M. Michela Nicolais – “Oggi, aprendo questo percorso sinodale, iniziamo con il chiederci tutti – Papa, vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, sorelle e fratelli laici, tutti i battezzati – : noi, comunità cristiana, incarniamo lo stile di Dio, che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità? Siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del ‘non serve’ e del “si è sempre fatto così”?”. Si è aperta con questa serie di domande, sotto forma di esame di coscienza, l’omelia di Papa Francesco per la Messa di apertura della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”.
Il Sinodo non è “una convention ecclesiale, un convegno di studi o un congresso politico, un parlamento, ma un evento di grazia, un processo di guarigione condotto dallo Spirito Santo”, ha ribadito il Papa al termine del suo discorso: “In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi”, ha spiegato Francesco: “a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci”. “L’incontro e l’ascolto reciproco non sono qualcosa di fine a sé stesso, che lascia le cose come stanno”, il monito del Papa: “Al contrario, quando entriamo in dialogo, ci mettiamo in discussione, in cammino, e alla fine non siamo gli stessi di prima, siamo cambiati. Il Sinodo è un cammino di discernimento spirituale, che si fa nell’adorazione, nella preghiera, a contatto con la Parola di Dio”. “Che possiamo essere pellegrini innamorati del Vangelo, aperti alle sorprese dello Spirito Santo”, l’auspicio finale.
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“Diventare esperti nell’arte dell’incontro”, il primo imperativo del Papa, che si è soffermato su tre verbi del Sinodo: incontrare, ascoltare, discernere. “Non nell’organizzare eventi o nel fare una riflessione teorica sui problemi, ma anzitutto nel prenderci un tempo per incontrare il Signore e favorire l’incontro tra di noi”, ha precisato a proposito del primo verbo: “Un tempo per dare spazio alla preghiera, all’adorazione, a quello che lo Spirito vuole dire alla Chiesa; per rivolgersi al volto e alla parola dell’altro, incontrarci a tu per tu, lasciarci toccare dalle domande delle sorelle e dei fratelli, aiutarci affinché la diversità di carismi, vocazioni e ministeri ci arricchisca”. “Ogni incontro – lo sappiamo – richiede apertura, coraggio, disponibilità a lasciarsi interpellare dal volto e dalla storia dell’altro”, ha fatto notare Francesco: “Mentre talvolta preferiamo ripararci in rapporti formali o indossare maschere di circostanza, l’incontro ci cambia e spesso ci suggerisce vie nuove che non pensavamo di percorrere. Tante volte è proprio così che Dio ci indica le strade da seguire, facendoci uscire dalle nostre abitudini stanche. Tutto cambia quando siamo capaci di incontri veri con Lui e tra di noi. Senza formalismi, senza infingimenti, senza trucchi”.
Come fa Gesù, che incontrando l’uomo ricco si lascia “interpellare dalla sua inquietudine: “non è distaccato, non si mostra infastidito o disturbato, anzi, si ferma con lui. È disponibile all’incontro. Gesù non andava di fretta, non guardava l’orologio, era sempre al servizio della persona che incontrava per ascoltarla. Niente lo lascia indifferente, tutto lo appassiona. Incontrare i volti, incrociare gli sguardi, condividere la storia di ciascuno: ecco la vicinanza di Gesù. Egli sa che un incontro può cambiare la vita. E il Vangelo è costellato di incontri con Cristo che risollevano e guariscono”.
“Chiediamo con sincerità in questo percorso sinodale”, l’altro appello esigente del Papa: “come stiamo con l’ascolto? Come va l’udito del nostro cuore? Permettiamo alle persone di esprimersi, di camminare nella fede anche se hanno percorsi di vita difficili, di contribuire alla vita della comunità senza essere ostacolate, rifiutate o giudicate?”. “Fare Sinodo è porsi sulla stessa via del Verbo fatto uomo: è seguire le sue tracce, ascoltando la sua Parola insieme alle parole degli altri”, ha spiegato Francesco: “È scoprire con stupore che lo Spirito Santo soffia in modo sempre sorprendente, per suggerire percorsi e linguaggi nuovi.
È un esercizio lento, forse faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda – vescovi, preti, religiosi e laici – evitando risposte artificiali e superficiali, risposte pret-à-porter. Lo Spirito ci chiede di metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti.
Non insonorizziamo il cuore, non blindiamoci dentro le nostre certezze. Ascoltiamoci”.
“Quando ascoltiamo con il cuore – la tesi del Papa – l’altro si sente accolto, non giudicato, libero di narrare il proprio vissuto e il proprio percorso spirituale”. “Un vero incontro nasce solo dall’ascolto”, ha affermato Francesco commentando l’episodio evangelico del giovane ricco: “Gesù si pone in ascolto della domanda di quell’uomo e della sua inquietudine religiosa ed esistenziale. Non dà una risposta di rito, non offre una soluzione preconfezionata, non fa finta di rispondere con gentilezza solo per sbarazzarsene e continuare per la sua strada. Lo ascolta. Non ha paura, Gesù, di ascoltare con il cuore e non solo con le orecchie. La sua risposta non si limita a riscontrare la domanda, ma permette all’uomo ricco di raccontare la propria storia, di parlare di sé con libertà”.