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Dune: una visione maestosa quella di Villeneuve, ma è la storia che non coinvolge

Il film, presentato in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia, è in sala dal 16 settembre

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Noemi Riccitelli  Anche se fuori concorso, ha rappresentato uno dei titoli di punta della 78esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, dove è stato presentato in anteprima mondiale; tra le pellicole più attese al Lido, insieme ai suoi giovani e noti interpreti (Timothée Chalamet e Zendaya): Dune con la regia di Denis Villeneuve è in sala dal 16 settembre.
Tratto dall’omonimo romanzo di fantascienza, articolato in più volumi, di Frank Herbert, pubblicato per la prima volta nel 1965, Dune è già noto alla storia del cinema: infatti, un primo tentativo di realizzazione di una pellicola ispirata alla serie di romanzi è avvenuto negli anni ’70, ad opera del regista cileno Alejandro Jodorowsky, progetto poi fallito; infine, nel 1984 David Lynch realizzò il film di cui quest’ultima trasposizione si propone come remake.

In un lontano futuro dell’umanità, due dinastie, gli Atreides e gli Harkonnen, si contendono il controllo del pianeta Arrakis (anche noto come Dune), una terra estesa e deserta, abitata dal popolo dei Fremen, dove viene prodotta la Spezia, una sostanza preziosa in grado di conferire poteri straordinari agli uomini e che permette di viaggiare nello spazio
Paul Atreides (Timothée Chalamet) è il giovane discendente della famiglia Atreides, figlio del duca Leto (Oscar Isaac) e di Lady Jessica (Rebecca Ferguson), il quale sarà chiamato ad affrontare una sfida non solo intima, ma anche concreta, sul campo di battaglia, per cercare di affermare valori di giustizia e pace.

Il regista Denis Villeneuve (che firma anche la sceneggiatura con Eric Roth e John Spaihts), avvezzo al genere sci-fi con i suoi Arrival e Blade Runner 2049, riporta sullo schermo una storia densa di personaggi e intrecci, una saga che rispetto ad altre note serie, letterarie e cinematografiche, dello stesso genere, non sembra aver suscitato particolare entusiasmo e passione.
Infatti, se il film è tecnicamente curato e d’impatto, la fotografia (di Greg Fraser) avvolge le scenografie (di Patrice Vermette), le suggestive ambientazioni della Giordania, dove il film è stato girato, e gli effetti speciali (di Gerd Nefzer e Paul Lambert) in una visione maestosa, il tutto accompagnato dalla cupa e solenne colonna sonora di Hans Zimmer, tuttavia, il soggetto non riesce a coinvolgere e convincere del tutto e i dialoghi non contribuiscono a conferire ritmo.

Ciò che salta agli occhi, ad esempio, è che la società raccontata in Dune, sebbene collocata in un futuro che si immagina tecnologico e all’avanguardia, mantiene una forte connotazione medievale, tra feudi, maestri d’armi e oscure sette: una struttura che si scontra con ciò che, oggi, si immagina come futuro, e che, paradossalmente, sembra antiquata anche rispetto al tempo in cui Frank Herbert ha scritto il romanzo.
Siamo nel 1965, quattro anni dopo l’uomo avrebbe compiuto una delle sue più grandi gesta, raggiungere la luna.

La storia, tuttavia, non è fine a sé stessa e, come spesso accade in film di fantascienza, si fa foriera di messaggi che vanno oltre il qui e ora della vicenda narrata.
Nel caso di Dune, Villeneuve enfatizza quanto metaforicamente reso da Herbert: lo sfruttamento coloniale, di cui si fa particolare portavoce il personaggio di Chani (Zendaya), il delicato equilibrio della convivenza tra popoli diversi, il potere della Natura in grado di riprendersi i suoi spazi.
Temi che se negli anni ’60 di Herbert si stavano ponendo a poco a poco all’attenzione dell’opinione pubblica, oggi possono dirsi ormai affermati e, purtroppo, ancora critici.

Il film, della durata totale di 155 minuti, procede con andamento lento, forse fin troppo: nella prima parte il tempo è necessario a far sì che lo spettatore abbia chiare le dinamiche dell’intreccio, conosca i personaggi e le relazioni tra di essi, ma nella seconda parte, in cui il regista si sofferma sul protagonista Paul e la sua presa di coscienza su quel che lo attende, risulta molto estesa, eccessivamente didascalica.
Infine, è proprio sul più bello che il film si interrompe, lasciando lo spettatore tra il sorpreso e l’interdetto, forse anche stanco, dopo una visione non così avvincente da seguire.

Il cast, ineccepibile, oltre ai già citati Timotheé Chalamet, Zendaya, Rebecca Ferguson e Oscar Isaac, vede anche Javier Bardem, Charlotte Rampling, Stellan Skarsgård, Jason Mamoa, tutti impegnati in performance magniloquenti e misteriose.

Il Dune di Villeneuve avrà un seguito già annunciato che proseguirà la narrazione del ciclo di Herbert, riaffermando così la volontà di riportare in auge la saga.

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