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La direttrice: attenzione ai grandi temi dell’attualità, ma un po’ sottotono la nuova serie Netflix

Sandra Oh è la protagonista della mini serie in 6 puntate disponibile dal 20 agosto sulla piattaforma streaming

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Noemi Riccitelli David Benioff e D. B. Weiss: gli appassionati di serie TV riconosceranno questi due famigerati nomi. 

Si tratta, infatti, dei due produttori e creatori di Game of Thrones, che firmano in questo caso la produzione della nuova serie NetflixLa direttrice (The chair), segnando così la loro prima collaborazione con la nota piattaforma streaming.
La serie, in 6 puntate di circa 30 minuti ciascuna, è ideata da Amanda Peet e Annie Julia Wyman per la regia di Daniel GrayLongino ed è disponibile su Netflix dallo scorso 20 agosto.

Ji-yoon Kim (Sandra Oh) viene nominata direttrice del dipartimento di letteratura inglese alla Pembroke University: questo ruolo è per lei motivo di orgoglio, in quanto è la prima donna, tra l’altro di origine coreana, a ricoprire un ruolo così ambito in una istituzione centenaria.
Tuttavia, assurgere ai nuovi compiti si rivela per Ji-yoon una sfida particolarmente delicata e complessa sin dal primo giorno, cui si aggiungono anche gli alti e bassi della vita privata.

L’intento della serie TV è ben dichiarato da una sceneggiatura che non lascia spazio ad interpretazioni: mostrare e denunciare quei temi cogenti del dibattito pubblico contemporaneo, inserendoli in un contesto solo apparentemente laico e scevro di polemiche, cioè l’ambiente accademico.
Gender gap, generational gap, melting pot, racial and ethnicrepresentation: non spaventi l’uso di espressioni in lingua inglese, in quanto tali fenomeni si sono principalmente sviluppati, anzi, radicati nella cultura americana per ragioni storiche, ma in realtà persistenti ed evidenti anche nella società europea (si pensi al nostrano episodio di denuncia delle tre brillanti studentesse della Normale di Pisa avvenuto lo scorso luglio).

La Pembroke University è rappresentata, con chiaro sarcasmo, come covo di ipocrisie, macchinazioni, diktat e interessi in cui il sapere c’entra ben poco: la rigida tradizione si oppone al progresso, un sistema che (si permetta la citazione potter-rowlinghiana) si apre alla chiusura.
Nonostante ciò, la fittizia università è animata anche da giovani menti di studenti brillanti e consapevoli, che reclamano i loro diritti e pretendono, giustamente, mentori positivi e non corrotti, spunti innovativi per attualizzare discipline secolari e saper così codificare e interpretare le sfide dell’oggi.

Sandra Oh (la celebre dottoressa Cristina Yang di Grey’s Anatomy) interpreta una direttrice Kim ironica, non incastrata rigidamente nella sua nuova mansione: lei rappresenta la moderna e comune donna in carriera con la quale molte altre possono immedesimarsi, che cerca di tenere insieme, sebbene con tanta fatica (in ragione delle tante ostruzioni che affronta) la sua vita professionale e privata.
Tuttavia, il suo personaggio viene quasi messo in ombra dalla carismatica professoressa Joan Hambling (Holland Taylor): è lei a rappresentare le storiche falle di un mondo accademico ingiusto e patriarcale che, in quanto donna, ha dovuto subire nel corso deltempo, finendo per avallare lei stessa determinate pratiche.
Decisamente un po’ troppo sopra le righe, invece, il personaggio del professor William “Bill” Dobson (Jay Duplass) che riunisce in sé il cliché del professore intrigante, tendenzialmente amato dai suoi allievi, di bell’aspetto, con alle spalle una vita privata confusionaria, in cerca di attenzione e di un nuovo coinvolgimento sentimentale. Risulta, così, non memorabile.

Nel complesso, La direttrice è una serie certamente interessante, ma l’ispirazione critica da cui deriva non si amalgama in modo ideale con la sua narrazione: infatti, nei primi tre episodi vengono presentate allo spettatore tutte le suddette tematiche in un vortice di eventi subitaneo, che può facilmente confondere o (purtroppo) annoiare chi guarda la serie per pura distrazione.
Tuttavia, il ritmo viene recuperato negli ultimi tre episodi dove le singole situazioni si snodano in maniera più fluida e si ha modo di apprezzare anche genuini momenti di tenerezza e ironia.  

Consigliata, ma con riserva.

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