Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano Clicca per visitare il sito
XXVI domenica del Tempo ordinario – anno B
Nm 11,25-29; Sal 18; Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45;47-48
L’evangelo di questa domenica parte da una parola intollerante e gelosa di Giovanni che qui mostra uno zelo cattivo e non secondo Dio; quella stessa gelosia che mostra il giovane Giosuè, nel testo del Libro dei Numeri che si legge come prima lettura; anche Giosuè, anch’egli discepolo amato come Giovanni, mostra gelosia per Mosè e vorrebbe impedire che la profezia scenda lì dove non è prevista … Sia Mosè che Gesù reagiscono fermamente dinanzi a questo atteggiamento integralista ed escludente: «Fossero tutti profeti in Israele!», risponde Mosè; e Gesù: «Chi non è contro di noi, è per noi!». Riguardo a questa risposta di Gesù, qualcuno ha notato che questo detto “ecumenico” del Signore contrasta con uno che pare di segno opposto e che troviamo nell’evangelo di Mattero: «Chi non è con me è contro di me!» (cf. Mt 12,20).
La contraddizione è solo apparente perché i due detti vanno collocati in due situazioni molto diverse; Matteo si rivolge ad una comunità tentata di compromessi e che vive di rimandi e di scelte “non scelte”; si rivolge ad una Chiesa che non prende posizione per Colui che pure chiama “Signore” … già al capitolo sette il Gesù di Matteo aveva detto: «Non chi mi dice: Signore, Signore…». Diversa la situazione che qui Marco registra: si rivolge ad una Chiesa tentata di integralismo, tentata di credersi in possesso di Dio! Ad una Chiesa che può cadere in simili trappole, l’Evangelo di oggi pone una parola chiara che le chiede di guardare alla propria identità ed alla propria fedeltà, a quell’identità che Gesù le ha dato: portare il Regno di Dio nella sequela del Messia umiliato e crocefisso; un’identità che non può essere mai “contro” ma sempre al servizio dell’altro, del diverso, del lontano.
La Comunità dei credenti si guardi dallo scandalo. Invece di essere chiusa in se stessa e nelle sue pretese, la Comunità si verifichi se non sia motivo o causa di inciampo per il piccoli e per se stessa … Lo scandalo, dice Gesù, può avere questo duplice indirizzo: i piccoli e se stessi. Scandalo vuol dire “inciampo”, “ostacolo”, “impedimento” … l’Evangelo in sé porta uno scandalo che non va rimosso perché in quello scandalo c’è la salvezza, perché in quello scandalo c’è l’alterità, intollerabile per il mondo, di un Dio crocefisso, di un Dio che si fa inchiodare al legno dei maledetti, c’è Gesù con la sua persona che dice parole forti e compromettenti che contraddicono il comune buon-senso per affermare i pensieri di Dio (cf. Mc 8,33). Oltre, però, a questo scandalo buono, salutare, che va superato mettendosi alla sequela di Colui che è lo scandalo, mettendosi alla sequela di Gesù che va verso la croce, che va superato abbracciando come Lui la fragilità e la debolezza (ricordate l’abbraccio al bambino della scorsa domenica?), c’è lo scandalo cattivo che è inciampo che la Chiesa pone davanti ai piccoli, ai fragili, ai deboli… ciò avviene quando essa tradisce se stessa, il suo Maestro e Signore, la sua missione.
Una Chiesa è inciampo quando trascura quelli che non contano, quando fa scelte mondane che la pongono dalla parte dei forti, quando dimentica di abbracciare la debolezza che il suo Signore ha invece abbracciato (cf. Mc 9,36-37); dinanzi ad una Chiesa così i piccoli non ricevono l’annunzio di una via altra ed i non evangelizzati non riescono a vedere l’Evangelo! Sì, perché l’Evangelo va visto e chi lo deve rendere visibile è la Chiesa di Cristo, la comunità di quelli che lo seguono. Altre cose la Chiesa non deve mostrarle, deve mostrare solo l’amore e le scelte che ne conseguono. La Chiesa, però, dice Gesù, può anche essere inciampo a se stessa quando non sceglie di compiere quei tagli necessari perché sia visibile il suo volto di comunità del Crocefisso. È inciampo a se stessa quando non ha il coraggio delle scelte radicali, quando non ha il coraggio di tagliare senza pietà quello che, nel suo vivere quotidiano, di Evangelo non ha né sapore, né colore. Una Chiesa che vuole sommare mondanità ed Evangelo è una Chiesa che inciampa in se stessa; è una Chiesa che non giunge alla meta del Regno e non guida al Regno.
Gesù allora qui è netto, è limpido: invece di calcolare chi è fuori e chi è dentro, chi può profetare e chi no, invece di escludere gli altri trincerandosi dietro a pretesi quanto assurdi “possessi” di Dio, guardi se accoglie lo scandalo salutare della Croce, guardi se preferisce la comunione con il piccolo e l’attenzione al suo bisogno; veda se è capace di proclamare che queste cose valgono più della propria vita… Veda se preferisce la propria mano, il proprio piede, il proprio occhio… cioè? Veda se preferisce le proprie azioni (la mano), le proprie vie (il piede), le proprie visioni e giudizi (l’occhio) alle azioni, alle vie ed ai giudizi di Dio! Cristo chiede alla sua Chiesa di vigliare e di verificarsi… lo chiede a noi! Il rischio è grande: è la Gheenna che è il non-senso, la morte, il veleno… Se la comunità dei discepoli resta nella sequela non solo non sarà di scandalo ma diverrà essa stessa via di salvezza.
È paradossale: non si è di scandalo se si accetta ed assume con coraggio lo scandalo della Croce! È così!