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“L’altare non è un rito, ma dono della vita”, il vescovo Giacomo Cirulli a Caiazzo, nella festa di Santo Stefano, consacra il nuovo altare

A Caiazzo, in occasione della festa di Santo Stefano Menicillo, patrono della Città e della Diocesi di Alife-Caiazzo, il vescovo Giacomo Ciruloli ha consacrato il nuovo altare. Presenti i caiatini, il sindaco Stefano Giaquinto, diversi sacerdoti diocesani

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La festa di Santo Stefano Menicillo e la consacrazione del nuovo altare nella Concattedrale: la comunità di Caiazzo ha unito nell’unica celebrazione due importanti momenti legati alla propria storia di fede; entrambi, come ha indicato il Vescovo durante la Messa, “hanno il loro centro nel dono che Dio ci ha fatto: il suo figlio Gesù”.

Ieri sera, nella Basilica Concattedrale i fedeli della comunità parrocchiale di Maria SS. Assunta con don Antonio Di Lorenzo e il Consiglio pastorale e il sindaco della Città Stefano Giaquinto hanno accolto il Vescovo, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e quanti hanno preso parte alla Celebrazione: la festa di Santo Stefano Menicillo, patrono di Caiazzo e della Diocesi di Alife-Caiazzo, quest’anno – seppur vissuta ancora nei limiti imposti dalle norme anticontagio – si è caricata della tensione spirituale legata alla consacrazione della nuova mensa eucaristica, manufatto artistico collocato in maniera stabile al centro del presbiterio.

Su questo simbolo si è soffermato il Vescovo indirizzando lo sguardo dei presenti sul vero significato della mensa: “Consacrare l’altare di questa chiesa significa parlare del dono che è Gesù Cristo e di quello che lui fatto per noi è continua a fare per noi: Gesù, il Cristo il Signore, il Figlio dell’uomo e di Dio è il sacerdote sommo, è la vittima ed è l’altare”.  Se nella storia del popolo di Dio, l’altare evoca il culto reso dagli uomini al Signore, “con la venuta di Cristo e il suo sacrificio sulla croce cambia anche la nostra visione ed esperienza di culto”.
Il “sacerdozio di Cristo” è stato per il Pastore motivo di riflessione sulla vita del figlio di Dio e su quella di tutti i battezzati che divengono anch’essi sacerdoti per mezzo di questo sacramento.

Se nella Pasqua che Gesù celebra con i suoi discepoli incarna la “paternità sacerdotale come era per tutti i padri di famiglia che celebravano quel momento”, ha spiegato il Vescovo, “è invece la croce su cui egli dona la vita che lo fa nuovo sacerdote e rinnova il culto gradito a Dio”. E poi ha aggiunto: “La sua vita, il suo sangue e il suo corpo sono state le espressioni più profonde e vere del suo sacerdozio” purificando così “un culto che aveva perso di vista l’essenziale: offrire a Dio la vita; questo è quello che Lui aveva chiesto al Figlio”.

Uno stile, quello dell’offrirsi per amore, che diventa consegna, mandato a tutti i credenti: “ecco perché l’altare non evoca solo un rito, ma veramente il dono della vita”.

“Sacerdozio e vita sono strettamente legati; culto e vita sono strettamente legati; non c’è culto senza vita veramente donata”.
Il Vescovo ha riportato così i fedeli su quel mandato affidato a ciascuno, che non prevede scissione tra preghiera e testimonianza, tra sacramento eucaristico e vita spezzata per i fratelli. “Ecco perché  quando guardiamo quell’altare che adesso consacreremo, dobbiamo ricordarci che quell’altare significa la nostra vita. Il nostro sacerdozio è l’offerta della nostra vita. Questo è il fine di tutto gradito a Dio”.

Santo Stefano Menicillo, vescovo amato e acclamato dal popolo, è stato sacerdote per queste sue scelte: essere tra la sua gente, essere per gli ultimi, essere voce e difensore dei deboli; essere testimone della giustizia di fronte al sopruso. Il richiamo ad un testimone, caro ai caiatini, è stato per il Vescovo occasione per ricordare la santità come esperienza possibile all’uomo che incarna il Vangelo offrendo se stesso, facendosi servo per i fratelli, rendendosi pane alla maniera di Gesù.

Al termine dell’omelia, i riti di consacrazione del nuovo altare: la preghiera del Vescovo; l’unzione della mensa con il sacro crisma; l’accensione dell’incenso; la copertura dell’altare, la collocazione della luce e i fiori: gesti che simboleggiano la sacralità assunta dall’altare, destinato al culto che la comunità celebra quotidianamente offrendo a Dio, su quella mensa, i doni che diventano il corpo e il sangue di Cristo.

L’ultimo segno di questa celebrazione è stata la collocazione di una pergamena nell’altare, firmata dal Vescovo, da don Antonio Di Lorenzo, da don Alfonso Caso, cancelliere vescovile, dal Sindaco di Caiazzo, Stefano Giaquinto: un testo consegnato alla Storia, con riferimento al progetto di riqualificazione artistica e adeguamento liturgico della Chiesa Concattedrale di Caiazzo e la descrizione artistica del manufatto realizzato grazie all’impegno della comunità parrocchiale.

“Dietro questo altare ci sono tre Vescovi”, le parole di Mons. Cirulli, richiamando quanto trascritto sul documento, “Mons. Valentino Di Cerbo che avviava il progetto, Mons. Orazio Francesco Piazza, che riapriva la Chiesa al culto, ed io che consacro questa mensa: un segno importante di unità e di continuità della Chiesa in cui il vero protagonista è lo Spirito Santo che tutti ci conduce…”.

A chiudere la cerimonia, i saluti del parroco don Antonio, e il “grazie” a nome della Comunità al Vescovo e ai confratelli presenti; e l’annuncio che a partire da queste settimane partirà l’organizzazione degli eventi legati al I millenario di Santo Stefano Menicillo: “L’inizio del Sinodo della Chiesa universale e la preparazione al primo millenario della morte del Santo vedrà nei prossimi mesi la comunità parrocchiale prepararsi spiritualmente e concretamente per rispondere all’appello di Papa Francesco per l’edificazione di una Chiesa di comunione, partecipazione e missione e così poter rispondere nel 2023 come Santo Stefano ‘siamo pronti a vivere il rinnovamento nella Chiesa in questo tempo di difficili cambiamenti’” (scarica il testo).

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