Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
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Assunzione della Beata Vergine Maria – Solennità
Ap 11,19a 12,1-6a.10ab; Sal 44; 1Cor 15,20-26a; Lc 1,39-56
Il mistero di Maria ci appartiene, ci coinvolge, ci mostra l’esito della storia e ce lo mostra in una di noi; sì, Madre di Dio, sì immacolata per grazia, ma una di noi. Maria non solo è parte della Chiesa, come il Concilio ci ha detto con chiarezza, ma è anche icona della Chiesa.
Riguardo a Maria credo bisogna uscire una volta per sempre dalla logica del privilegio da ammirare per contemplare in Lei l’aspetto rivelativo, cioè quel mistero di Dio che l’ha toccata ed invasa per toccare ed invadere anche noi… Nulla di ciò che accade a Maria è estraneo alla Chiesa e quindi a ciascun credente; ciò che accade a Maria è rivelativo per ciascuno di noi… perfino il generare Cristo, perfino il suo mistero di innocenza; fino alla destinazione alla gloria.
Nulla in Maria è assoluto privilegio, tutto in Lei è evangelo per il mondo.
La solennità di oggi è la memoria della sua morte e della sua partecipazione alla risurrezione del Cristo. Si badi bene che il dogma non afferma che Maria non sia morta ma che, trascorsi i giorni della sua vita terrena, è stata risuscitata dal Padre. Insomma, la resurrezione della carne, che noi attendiamo, per Lei già si è compiuta. D’altro canto se il Cristo, il Figlio eterno di Dio è passato per la morte, perché non avrebbe dovuto passarvi la Madre? Tanto più che a nessuno è risparmiato quel transito attraverso il buio della morte, La resurrezione vince la morte non saltandola a piè pari ma attraversandola. Anche Maria l’ha attraversata come ha attraversato la storia, come ha camminato nella storia custodendo prima il Cristo nel suo seno, poi custodendo la parola e gli eventi di salvezza (cf. Lc 2,20.51).
L’Evangelo di oggi ci mostra Maria in viaggio dopo l’annunzio dell’angelo… la cosiddetta Visitazione; una pagina questa che oggi è proclamata non per mostrarci la carità di Maria, come a volte si dice in certe letture moralistiche, ma per mostrarcela in un viaggio che è segno del suo camminare nell’avventura umana sulle tracce del Cristo suo Figlio e nei percorsi degli uomini. Maria attraversa tutte le crisi umane, ma con il Cristo, in Lui e per Lui… e portando Lui! È palese, in questo, che Maria ci è consegnata nella Scrittura perché la Chiesa comprenda la propria vocazione, le vie autentiche da percorrere, la propria identità!
La pagina di Luca che oggi è proclamata, e che culmina con il grande canto del Magnificat, canto di Maria, ma soprattutto della Chiesa (e non è un caso che la Chiesa lo intoni ad ogni vespro), è un ricalco abilissimo del testo del Secondo libro di Samuele (cf. 2Sam 6,1-15) in cui Davide trasporta l’Arca Santa… l’assunto di Luca è chiaro: Maria è l’Arca Santa che contiene la presenza di Dio (Maria qui è già gravida), una presenza che porta consolazione, pienezza di gioia e di danza (Giovanni danza nel grembo di Elisabetta come Davide danzava davanti all’Arca). Insomma Maria è la visita di Dio che porta gioia… Zaccaria, nel suo canto di lode (cf. Lc 1,68), lo dirà esplicitamente: «Benedetto il Signore, Dio di Israele, perché ha “visitato” e redento il suo popolo!». La casa di Zaccaria ha sperimentato quella visita di Dio certamente con la nascita inattesa del Battista, ma soprattutto con la visita di Maria.
Il passo dell’ Apocalisse, che costituisce la prima lettura, inizia proprio con una visione dell’Arca che si mostra nel cielo e, quasi con una dissolvenza cinematografica, Giovanni sovrappone all’Arca la Donna vestita di sole (partecipa della luce di Dio in cui si avvolge come in un manto, cf. Sal 104,2), coronata di dodici stelle (è compimento di Israele, cf. Gen 37,9), con la luna sotto i piedi (attraverserà il tempo, la storia; infatti la luna per Israele è l’astro che segna lo scorrere dei mesi, del tempo). La visione della Donna narra in un attimo a Giovanni tutta la vicenda salvifica di Gesù: la Donna partorisce un Figlio maschio destinato a dominare tutte le genti con scettro di ferro (è il Messia secondo la visione del Sal 2) ma il drago si avventa sul Figlio per divorarlo ma Dio lo rapisce presso il suo trono… la Donna fugge nel deserto. E’ la storia della salvezza operata in Cristo Gesù nella quale si compie la presenza di Dio (l’Arca) e la Donna è Israele, è l’umanità, è Maria, è la Chiesa… sì, la Chiesa che vive il frattempo della storia, ma in un tempo che finirà per versarsi nell’eterno di Dio (un tempo, due tempi e la metà di un tempo – cf. Ap 12,14 – che poi sono i milleduecentosessanta giorni del testo che abbiamo ascoltato e cioè tre anni e mezzo, la metà di sette! Cioè non sarà sempre così… il tempo della Chiesa, tempo di deserto e di lotta, si verserà nell’eterno!). Tutto il Libro dell’Apocalisse sarà la narrazione di questo tempo della Chiesa tra le tribolazioni della storia e le sue lotte e contraddizioni ma alla fine la Sposa sarà adorna e pronta (cf. Ap 21,2) nella visione di infinita speranza della Gerusalemme perfetta in cui «non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né dolore».
La festa di oggi ci dice che tutto ciò è già avvenuto alla Donna, a Maria, alla Madre.
Oggi in Lei ci è data la caparra della speranza, in Lei il nemico che è la morte è già stato annientato (cf. il testo della Prima lettera ai cristiani di Corinto che abbiamo ascoltato).
Ci chiediamo: ma tutto non ci è stato già detto e soprattutto dato in Gesù Cristo morto e risorto per noi? Certo! E allora questa festa di oggi? Mi piace pensare una cosa: è assolutamente gratuita! Tutto in Maria è gratuità! Tutto è solo Grazia! Anche questo evento di Grazia… oserei dire che è “inutile”… per noi che siamo Chiesa è un’ulteriore carezza di Dio che così ci indica ancora la meta in un cuore di donna, in un cuore di madre, in una di noi!