Gino Strada ci ha insegnato che i problemi di uno sono i problemi di tutti, e che non basta commiserare, ma serve mettersi in marcia e raggiungere i posti peggiori (di guerra e di fame) per portare sollievo, dignità, vita, diritto.
È morto oggi, all’età di 73 anni il medico di guerra, fondatore di Emergency nel 1994 insieme alla moglie Teresa Sarti.
“Insieme alla moglie”: non c’è notizia in queste ore che non riporti questo particolare, quasi a convincerci che non si tratti di un dettaglio inutile.
La scelta di Gino Strada di portare salute e cure nei paesi più lontani e feriti (Il primo campo di Emergency fu un Rwanda ai tempo del genocidio) si è costruita non sul suo protagonismo – per quanto lui da fondatore ne sia stato il volto e la voce – ma sulla condivisione, sul valore del dialogo e del confronto sui progetti per l’umanità. Uno degli ultimi lo ha visto protagonista in tempo di Covid proprio in Italia, chiamato a guidare la sanità in Calabria a cui non si era sottratto.
Si rincorrono in queste ore i commenti di politici e cittadini dedicati all’uomo e al professionista che non ha badato ai confini, alle religioni, ai veti, ai limiti puntando soltanto su un orizzonte, quello al di fuori di se stesso verso l’altro.
“Gino Strada, un caro amico, un lottatore, un uomo che ha vissuto non solo per sé ma per gli altri. Consapevole che il ‘bene’ non è mai passivo o neutrale, che ogni vero bene è figlio del costruire giustizia”. Così don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ricorda Gino Strada, fondatore di Emergency, morto oggi.
Il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, “ha appreso con tristezza della morte di Gino Strada. Ha trascorso la sua vita sempre dalla parte degli ultimi, operando con professionalità, coraggio e umanità nelle zone più difficili del mondo. L’associazione ‘Emergency’, fondata insieme alla moglie Teresa, rappresenta il suo lascito morale e professionale. Alla figlia Cecilia, a tutti i suoi cari e ai colleghi di Emergency, le più sentite condoglianze del Governo”.