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Santi Angeli Custodi: viviamo sotto scorta

La poesia, la musica, la pittura, la Sacra scrittura: la presenza degli angeli accanto all'uomo è da sempre un segno di presenza, invocata, accolta, percepita, voluta

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Cristiana Dobner – Viviamo sotto scorta. Probabilmente non lo avvertiamo e procediamo nel nostro cammino quotidiano con una sorta di indifferenza che non prelude nulla di buono.
Se è vero che i passi dobbiamo decidere noi di muoverli, rimane ancora più vero che il progetto dell’Altissimo affidatoci quando siamo entrati nella storia dell’umanità, richiede fine percezione, attenzione. Discernimento.
Talvolta, invece, tutto si muove in una sorta di fanghiglia che ottunde e rallenta la mente e il passo.
Eppure non siamo soli, non è una questione scaramantica per cui ci affidiamo a qualche oggetto che mai deve mancare su di noi o nel nostro zaino, pena soccombere al malaugurio.
Non siamo soli perché l’Altissimo ci ha donato la presenza dei suoi angeli, dei suoi messaggeri che impercettibilmente indicano, sorreggono ed accompagnano.
Uno di loro è proprio il nostro, quello personale. Lo denominiamo, da tempo immemorabile, l’Angelo Custode.

Qualcuno o qualcuna gli ha anche assegnato un nome simbolico, un nome che denota amicizia e condivisione nel cammino.
Le vie di Dio e le nostre vie umane si snodano, si intrecciano e procediamo, ad onor del vero, un poco stolti, senza guardare alla realtà con uno sguardo di fede intriso di preghiera, di amicizia con Colui che ci ha creato per puro amore disinteressato.
Già. La scorta l’abbiamo sempre al fianco, e davanti, e dietro e nulla può sfiorarci.
Protezione sicura. Posto che lo vogliamo. Perché nulla, nel disegno dell’Altissimo, suona come una coercizione, come un limite alla nostra personale libertà.

Mi ritorna alla mente un poeta raffinato e sensibile che, pur avendo dedicato una sua pregevole opera agli Angeli, in questa ottica proprio non era entrato e si era lasciato travolgere da un sentire non solo triste ma anche rinunciatario, Rainer Maria Rilke.
Aveva colto la presenza del suo Angelo Custode eppure aveva tutto considerato dal suo punto di vista e non da quello né dell’Angelo né di Colui che lo aveva inviato.
I suoi versi trasudano un malessere sconfitto, ripiegato su se stesso:
Da che l’Angelo mio più non mi veglia,
può libere spiegar, volando, l’ali;
e fendere il silenzio delle stelle.
Ché le trepide mani egli levare
non deve più su le mie notti sole,
da che l’Angelo mio più non mi veglia.

Le trepide mani invece sono sempre vicine a noi, pronte a spianarci la strada, pronte a sussurrare pensieri e parole che illuminano e rassicurano.
Come poter attribuire al Messaggero l’abbandono del campo? Un Messaggero cui è stata affidato il cammino di una persona, creata a immagine dell’Altissimo, non taglia il filo, non si defila.
Non è insistente, non tormenta e vuole imporsi. Sta semplicemente al fianco finché, finalmente!, non si avverte la sua presenza ed allora sorride e si dice: “Guarda un po’…era proprio ora che si rammentasse di me, visto che sono qui solo per lui!”.

La sapienza d’Israele lo aveva compreso, cantato nei salmi e, perforando i secoli, aveva raggiunto tutti i popoli, sempre in quella assoluta libertà pienamente rispettata, unico segno della dignità della persona.

Il salmo 90 infatti, incluso nella celebrazione eucaristica odierna, canta:
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.
Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.

Mani trepide, nell’intuizione della lirica del poeta, mani per la liturgia però forti che non lasciano cadere, l’unico motivo infatti del loro essere trepide, è di non violare lo slancio della libertà ma assecondarlo: solo scortarlo.
Il nostro cammino si snoda. Nasciamo, percorriamo il tempo e lo spazio ed infine giunge il tempo di muovere il passo definitivo.

Ecco ancora lui, il Custode, che ci viene in soccorso come ci indica lsempre a liturgia:
Spirito amico, difendi
le nostre fragili vite
e nel momento della morte guidaci
alla casa del Padre.

E, per chi ama la musica, visto che nel nostro arco di esistenza, il canto degli angeli ancora non possiamo goderlo, tuttavia, affidati all’estro del compositore, possiamo lasciarci trapassare dall’incanto di Gabriel Fauré:
In Paradisum deducant te Angeli

Buon ascolto insieme all’Angelo Custode!

 

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