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Commento al Vangelo. Bartimeo il cieco, un uomo “ai margini” che non ha paura di seguire Gesù

Commento al Vangelo - XXX domenica del tempo ordinario - Anno B

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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano Clicca per visitare il sito 

XXX domenica del Tempo ordinario – anno B
Ger 31, 7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52

“Miracolo del cieco nato”, Orazio De Ferrari

È strano: i discepoli, quelli che erano con Gesù e si sentivano dalla sua parte (tanto in intimità con Lui da pretendere di “dargli insegnamenti” come Pietro e tanto da chiedergli con sfacciataggine i primi posti come Giacomo e Giovanni) non capiscono chi davvero è Gesù e non si sono ancora compromessi… e qui, invece, a Gerico, incontriamo uno “ai margini”, uno rifiutato, uno zittito che si compromette: è Bartimeo il cieco!

Marco ce lo presenta come “icona” del vero discepolo disposto ad uscir fuori dalla sua condizione, dalla sua cecità, dalla sua mendicità per mettersi sulla strada di Gesù. Dinanzi alla cecità dei discepoli, di fronte alla passione di Gesù annunziata tre volte ed ormai imminente, Marco, con questo racconto del cieco Bartimeo, ci dice che è necessario lasciarsi guarire ed illuminare da Gesù per poter entrare con Lui nella passione, al seguito di questo Messia altro che i Dodici ancora non riescono a comprendere e ad accettare. Bisogna aprire gli occhi per poter vedere la passione d’amore del Messia Gesù.

Bartimeo è cieco, e sa di esserlo, e sa di aver bisogno di Gesù; è diventato cieco (infatti chiede di riavere la vista; è il verbo anablépo, alla lettera significa “ri-vedere”!); la vita, il “mondo” l’hanno reso cieco, e Bartimeo conosce questa sua vicenda di accecamento. È quanto accade a tanti. Forse a tutti? Si diviene ciechi per i “fumi” del mondo, per le false piste che il mondo prepara perché si creda “possibile” ed allettante ciò che, alla fine, ci rende ciechi, insensibili, egoisti, bramosi di dominio. Il mondo perverte le tre libido di cui si diceva nelle scorse tre domeniche; il mondo ci rende voraci, accaparratori e avari, arroganti e assetati di potere. E così ci fa diventare ciechi.

Notiamo che Bartimeo chiama Gesù con un titolo messianico pericoloso (“Figlio di Davide”), pericoloso perché è un titolo che evoca direttamente una regalità fraintendibile; Gesù, però, questa volta non rifiuta questo titolo, lo accetta; tra poco, infatti, sulla croce, ogni fraintendimento sulla sua regalità verrà spazzato via. Sulla croce saprà lampante che tipo di re è il Figlio amato, il Cristo, il Figlio di David! La croce spazzerà via per sempre ogni equivoco sul messianismo di Gesù.

Qui Gesù desidera incontrare quel povero che lo aveva chiamato Figlio di Davide. Nessuno sente la voce di Bartimeo e quelli che la sentono vogliono farlo tacere: solo Gesù sente davvero quella voce di povero che chiede luce e salvezza. Chiede che sia chiamato. Quelli che vanno a chiamarlo lo fanno con un invito che non può che essere una chiara allusione a ciò che avviene nel credente che si lascia illuminare da Gesù, ed è disposto a seguirlo per la sua via: «Coraggio! Alzati! Ti chiama». Una chiara allusione alla risurrezione: égheire («Alzati!») è l’imperativo del verbo egheíro che è il verbo che il Nuovo Testamento userà (assieme al verbo anίstemi) per dire la risurrezione di Gesù. E Bartimeo si alza lasciando il mantello che, nella tradizione Biblica, è il segno della dignità e della potenza dell’uomo (pensiamo ad Elia che lascia il suo mantello ad Eliseo investendolo così del suo ministero profetico; cf. 2Re 2,13-14). Il mantello di Bartimeo è la sua vita di prima, la sua condizione di prostrato, di umiliato, di accecato. E Bartimeo si trova dinanzi a Gesù, e Gesù si pone dinanzi alla libertà e alla volontà di Bartimeo: «Che vuoi che io faccia?», gli chiede. Bartimeo gli chiede di riavere la vista chiamando Gesù Rabbunì che significa “Maestro mio”: ecco che Bartimeo apre qui la sua libertà alla luce di Gesù. Bartimeo dichiara di voler avere con Gesù una relazione profonda e personale; si apre alla luce che è relazione con questo Maestro che non insegna solo belle parole ma che sta andando a Gerusalemme a dare la vita… Se il cieco di Betsaida (cf. Mc 8, 22-26) era stato guarito “a tappe”, Bartimeo è guarito immediatamente; in più Gesù non lo rimanda a casa. Come non aveva impedito a Bartimeo di gridare il “segreto messianico” (“Figlio di Davide!”) così non gli impedisce di seguirlo sulla strada per Gerusalemme! Ecco il fine del discepolato: gridare chi è Gesù, lasciandosi illuminare da Lui, e seguirlo sulla via verso la Passione.

Questo mendicante, a differenza del giovane ricco, ha un nome che l’Evangelo custodisce e che ci consegna: è icona di quel discepolato che anche i Dodici devono imparare da questo povero. Bartimeo è un insegnamento estremo che Gesù dona a Pietro, che si mette come inciampo tra Lui e Gerusalemme (cf. Mc 8,32-33), che dona ai Dodici che disputano sul primato dell’uno sull’altro (cf. Mc 9,33-37), e che dona a Giacomo e Giovanni che vogliono posti di potere (cf. Mc 10,35-40). Bartimeo è l’antitesi del giovane ricco, è la “beatitudine” dei poveri che è resa visibile: un povero che ancora si spoglia per seguire Gesù sulla sua stessa via di spoliazione, sulla via del Figlio di Davide che da re si farà schiavo fino alla croce.

Per l’evangelista Marco, Bartimeo è un invito al suo lettore che – ricordiamolo – era il catecumeno il quale, nel prepararsi al Battesimo, doveva decidere di lasciare la sua vita di prima per seguire questo Dio scandaloso, che si era lasciato “affogare” (alla lettera “battezzare”; cf. Mc 10,38) nella violenza del mondo per raccontare l’amore del Padre. Un invito a gridare a Gesù di poter vedere fino in fondo quello che accadrà a Gerusalemme! Un invito a chiedere a Gesù di non lasciarsi scandalizzare dalla croce, un invito a chiedere occhi per continuare a leggere, senza paura, l’Evangelo con cui imparerà a seguire Gesù sulla sua stessa strada. Per seguire Gesù è necessario contemplare, nella fede, il suo cammino. La sequela è itinerario faticoso che richiede conversione, spoliazione, vendite, scelte di servire e di dare la vita come il Figlio dell’Uomo. Non è un caso che tutta questa sezione dell’Evangelo di Marco che riguarda la sequela autentica di Gesù – dalla domanda «Voi chi dite che io sia?» (cf. Mc 8,29) fino all’invito a servire dando la vita come il Figlio dell’uomo (cf. Mc 10,45) – sia racchiusa tra due guarigioni di ciechi: il cieco di Betsaida che pian piano vede (Mc 8,22-26) e Bartimeo che vede subito e si mette a seguire Gesù immediatamente!

Bartimeo, al termine di questo itinerario sulla sequela di Gesù, è davvero per noi provocazione e domanda. Lasciamoci interpellare e gridiamo verso Gesù senza lasciarci mettere a tacere dal mondo che non crede alle novità e che vorrebbe che tutto restasse immutato per custodire un presente imprigionanante ma comodo, forse monotono ma pieno di sicurezze.

La luce che Gesù dona illumina nuovi cammini e chiama a rischi pieni di vita!

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