo una pace disarmata”, ha aggiunto Francesco, sottolineando come “dall’abisso di silenzio si continua ad ascoltare il grido di coloro che non sono più”. I discorsi pronunciati da Francesco ad Hiroshima e Nagasaki vanno certamente considerati come interventi di teologia morale, sono parole profetiche. Frutto di un’attenta e puntuale analisi del mondo contemporaneo, dunque esprimono un forte realismo politico: il mondo rischia di autodistruggersi.
La fiamma olimpica ci dice “mai più bombe”
Ad accogliere due anni fa il Papa a Nagasaki fu l’arcivescovo della città, monsignor Joseph Mitsuaki Takami, la cui diocesi è la più grande del Giappone. Alla vigilia dell’anniversario del bombardamento atomico e della fine dei Giochi Olimpici, nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News, monsignor Takami ribadisce la necessità del disarmo nucleare affinché si costruisca una pace reale, vera e concreta. Quella che anche le Olimpiadi insegnano e la fortunata coincidenza di date può essere un ulteriore monito affinché, nel non dimenticare, si operi davvero per un presente ed un futuro di armonia tra le nazioni.
Monsignor Takami, grazie alle Olimpiadi il mondo guarda al Giappone. I riflettori saranno puntati sul Paese anche nei giorni dell’anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Da un lato dunque la storia da non dimenticare, dall’altro quella sportiva che si sta scrivendo. Cosa prova dinanzi a questa coincidenza?
I Giochi Olimpici sono una festa sportiva, ma anche uno stimolo per creare la pace nel mondo. Questa coincidenza allora è molto significativa, anche se purtroppo a causa della pandemia le persone non possono assistere alle gare. I Giochi comunque sono un bene, portano una bella atmosfera e molto entusiasmo.
A distanza di 76 anni cosa vuole dire oggi alla popolazione della sua diocesi, in particolare ai più giovani?
Ogni anno i testimoni diretti sono sempre meno, ma lasciano un’esperienza importante. Preziosa. Che va trasmessa ai bambini, e questo passaggio è molto importante, come ripete anche il Papa. Una testimonianza che si realizza anche attraverso altri canali come il cinema, la letteratura ed anche l’apporto dei media. Dobbiamo continuare in questo sforzo per mantenere viva la memoria.
Quest’anno ricorre anche il decimo anniversario dell’incidente di Fukushima. Perché non bisogna dimenticare anche quanto successo in Giappone nel marzo 2011?
Il problema è comune, dobbiamo abolire l’energia atomica che è pericolosissima. Non si devono fabbricare le armi, ed anche l’energia nucleare, se necessaria in un senso, oggi deve essere superata, dobbiamo produrre energia in altro modo eliminando il nucleare che è pericoloso.
Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari è importante, è stato ratificato da molti Paesi, però molti, troppi Stati continuano ad avere armi nucleari. Allora è il possesso delle armi il vero nodo da sciogliere, il freno ad un vero cambiamento?
Questo problema è enorme, seguendo le parole del Papa dobbiamo abolire assolutamente le armi nucleari sulla Terra. Non possiamo mantenere una pace reale avendo allo stesso tempo queste armi. Non è vera pace, è falsa! Il Trattato è efficace, è entrato in vigore all’inizio di quest’anno, ma ora dobbiamo tutti noi promuovere l’adesione dei Paesi, anche di quelli che oggi hanno le armi nucleari. L’anno scorso il 7 luglio il vescovo di Hiroshima, monsignor Alexis Mitsuru Shirahama, ha creato un fondo per promuovere l’adesione a questo Trattato, dando anche un aiuto finanziario per sostenere le attività che sostengono la ratifica. Si tratta di una piccola iniziativa, ma importante perché si arrivi all’obiettivo.
Le Olimpiadi stanno per concludersi, poi sarà il turno delle Paralimpiadi. Cosa ci insegnano questi Giochi attesi da cinque anni?
Vorrei iniziare dai Giochi Paralimpici, iniziati proprio a Tokyo nel 1964. Oggi sono tanti gli atleti partecipanti e ci chiedono un rispetto universale, senza pregiudizi e discriminazioni. Hanno una speciale forza nel promuovere i diritti umani. Inoltre in questa edizione c’è un grande equilibrio numerico tra atleti ed atlete, mentre all’inizio le donne erano poche. Anche questo vuol dire rispetto delle persone.
A Tokyo 2020 c’è anche la squadra degli atleti rifugiati…
Ed anche questo è molto importante. Una rappresentanza simbolica, ma che ci ricorda quanti conflitti esistano oggi nel mondo. Le Olimpiadi testimoniano la volontà di creare un mondo dove ci sia la pace tra le nazioni.
Che emozione prova nel pensare che 76 anni fa una bomba atomica segnò per sempre la storia del Giappone, ed oggi a distanza di tre quarti di secolo si è accesa nello stesso Paese la fiamma olimpica?
Questa è una bella immagine! Il fuoco delle Olimpiadi è simbolo anche di preghiera d’amore, preghiera per la pace. La bomba atomica è assolutamente contraria a questa fiamma che oggi ci chiede di abolirle, di non usarle mai più. L’unico fuoco è quello dell’unità, dell’amore e della pace.
Fonte vaticannews.va